Israele: perché l’invasione di Gaza via terra è un suicidio politico
La situazione in Libano, il post-Hamas, l'assenza di un chiaro progetto politico per la striscia
Le tensioni in Medio Oriente continuano a innalzare la minaccia incombente di un secondo fronte di guerra in Libano, al confine, tra Israele e le forze di Hezbollah. Washington difatti ha lanciato un secondo avviso ai cittadini statunitensi affinché se ne vadano il prima possibile “mentre sono ancora disponibili opzioni commerciali”.
E se in un primo momento Israele sembrava fare marcia indietro su una possibile invasione di terra, ora le ultime dichiarazioni del primo Ministro della Difesa israeliano, Gallant, non lasciano ben sperare. Ma perché il governo israeliano aveva fatto dietrofront? Quali scenari e complicazioni implica un’azione di questa portata?
La mediazione americana con Israele: aiuti umanitari a Gaza, ma c’è preoccupazione per il Libano
La possibilità di un allargamento del conflitto si fa sempre più concreta. E un secondo fronte con le forze di Hezbollah, nelle ultime ore appare quasi inevitabile. Le autorità statunitensi hanno innalzato l’avviso relativo al Libano a “Livello 4 – Non viaggiare”. Specificando di non recarsi “al confine con Israele a causa del potenziale conflitto armato”. Ad oggi il successo ottenuto dalla mediazione americana è l’apertura del valico di Rafah. Che consentirà il passaggio degli aiuti umanitari a Gaza, dove gli ospedali e la popolazione civile sono ormai allo stremo. Si allontana sempre di più però la speranza di un rinvio da parte israeliana dell’operazione di terra. Il Ministro della Difesa di Israele Yoav Gallant ha dichiarato ai soldati del fronte sud che l’ordine di entrare a Gaza arriverà presto. “Ora vedete Gaza da lontano, presto – ha annunciato – la vedrete dall’interno. L’ordine arriverà”.
L’invasione via terra è un errore: le ragioni politiche e strategiche
Un’operazione via terra in realtà è fortemente scoraggiata non solo dal mondo panarabo, ma anche dai partner occidentali di Israele, in primis europei. Il costo umano difatti sarebbe altissimo, al di fuori di quello economico che senza alcun dubbio vedrebbe schizzare i prezzi delle materie prime come petrolio e gas. In una situazione già di alta inflazione da ormai quasi 3 anni. Ma vi sarebbero anche ragioni strategico-militari e politiche a rendere l’attacco via terra un autentico suicidio. Secondo gli analisti c’è la possibilità che Hezbollah stia aspettando il momento in cui la maggior parte delle forze di terra israeliane si concentreranno su Gaza per attaccare il fronte nord. Senza contare che invadere una Gaza già martoriata come dimostrano le immagini di questi giorni, con corpi di bambini dilaniati dalle bombe, non farà altro che compattare il fronte panarabo, nonché inorridire l’opinione pubblica occidentale già spaccata.
Un altro dei fattori che scongiurano un’offensiva in larga scala di Israele sarebbe la gestione del dopo-Hamas e del dopo-guerra. Anche spazzando via Hamas con un attacco implacabile alla Striscia di Gaza, come farebbe poi l’esecutivo Netanyahu a governare la devastata enclave palestinese? Sono presenti circa 2 milioni di palestinesi. Dopo la distruzione delle infrastrutture di Gaza, a costo di elevatissime perdite civili, su quali basi i funzionari israeliani sperano di ottenere una pace giusta in quel lembo di terra? L’invasione risulta da più punti di vista un suicidio politico per Israele. E rischia di incarnare l’ennesima violenza sproporzionata di una potenza militare occidentale ai danni di una popolazione sottosviluppata e inerme. Non a caso, pur con posizioni spesso incoerenti, Biden ha raccomandato al proprio alleato di “non commettete il nostro errore dell’11 Settembre”. Allora furono gli iracheni a morire in una guerra ingiusta.