Personalità poliedrica e istrionica. Beatrice Schiaffino, ligure doc, di Rapallo, si divide abilmente nelle vesti di attrice, presentatrice, autrice e counselor. La giovane artista si forma a Genova, Londra e Los Angeles per poi approdare nella Città Eterna.
Sempre in movimento, amante dei libri, dei viaggi e del mondo dell’arte, “la Schiaffino”, così come ama chiamarsi su Instagram, inizia la sua carriera in teatro, per poi continuare in ambito televisivo e cinematografico. Abbiamo ammirato Beatrice nell’avvincente thriller Phobia, opera prima del giovane regista Antonio Abbate, dove interpreta il ruolo di Michela, co-protagonista a fianco di Jenny De Nucci. Su VelvetMAG Beatrice Schiaffino si racconta in un’intervista esclusiva.
Beatrice Schiaffino intervista esclusiva a VelvetMAG
Come è stato interpretare il personaggio di Michela nel thriller Phobia?
Il ruolo di Michela è stata una bellissima occasione per me per esplorare un altro personaggio intrigante e sfaccettato. Michela è una ragazza dal carattere forte, determinata e audace, che al tempo stesso cela una parte di fragilità e soprattutto nasconde a Chiara – la protagonista Jenny De Nucci – un segreto. Non posso svelare troppo, perché Michela è un personaggio “motore” nella narrazione, ma senza dubbio posso affermare che incarna proprio quel dualismo tra realtà e immaginazione, realtà e finzione su cui il film si basa. Michela e Chiara sono un po’ l’una lo specchio dell’altra: sono due amiche che si conoscono da poco, ma che instaurano subito un legame di intimità e amicizia molto forte, quasi indissolubile. E’ stato interessante indagare questi aspetti.
Il thriller l’appassiona come genere?
Moltissimo. E’ il genere che prediligo, insieme al drammatico. Qualche volta mi divertono anche le commedie certamente, ma il thriller per me è un genere molto affascinante, che si tratti di cinema o letteratura. Con la sua dose intrinseca di suspence e mistero, adoro quel dubbio che devo coltivare, quello sforzo da fare per comprendere l’andamento della storia, per poi rimettere tutto ancora in discussione, ridando sempre nuova lettura agli elementi emersi. Mi diverte questa gradualità, il desiderio di capire, la riflessione, il fiato sospeso, mi tengono incollata.
Lavorare con il giovane regista Antonio Abate che bagaglio personale le ha lasciato?
Antonio è giovane e preparato. Sul set rispecchia molto la sua personalità: è gentile e pacato, sa cosa vuole ottenere e ti dirige con delicatezza e fermezza. Era anche molto disponibile ad accogliere le proposte di noi attori, il che ha reso il set molto dinamico, ma senza mai perdere la sua visione di insieme. Mi auguro di poter lavorare ancora con lui, perché l’esperienza in Phobia è stata molto positiva. Rivedendo il film, mi ha piacevolmente colpito la sua capacità di restituire attraverso una regia pulita e chiara quella suspence e senso di spaesamento intrinsechi del genere.
Da dove nasce la sua passione per la recitazione?
Potrei dire che da quando sono piccola gioco e mi esprimo così! Nel tempo ho reso professione questa mia modalità di espressione, unendola alla mia passione per l’arte. Ho scoperto presto il teatro e solo più tardi il cinema. Seppur timida in altre sfere, sul palco mi sono sempre sentita libera, me stessa. Ci vuole molto impegno, studio e tenacia, ma ho sempre guardato avanti con determinazione e serietà, pensando solo al prossimo step per migliorare. Per fare l’attore si deve essere un po’ guerrieri e un po’ ricercatori. E’ un lavoro di ricerca minuziosa, tecnica e spirituale, di allenamento continuo, di tenuta sulla lunga durata. Ci vuole tanta salute, mentale e fisica, e tanta curiosità e una buona dose di follia! Ecco, sono elementi che forse mi sono ritrovata, ma che vanno sempre coltivati nel tempo, instancabilmente.
Proviene dalla Liguria, come è stato trasferirsi a Roma nella Capitale del cinema?
