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Calenda scarica Renzi, il Terzo Polo è naufragato al Twiga di Santanché

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Il Terzo Polo di Matteo Renzi e Carlo Calenda, che avrebbe dovuto costituire un’ancora di salvezza per milioni di elettori moderati, frana miseramente anche in Parlamento. Calenda ha infatti annunciato la separazione del suo partito, Azione, da Italia viva dell’ex premier.

I gruppi parlamentari si separeranno, lo ha detto Renzi. Ormai siamo due partiti separati, non ho più voglia di mettermi a discutere con Italia viva. Faranno la loro strada e alle europee e noi faremo la nostra“. La separazione dei gruppi, chiarisce Calenda, “dipende da loro. Siccome quei gruppi sono stati eletti con un logo che ha un simbolo con il mio nome, io non posso andarmene via, lo possono fare loro. Lo facessero quando gli pare“, ha concluso sarcasticamente il leader.

Carlo Calenda e Matteo Renzi. Foto Ansa/Giuseppe Lami

La polemica sul Twiga

L’ex ministro ha parlato in un’intervista alla trasmissione Agorà su Rai Tre, il 10 agosto. “A me non frega niente di dove vanno a cena i compagni di Renzi” ha sbottato Carlo Calenda. “Mi interessa se vanno a cena con un ministro di cui si chiedono le dimissioni. Così i cittadini non capiscono niente“, ha detto Calenda. Il riferimento era alla cena avvenuta al locale Twiga di Forte dei Marmi (Lucca) tra alcuni esponenti di Italia Viva e la ministra del Turismo, Daniela Santanché, che ne è proprietaria.

Inutile dire che la replica dei renziani non si è fatta attendere. “A differenza di quanto affermato da Carlo Calenda ad Agorà il gruppo non ha il nome di Carlo Calenda. Il gruppo di cui Calenda fa parte assieme ad altri 9 senatori si chiama Azione-ItaliaViva-Renew Europe“. Calenda però non si è certo fermato. Ad Agorà ha commentato le ultime mosse dell’esecutivo Meloni. A proposito della tassa sugli extraprofitti delle banche – che la premier ha difeso a spada tratta – ha detto che la misura “ottiene l’effetto opposto. Se tu metti una tassa straordinaria hai due effetti: le banche prestano di meno quindi l’economia si ferma e gli investitori non si fidano più. Queste due cose insieme non funzionano, io capisco che è popolare dire tasso le banche ma così punisci i risparmiatori“.

Calenda e il salario minimo

Il mio atteggiamento sarà costruttivo” all’incontro a Palazzo Chigi sul salario minimo, tra la premier Giorgia Meloni e le opposizioni. Un incontro che dovrebbe svolgersi l’11 agosto. “Quello che mi aspetto è che si discuta seriamente di un problema che tocca 3,5 milioni di persone che lavorano e non arrivano a fine mese. Per noi il salario minimo è un principio basilare che c’è nella gran parte dei Paesi europei. Io sono favorevole all’abolizione del reddito di cittadinanza per chi può lavorare, ha meno di 40 anni e non ha fragilità, ma ci deve essere una retribuzione congrua“.

Daniela Santanchè e il compagno Dimitri Kunz al Twiga nel 2018. Foto Ansa/Riccardo Dalle Luche

Giorgia Meloni dice che il rischio è che sia controproducente? “È una cosa destituita da ogni fondamento. Lo assicuro a Meloni avendo lavorato per anni nelle imprese. Se c’è un contratto a 11 euro l’ora non è che rischi di abbassarlo a 9 euro. Questo appunto non esiste Giorgia, se parli con qualcuno che lavora nelle imprese te lo dice. Lo dice anche Confindustria. Io credo sia sbagliato fare dichiarazioni del genere. Io ho fatto una fatica enorme a mettere allo stesso tavolo Governo e opposizioni” ha concluso Calenda.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore. Segui Domenico su Facebook Segui Domenico su Linkedin

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