Venezia 80, Favino contro il film ‘Ferrari’: “Appropriazione culturale”
L'interprete nostrano è tornato su una questione già affrontata in precedenza al Festival di Berlino
Nonostante fosse stato tra i titoli più attesi a Venezia 80, Ferrari non sembra aver convinto proprio tutti, tra cui Pierfrancesco Favino. L’interprete nostrano, infatti, ha colto l’occasione per tornare su un tema a lui caro, relativo alle scelte non italiane nel cast del film di Michael Mann. Ecco le sue parole.
Pierfrancesco Favino si riconferma strenuo sostenitore del cinema italiano. Protagonista del film d’apertura Comandante di Edoardo De Angelis, presentato in gara il 30 agosto, ha rivestito i panni di Saverio Todaro, comandante del sommergibile Cappellini durante la Seconda Guerra Mondiale. Una vicenda, dunque, fortemente radicata nello storia e nella cultura del nostro Paese e che, in virtù di ciò, necessitava di personalità italiane nel raccontarla sul grande schermo. Ma capita molto spesso il contrario.
In occasione di un incontro con alcuni giornalisti in quel di Venezia 80, a margine dell’incontro per Adagio di Stefano Sollima che lo vede nel cast, Pierfrancesco Favino ha scelto di affrontare nuovamente il tema, già toccato al Festival di Berlino. Se mesi fa la “pietra dello scandalo” era stata House of Gucci di Ridley Scott, più recentemente l’attore nostrano ha avuto da ridire sul “caso” Ferrari di Michael Mann.
In entrambi i titoli è stato l’americano Adam Driver a ricoprire il ruolo di due forti personalità del costume italiano, rispettivamente Maurizio Gucci ed Enzo Ferrari. Una scelta che presenta forti criticità per Favino, in materia di rappresentazione e percezione della cultura italiana all’estero. Ecco, dunque, le sue parole.
Venezia 80, Pierfrancesco Favino contro “l’appropriazione culturale” di Ferrari: le polemiche con Driver-Mann
“Prima c’era la capacità di proteggere il proprio cinema. – ha dichiarato espressamente Pierfrancesco Favino a Venezia 80, aggiungendo – Se avessero prodotto Ferrari in quegli anni l’avrebbe fatto Gassman e invece non ho letto nulla che sottolineasse la stranezza che l’abbia interpretato un attore americano. Dovete scriverlo, altrimenti stiamo tutti aspettando solo cosa dice il grande divo“, riferendosi ad Adam Driver e ai suoi ruoli in House of Gucci e, più recentemente, in Ferrari di Michael Mann.
“Se si parla di appropriazione culturale se un messicano fa un cubano non vedo perché non si debba parlare di appropriazione culturale se una storia del genere non si fa con attori italiani del calibro di quelli che vedete qui, non io” – ha poi aggiunto Favino, indicando Toni Servillo, Valerio Mastandrea e Adriano Giannini, che con lui hanno condiviso il set Adagio di Stefano Sollima.
L’intervento del noto interprete nostrano ha poi proseguito con intenti polemici verso il “sistema” che apre a a tali possibilità e auspicando, specularmente, a “fare sistema”, chiedendo a ciascuno di fare la propria parte. “Se le leggi comuni sono queste, allora partecipiamo anche noi come sistema italiano. Continuiamo ad avere un atteggiamento di disprezzo nei confronti di noi stessi che personalmente non ho. Io non lo sapevo che tutta la famiglia Gucci parlasse come nel New Jersey. Perché essere italiano vuol dire scimmiottare luoghi comuni?“, ha infine chiosato Pierfrancesco Favino, che ha invitato a preservare il talento nostrano, già a partire dalla giusta considerazione che è opportuno tenere anche verso la propria realtà. Anche perché “se qui a Venezia la notizia è chi non c’è, piuttosto che chi c’è“, vuol dire che c’è ancora molto da fare.