Una scelta radicale, rischiosa, bellissima. Sono cresciuta a Rapallo, una cittadina affacciata sul mare, fortunatamente ho avuto la possibilità di viaggiare fin da bambina e di studiare anche all’estero (Londra, Los Angeles…), oltre che a Genova e Pisa. Proprio qui mi sono laureata in Discipline dello spettacolo e della comunicazione, ma nonostante questo quando mi sono trasferita a Roma ero molto emozionata, è stato potente per me! Avevo iniziato presto a lavorare in teatro e quando ho deciso di trasferirmi si è trattato di fare un salto nel vuoto. Non conoscevo niente e nessuno, ho dovuto ricominciare da zero, a livello umano e di carriera. I primi anni non sono stati una passeggiata, ma al tempo stesso avevo alzato la scommessa e questo era molto stimolante e tale è rimasto. Sono felice oggi, mi sento nel posto giusto per me.
Un personaggio che vorrebbe interpretare e perché?
E’ una domanda pericolosa per una persona curiosa come me, scherzo! Ho tantissimi personaggi che vorrei interpretare e non mi pongo troppi limiti, mi ritengo un’esploratrice: dal classico al contemporaneo, dall’action, al biografico in costume, mi piacerebbe sempre avere l’opportunità di esplorare nuovi caratteri e ruoli. In generale mi piace interpretare donne forti, scardinatrici dei classici clichés, un po’ fuori dalle righe. Amo i thriller e i film drammatici, dunque mi intrigano i personaggi ambigui, quelli non per forza lineari o buoni. Mi piacciono le storie vere, ispirate a fatti reali, le biografie, ma mi divertirei sicuramente molto anche a girare un fantasy o un action movie all’americana.
Cosa le piace di più della Città Eterna?
La luce. E’ semplicemente speciale, magnetica, per questo le perdoni poi tutti i suoi ostacoli, le buche, le mancanze, le perdono persino di non avere il mare! Vivere a Roma è davvero vivere in una grande bellezza, che ad ogni angolo non ti lascia scampo.
E’ appassionata di sport?
Mi divertono anche quelli estremi come paracadutismo o corsa sportiva. Sono una persona molto dinamica, per cui a seconda dei periodi della vita ne ho praticati e provati diversi. Sono passata dalla danza, che ho svolto per molti anni, al nuoto e la kick boxing. Non mi definirei una fanatica dello sport, ma cerco di mantenere costante una routine dove yoga e/o pilates, ad esempio, non mancano mai, proprio per mantenere corpo e mente sempre allenati, morbidi, “a disposizione” dei miei personaggi. Poi a seconda della mia curiosità ed energia del momento, esploro uno sport piuttosto che un altro. Soprattutto negli ultimi anni, ho imparato a dare maggiore ascolto e attenzione al mio corpo e cerco di assecondarlo secondo ciò che mi chiede, senza sforzarmi se non lo sento giusto, ma spingendomi oltre ai miei limiti se ne ho desiderio.
Tra vita privata e lavoro cosa sceglie e mette al primo posto?
Ho la fortuna oggi di avere al mio fianco un compagno meraviglioso, che comprende profondamente il mio lavoro, le necessità e l’impegno che ci sono dietro, senza bisogno di mettermi di fronte a delle scelte su questo piano. Anche lui è del settore, forse è anche per questo che ci capiamo così bene e ci sosteniamo a vicenda, senza nemmeno porci troppo il problema. Quando lavori in campi che hanno così tanto a che fare con il tuo animo e il tuo intimo, separare gli scomparti non è più di tanto fattibile.
Non è questione di portarsi il lavoro a casa, il lavoro è dentro di te. Io ci dormo con i personaggi che sto affrontando, li ho in testa, ci convivo per almeno un pezzo della mia vita, non posso pensare che non entrino nel mio privato, sarebbe terribile. Abbiamo scelto una vita fatta di progetti e studio che non hanno sempre un orario definito. E’ la difficoltà ed il suo bello. Certo, a volte chiudiamo tutto e ci isoliamo per staccare totalmente la spina, ma non sento la necessità di scindere i due mondi o di eleggerne uno a scapito dell’altro. Il mio lavoro fa parte di chi sono. Piuttosto la sfida sta nel tenere entrambi questi piani ben stretti a sé, in un unico abbraccio.