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Le Hawaii distrutte dal peggiore incendio degli ultimi 100 anni negli Usa

Sono 89 le vittime e 1000 i dispersi, 15mila i turisti fuggiti. Danni per 5,5 miliardi. Mancano acqua, cibo, farmaci. Allarmi sottovalutati

Dopo almeno tre giorni di vastissimi incendi fuori controllo le isole Hawaii – una sorta di ‘paradiso terrestre’ per la bellezza della natura e la biodiversità delle specie viventi – hanno cambiato volto. Sono distrutte. Le vittime accertate sono almeno 89, più delle 85 del rogo in California del 2018. 

Anche per questo quelli dell’agosto 2023 passeranno alla storia come i peggiori incendi degli ultimi 100 anni negli Stati Uniti. Il bilancio dei morti e dei danni, purtroppo provvisorio, è con ogni probabilità destinato ad aumentare. “Senza dubbio ci saranno altri morti” ha dichiarato il governatore Josh Green.

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Lahaina, sull’isola di Maui, Hawaii, 11 agosto 2023. Foto Ansa/Epa

Hawaii, cosa è successo

Ci sono circa mille dispersi e i soccorritori non hanno ancora controllato l’interno delle case. Lì in tanti potrebbero essere rimasti in trappola. Non sono terminate le ricerche in mare, dove diversi abitanti si sono gettati per sfuggire alle fiamme. Per trovare i cadaveri si impiegano anche cani addestrati. Quasi 1.500 persone hanno finora trovato ospitalità in rifugi di emergenza.

Una delle aree più colpite è la città di Lahaina, sull’isola di Maui, una delle località turistiche più popolari dell’arcipelago nel Pacifico. Ad alimentare le fiamme sono stati i venti dell’uragano Dora. Secondo una stima, ancora non definitiva, oltre 270 strutture sono distrutte o semi-distrutte. Migliaia le persone costrette ad abbandonare le proprie abitazioni, mentre sono almeno 11mila gli evacuati. Il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha dichiarato lo stato d’emergenza e ha sbloccato i fondi federali. La Casa Bianca ha anche deciso di dispiegare un contingente di militari per aiutare il personale della Fema (Federal Emergency Management Agency), la protezione civile americana.

Polemiche sulle misure antincendio

Intanto l’attorney general – il procuratore generale – delle isole Hawaii, Anne Lopez, ha annunciato l’apertura di un’inchiesta sulle decisioni e sulle misure prese dalle autorità prima, durante e dopo gli incendi. I cambiamenti climatici risultano fra le cause del disastro, ma dai primi accertamenti pare che molte cose non abbiano funzionato in fase di prevenzione.

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Il governatore delle Hawaii Josh Green. Foto Ansa/Epa Etienne Laurent

La società elettrica Hawaiian Elctric, riporta il Corriere della Sera, pur essendo a conoscenza delle previsioni di potenti raffiche di vento e del pericolo incendi, non ha adottato le misure necessarie. Ovvero quella che ormai è considerata la misura più efficace: staccare la corrente nelle aree a rischio. Esattamente come fanno molti Stati degli Usa, a partire dalla California, dopo i devastanti roghi del 2017-2018. Inoltre le sirene del sistema d’allarme erano disattivate. E i messaggi di allerta sui telefonini non sono arrivati per mancanza di copertura di rete.

Cinque anni fa, nel 2018, l’uragano Lane alimentò sulle Hawaii roghi che distrussero a Maui una vasta superficie di vegetazione e boschi. L’anno successivo le fiamme bruciarono altri 25mila acri, pari a circa 12mila ettari. In questi giorni il Lahaina fire ha mandato in fumo ulteriori 2170 acri di terreno, e danneggiato o distrutto 2719 edifici, di cui l’86% residenziali. Ci sono ancora alcuni focolai ma la situazione appare sotto controllo. La Fema, l’agenzia federale Usa per la protezione civile, comincia a fare i conti dei danni e stima che saranno necessari almeno 5,5 miliardi di dollari per la ricostruzione a Maui. Ma intanto servono con urgenza cibo, acqua, farmaci, prodotti per la pulizia e l’igiene. E mentre si moltiplicano le iniziative di solidarietà, compresi i 100 milioni di dollari donati da Jeff Bezos e dalla fidanzata Lauren Sanchez, i residenti di Lahaina sono stati autorizzati per la prima volta a tornare nella loro cittadina.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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