Quasi centenario, all’età di 98 anni, è morto il Presidente emerito della Repubblica, Giorgio Napolitano. Re Giorgio, come giornalisticamente fu soprannominato per la signorilità dei modi e la tempra energica, ha potuto vantare un doppio record assoluto. È stato il primo Presidente della Repubblica a essere eletto per un secondo mandato, nonché il primo capo di Stato ex dirigente del Partito Comunista Italiano.
Nato a Napoli il 29 giugno 1925, era sposato con Clio Bittoni: la scia due figli, Giovanni e Giulio. È stato capo dello Stato nel Settennato 2006-2013 e poi di nuovo fra il 2013 e il 2015. Napolitano ha incarnato una figura presidenziale rispettata forse più all’estero che in patria, differente da quella del suo successore, Sergio Mattarella – anch’egli rieletto dopo il primo mandato – emblema di una certa raffinata compassatezza siciliana, cattolico e già dirigente della Democrazia Cristiana, oltreché molto popolare come Presidente.
Giorgio Napolitano si era laureato in giurisprudenza nel dicembre 1947 presso l’Università di Napoli con una tesi in economia politica. Fin dal 1942, a Napoli, aveva fatto parte di un gruppo di giovani antifascisti aderendo poi nel 1945 al Partito Comunista Italiano. Il PCI è stato la culla della sua carriera come uomo politico e, soprattutto, come esponente di alto rango delle istituzioni repubblicane nazionali.
Militante e uomo delle istituzioni
Napolitano divenne deputato per la prima volta nel 1953 e ha fatto parte della Camera, tranne che nella IV legislatura, fino al 1996, per oltre 4 decenni. Riconfermato sempre nella circoscrizione di Napoli. La sua attività parlamentare si è svolta nella fase iniziale in seno alla Commissione Bilancio e Partecipazioni Statali, concentrandosi sui problemi dello sviluppo del Mezzogiorno e sui temi della politica economica nazionale. Per una parte degli Anni Ottanta è stato Presidente del Gruppo dei deputati comunisti. È in questo decennio che progressivamente la storia politica di Napolitano si modella su di un profilo istituzionale dell’uomo, più che su quello di militante di partito.
Un comunista ascoltato in America
Negli Anni Ottanta, infatti, Napolitano si impegnò in particolare sui problemi della politica internazionale ed europea, sia nella Commissione Affari Esteri della Camera dei Deputati, sia come membro (1984-92 e 1994-96) della delegazione italiana all’Assemblea dell’Atlantico del Nord. Ma anche attraverso molteplici iniziative di carattere politico e culturale. Ma in realtà già a partire dagli Anni Settanta Napolitano svolse una vasta attività di conferenze e dibattiti all’estero. Negli istituti di politica internazionale in Gran Bretagna e in Germania, e – da dirigente comunista – presso numerose Università degli Stati Uniti: Harvard, Princeton, Yale, Chicago, Berkeley, SAIS e CSIS di Washington.
Napolitano, Berlinguer e Craxi
Era detto ‘migliorista’: un comunismo democratico fedele alla linea del suo Segretario, Enrico Berlinguer, ma spostato a destra, ovvero in qualche modo in sintonia con alcune posizioni del Partito Socialista di Bettino Craxi. Del resto Napolitano lavorò tutta una vita per favorire il riavvicinamento fra i due grandi mondi della sinistra storica italiana ed europea: quello del comunismo e quello del socialismo.
Col segretario e uomo forte del PSI i rapporti di Napolitano furono più complessi di quanto possa apparire, a tratti velenosi. E Craxi, poi auto esiliatosi in Tunisia per sfuggire all’arresto nel 1993, travolto dalle inchieste di Tangentopoli, bollò Napolitano, allora presidente della Camera dei Deputati, come uno di coloro che “non potevano non sapere” del sistema di finanziamento illecito dei partiti della Prima Repubblica. Una chiamata di correità, fatta da Craxi nell’Aula del Tribunale a Milano, sotto gli occhi delle telecamere che riprendevano in diretta.
Una marcia inarrestabile
La carriera di Napolitano e la sua marcia incontenibile verso sempre maggiori responsabilità nelle istituzioni parlamentari e governative non subirono alcun cedimento. Dal 1989 al 1992 fu membro del Parlamento europeo e nell’XI legislatura, il 3 giugno 1992, fu eletto Presidente della Camera dei deputati, restando in carica fino alla conclusione della legislatura nell’aprile del 1994. Non più parlamentare, divenne ministro dell’Interno nel Governo Prodi I. Dal maggio 1996 all’ottobre 1998. Rieletto deputato europeo nel 1999, è stato, fino al 2004, Presidente della Commissione per gli Affari costituzionali del Parlamento europeo.
Il ‘titolo’ di Re Giorgio
Il 23 settembre 2005 è stato nominato senatore a vita dal Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi. Il 10 maggio 2006 è stato eletto Presidente della Repubblica con 543 voti e il 20 aprile 2013 è stato rieletto al Quirinale con 738 voti. Napolitano ha quindi rassegnato le dimissioni il 14 gennaio 2015, alla bella età di quasi 90 anni. Nel suo ‘novennato’ sui generis di presidenza, Napolitano è diventato Re Giorgio grazie a un editoriale del New York Times del 2 dicembre 2011, col quale il quotidiano statunitense gli attribuiva questo soprannome con un chiaro riferimento a re Giorgio VI del Regno Unito (il nonno di Re Carlo III). Per la sua “maestosa” difesa delle istituzioni democratiche italiane.
Anche al di là delle strette prerogative presidenziali. E per il ruolo di ‘regista’ che svolse nel delicatissimo passaggio dal Governo di Silvio Berlusconi a quello di Mario Monti. Napolitano è stato un Lord-Presidente: un uomo delle istituzioni di raffinatezza anglosassone ma dal piglio energico. Per questo alcune parti politiche e giornalistiche lo hanno accusato di aver travalicato abbondantemente le sue prerogative costituzionali. Resterà in ogni caso come uno dei capi di Stato italiani che più hanno segnato la storia politica recente del nostro Paese.