Taiwan: cosa si nasconde dietro i nuovi attacchi aerei cinesi?
La lotta USA-Cina per il controllo del Mar Meridionale cinese, e la nuova strategia militare di Pechino.
Circa 143 aerei e 56 navi da guerra cinesi hanno invaso lo spazio di difesa di Taipei. Mai così tanti mezzi militari prima d’ora si erano affacciati sui cieli e sulle coste di Taiwan. A rendere ancora più intricata la vicenda, vi sarebbe il documento rilasciato recentemente da Pechino riguardante l’integrazione pacifica e a tappe dello Stretto.
Tra media che affondano nell’allarmismo e un’opinione pubblica spaccata, sono numerosi oggi gli analisti orientali e occidentali che concordano che ci sia qualcosa di diverso nei nuovi raid cinesi. Dove le manovre militari nell’Indopacifico degli USA e la guerra in Ucraina, stanno concorrendo a incrementare via via la tensione in quest’area geografica. Non è chiaro però fino a che punto le dimostrazioni di forza di Pechino siano atte solo a impensierire i propri avversari. Il timore è che il peggior scenario possa realizzarsi per davvero, e in tempi non sospetti.
Scontro USA-Cina per il Mar Meridionale Cinese dietro la questione di Taiwan
In questi giorni delle nuove manovre militari di Pechino hanno visto 143 aerei e 56 navi da guerra entrare nello spazio di difesa di Taiwan scatenando il panico nei media riguardo la possibile minaccia militare. In concomitanza alle manovre cinesi, sull’isola si stavano svolgendo delle esercitazioni anti-nucleari che avvengono all’incirca una volta l’anno. Ma a rendere il quadro ancora più cupo, sarebbe stato il nuovo annuncio nonché piano di integrazione economica, proposto recentemente dal governo cinese. Volto a facilitare lo “sviluppo integrato dello Stretto di Taiwan”. Il documento nello specifico, discuterebbe di una serie di strategie che incentivino una coesione tramite una graduale integrazione economica dell’isola. Facilitando ad esempio l’integrazione dei residenti taiwanesi nella Repubblica Popolare Cinese: allungando i periodi di soggiorno, incoraggiando ad acquistare proprietà nella regione e promuovendo l’ingresso nel sistema assicurativo così come l’accesso al lavoro, ai trattamenti sanitari e all’educazione.
Questo documento servirebbe a dimostrare, in un momento in cui la tensione nell’area è massima, alla comunità internazionale gli intenti “pacifici” di Pechino. Dove una fetta di popolazione cinese continua a credere e sperare in una possibile integrazione pacifica dei due sistemi sotto “un’unica Cina”. Ma le azioni del governo cinese sono molto ambigue. La verità ancora una volta è che la situazione è ogni giorno più complessa. Le esercitazioni sono infatti avvenute in seguito a delle manovre militari congiunte tra Usa, Giappone, Filippine, e all’attraversamento dello Stretto da parte di navi statunitensi e canadesi. La lotta a presidio del Mar Meridionale Cinese difatti fra Washington e Pechino, fa da sfondo alla questione di Taiwan ed è strettamente connessa alle intensificazione delle esercitazioni cinesi. A dimostrazione che Pechino non starà li ferma a guardare, mentre gli USA intensificano con nuove alleanze la propria presenza militare nell’area.
La nuova strategia militare cinese: le diverse possibilità di Xi Jing Ping
Diverse fonti americane e taiwanesi concordano sul fatto che la Cina stia sperimentando nuove tecniche militari. Secondo il New York Times l’imponente manovra sarebbe servita difatti ad implementare, in un ottica di un futuro blocco navale su Taiwan, alcune carenze e inefficienze dell’Esercito Popolare cinese. Come “la capacità di mantenere le operazioni lontano dalle coste e di coordinare le diverse forze in acqua e in aria”. Secondo alcuni analisti di Taipei invece, l’accrescersi costante delle esercitazioni avrebbe l’obbiettivo strategico di assuefare i taiwanesi alle “incursioni” dei mezzi cinesi. Così da poter sfruttare nel momento opportuno la loro debolezza difensiva, lanciando un attacco a sorpresa. Non sono pochi gli esperti militari difatti a puntare l’attenzione sulla rapidità delle nuove manovre militari cinesi. Interpretandolo come un segnale che, Pechino stia pensando concretamente ad una nuova strategia che permetta un invasione “lampo” sull’isola.
Sia l’opinione pubblica che quella degli analisti però è ancora parecchio frammentata. C’è chi crede che la Cina si riprenderà Taiwan entro il 2030, e chi non pensa affatto ci sarà mai spazio per una riunificazione militare. La decisione potrebbe essere via via posticipata finché il governo di Pechino avrà a disposizione opzioni di riunificazione pacifiche praticabili. Sicuramente però queste continue e sempre più imponenti dimostrazioni militari del Dragone sono un avvertimento. Che Xi Jing Ping non intende indietreggiare sulla questione taiwanese, né sul primato nel Mar Meridionale cinese. Mantenendosi pronto a valutare diverse possibilità, a seconda dei diversi scenari internazionali. Gli USA dal canto loro proseguono nel braccio di ferro puntando anche al livello geopolitico sulla storica inimicizia, per questione territoriali, presente fra India e Cina. Ma basterà a impensierire e a frenare l’ormai gigantesca potenza di fuoco del Dragone?