Soumahoro, arrestate moglie e suocera del parlamentare
I familiari dell'ex sindacalista avrebbero lucrato sui soldi pubblici per le loro cooperative di aiuto ai migranti, adoperandoli per spese di lusso
Le forze dell’ordine hanno arrestato il 30 ottobre la moglie e la suocera del parlamentare del Gruppo Misto, ex Alleanza Verdi Sinistra, Aboubakar Soumahoro che non è indagato e risulta estraneo all’inchiesta della procura di Latina. Si tratta, rispettivamente, di Liliane Murekatete e Marie Therese Mukamatsindo. Le due donne si trovano ai domiciliari. A disporre le misure cautelari il Giudice per le indagini preliminari (Gip), nell’ambito di un’indagine sulle cooperative che si occupavano della gestione di migranti e di minori non accompagnati nella provincia laziale.
Oltre alle due donne, la Guardia di Finanza ha dato esecuzione a una terza misura cautelare, l’obbligo di dimora, per un figlio della suocera del deputato. Le misure nei riguardi dei familiari di Soumahoro colpiscono gli appartenenti al Consiglio di amministrazione della cooperativa sociale integrata Karibu. Nei loro confronti le accuse sono, a vario titolo, di frode nelle pubbliche forniture, bancarotta fraudolenta patrimoniale (per distrazione) e autoriciclaggio.
“Ai migranti alloggi fatiscenti“
La Gdf ha effettuato, inoltre, un sequestro preventivo a fini di confisca, anche per equivalente, del profitto del reato nei confronti degli indagati. In una nota si spiega che “le cooperative Karibu e Consorzio agenzia per l’inclusione e i diritti Italia (in sigla Consorzio a.i,d. Italia), nonché la Jambo Africa (per il tramite della Karibu) hanno percepito ingenti fondi pubblici“.
Fondi che sono giunti da “diversi Enti (Prefettura, Regione, Enti locali etc.) destinati a specifici progetti o piani di assistenza riguardanti i richiedenti asilo e i minori non accompagnati“. Tuttavia, rilevano i finanzieri, le cooperative degli indagati hanno fornito “un servizio inadeguato e comunque difforme rispetto a quello pattuito“.
“Alberghi e gioielli coi soldi pubblici”
Nelle strutture facenti capo ai familiari di Soumahoro, la procura di Latina avrebbe accertato un “sovrannumero di ospiti, alloggi fatiscenti con arredamento inadeguato. Condizioni igieniche carenti e riscaldamento assente“. Ma non solo. Secondo i magistrati c’erano carenze nell’erogazione dell’acqua calda, nella conservazione delle carni e scarsa qualità del cibo.
Il comunicato della procura indica “gravissime criticità, tali da far vivere gli ospiti in condizioni offensive dei diritti e della dignità degli uomini e delle donne, aggravate dalla condizione di particolare vulnerabilità dei migranti richiedenti protezione internazionale“. Una realtà che però avrebbe “generato considerevoli risparmi di spesa/profitti” a vantaggio dei responsabili delle cooperative di accoglienza, ovvero i familiari di Soumahoro. Profitti “utilizzati per spese varie (alberghi, ristoranti, abbigliamento di lusso, accessori, gioielli ecc.) e investimenti del tutto estranei alle finalità del servizio pubblico. Assolutamente non inerenti con l’oggetto sociale delle cooperative e la loro natura di enti no profit”.
I presunti reati dei familiari di Soumahoro
La procura di Latina ha quindi sottolineato che queste “distrazioni di denaro hanno consentito di ipotizzare a carico degli indagati i reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale (per distrazione)”. Ciò a seguito “dell’accertamento giudiziario dello stato d’insolvenza della cooperativa Karibu“. Ma anche “di autoriciclaggio di parte di dette somme, che sono state trasferite all’estero (Ruanda, Belgio e Portogallo) e reimpiegate in attività imprenditoriali e comunque estranee rispetto alle finalità di assistenza e gestione in Italia dei migranti e richiedenti asilo“.
L’attività di indagine riguarda, in particolare, le strutture dei Cas (Centri di Accoglienza Straordinaria) di Aprilia (Via Lipari), di Latina (Hotel de la Ville Central) e di Maenza (Casal dei Lupi). Tutte realtà che la cooperativa Karibu gestiva. C’erano poi i Cas di Latina (Via Romagnoli e Via del Pioppeto) gestiti da Consorzio Aid. Un caso giudiziario, quelle delle strutture facenti capo ai familiari di Soumahoro, che rischia di appannare ancor di più l’immagine del deputato di sinistra, il quale già un anno fa si era autosospeso dal gruppo AVS.
“Prendo atto della misura applicata a mia moglie Liliane, null’altro ho da aggiungere o commentare, se non che continuo a confidare nella giustizia” è il commento di Aboubakar Soumahoro. “Ribadisco, come è agli atti, la mia totale estraneità a tutto e chiedo nuovamente di rispettare la privacy di mio figlio“.