Le microplastiche sono dappertutto. Gli scienziati le trovano ovunque: nel cibo, nell’acqua, nell’aria e persino nel corpo umano. I ricercatori dell’American Chemical Society riferiscono di averne scoperte anche nei tessuti del cuore di alcune persone.

Com’è possibile? Secondo il team di esperti le microplastiche sarebbero penetrate durante alcune procedure chirurgiche cardiache. La ricerca statunitense, finanziata però anche dalla Cina, ovvero dalla National Natural Science Foundation of China e dalla Beijing Natural Science Foundation ha analizzato i tessuti di 15 pazienti sottoposti a interventi al cuore.

Interventi chirurgici al cuore rischiano di introdurre microplastiche nei tessuti umani. Foto Ansa/Danilo Schiavella

Microplastiche dentro il cuore

Gli scienziati hanno preso in esame campioni provenienti da differenti sezioni del cuore dei pazienti e hanno quindi valutato, in alcuni, casi anche il sangue venoso prelevato prima e dopo l’operazione chirurgica. Ossia l’intervento medico-sanitario attraverso il quale particelle di microplastiche sono poi penetrate all’interno del corpo umano.

Le microplastiche sono frammenti di plastica larghi meno di 5 millimetri, al massimo delle dimensioni di una gomma da matita. Gli esperti dell’American Chemical Society hanno analizzato i campioni che hanno prelevato con laser a infrarossi e hanno identificato particelle costituite da 8 tipi di plastica. Questa tecnica ha rilevato decine di migliaia di singoli pezzi di microplastiche nella maggior parte dei campioni di tessuto che i ricercatori hanno analizzato. E ciò sebbene le quantità e i materiali variassero a seconda dei pazienti.

Anche ciascuno dei campioni di sangue analizzati conteneva particelle di plastica, ma dopo l’intervento chirurgico la loro dimensione media è diminuita. Secondo l’American Chemical Society lo studio, nonostante sia stato effettuato su appena 15 persone, ha dimostrato comunque che varie microplastiche possono accumularsi e persistere nel cuore e nei suoi tessuti più interni dell’uomo. Gli esperti hanno spiegato inoltre che i risultati dello studio mostrano come “le procedure mediche invasive siano una via, trascurata, di esposizione alle microplastiche, poiché forniscono un accesso diretto al flusso sanguigno e ai tessuti interni“. Per comprendere appieno gli effetti delle microplastiche sul sistema cardiovascolare di una persona saranno, però, necessari ulteriori studi.

Rifiuti di plastica in mare

Decenni di inquinamento

Le microplastiche sono una piaga planetaria, in primo luogo nell’ambiente esterno all’uomo. Negli oceani esistono ormai stabilmente, da almeno 40 anni, le cosiddette isole di plastica: vaste zone di mare caratterizzate dalla presenza di materiali plastici. E, soprattutto, di microplastiche, le particelle infinitesimali in cui la plastica si frammenta e si scompone col passare dei decenni. Non si devono immaginare vere e proprie isole di scarti pericolosi, piuttosto masse di spazzatura, anche rada, trasportate e localizzate dai vortici oceanici in alcune aree marine in particolare.

Nel Pacifico settentrionale è nota la Great Pacific Garbage Patch, una gigantesca ‘isola’ di spazzatura. Esistono però anche una Eastern Garbage Patch al largo della California e una Western Garbage Patch al largo del Giappone. La Great Pacific Garbage Patch è un gigantesco ‘territorio’ di spazzatura – soprattutto plastiche – nel nord del Pacifico. Si tratta di 80mila tonnellate di bottiglie, imballaggi di plastica e altri frammenti altamente inquinanti che vagano in acqua. È persino difficile misurarla l’isola di plastica. Secondo le stime più accreditate si calcola un’estensione che va dai 700.000 agli 1,6 milioni di chilometri quadrati. Vale a dire l’intera Penisola Iberica oppure due volte il Texas. Oppure tre volte la Francia. O ancora: più della somma dei territori della Francia e del Regno Unito sommati insieme.