Israele: gli interessi di Qatar, Arabia Saudita ed Emirati Arabi
La mediazione delle diplomazie regionali per evitare un allargamento del conflitto
Mentre continuano i bombardamenti a Gaza senza sosta, la CNN fa sapere grazie ad una fonte dell’intelligence USA, che al momento Iran e i suoi alleati stanno calibrando la loro risposta all’operazione militare di Israele, per evitare un allargamento del conflitto. E quindi uno scontro diretto con Israele ed i suoi alleati: gli Stati Uniti.
Gli interessi e le posizioni all’interno del mondo panarabo nei confronti di Israele sono molto più variegati di quello che pensiamo. Mossi da una parte, dal dovere di manifestare la propria vicinanza al popolo arabo-palestinese, e quindi di condannare l’attacco e la violenza dell’esercito israeliano. Dall’altra le diplomazie lavorano affinché il conflitto non si allarghi oltre i confini di Gaza. Dall’Arabia Saudita agli Emirati Arabi, nessuno ha difatti da guadagnare qualora la portata dello scontro si allargasse al livello regionale.
Il portavoce dell’esercito di Israele: “l’esercito è entrato a Gaza“
Secondo il portavoce delle forze armate israeliane, in queste ora le operazioni dell’esercito per l’accerchiamento di Gaza City sono state completate. Ed ora, come annunciato da Daniel Hagari “sono in corso gli attacchi contro gli avamposti, i quartier generali, le infrastrutture di lancio dei missili di Hamas”. E mentre non si vede neanche l’ombra di un cessate il fuoco o di una tregua umanitaria, le diplomazie lavorano affinché lo scontro non acquisti la portata di una guerra regionale. Ma anche se la notizia della CNN lascia ben sperare che non ci sia l’ingresso di altre potenze regionali in campo. La stessa CNN sottolinea la consapevolezza statunitense sul fatto che l’Iran non mantenga un “controllo totale” sugli alleati, soprattutto sull’organizzazione libanese Hezbollah. La milizia filo-iraniana più numerosa e più pericolosa, in quanto munita di migliaia di missili. E il cui ingresso in campo farebbe precipitare la situazione.
Le posizioni di Arabia Saudita ed Emirati Arabi nei confronti di Israele
Ma se da una parte ci sono le realtà più estremiste che rispondono alle violenze di Israele attaccando basi militari USA e siti del territorio ebraico. Dall’altra le varie diplomazie del mondo arabo lavorano affinché non si realizzi un’ulteriore escalation. L’Arabia Saudita in primis, che è occupata da anni in negoziazioni per una de-escalation delle tensioni regionali sia con l’Iran, che con Israele, è in cima alla lista dei Paesi che perderebbe da un allargamento del conflitto. Non a caso nel principale canale di comunicazione di Riyad, Al Arabiya, la posizione nei confronti di Hamas è alquanto atipica. I media sauditi lasciano trapelare il disappunto nei confronti dell’attacco di Hamas, che non poteva non prevedere una reazione a catena da parte di Israele. E che ha agito da solo senza “avvisare” le altre potenze regionali.
Riyad è al momento uno dei canali di mediazione più importanti nell’area per gli USA, per detonare e mitigare una reazione dell’Iran. Se gli attacchi delle milizie filo-iraniane dovessero mettere in serio pericolo i siti USA, non è escluso che in extremis Washington potrebbe chiedere un appoggio logistico all’Arabia Saudita. Proprio come avvenne nella prima guerra del Golfo negli Anni ’90. Assieme all’Arabia Saudita però, anche gli Emirati Arabi Uniti hanno il fermo interesse al mantenimento di uno status quo nella regione. Non solo ospiteranno a breve Cop28 a Dubai, ma possiedono importanti rapporti commerciali con Israele. Non a caso è tra quei pochi Paesi arabi a riconoscere lo Stato ebraico, grazie alla mediazione USA nei Patti di Abramo. E lo sceicco Mohamed Bin Zayed è uno dei pochi ad aver telefonato Netanyahu a seguito dei fatti del 7 Ottobre.
L’ambiguità del Qatar: la base americana e i finanziamenti ai gruppi estremisti
Ad avere un contatto diretto però con Hamas e la sua leadership è il Qatar. Un Paese che ospita un importante base militare americana. E che sta trattando al momento con i leader di Hamas che si sono rifugiati a Doha, per la liberazione degli ostaggi con passaporti non israeliani. Quando e se il Qatar dovesse riuscire a liberare tutti gli ostaggi “stranieri”, alcuni si aspettano la pressione della diplomazia USA nell’espellere i leader di Hamas dal territorio. Che magari potrebbero trovare asilo in Russia, dove il presidente Putin ha avuto già un colloquio con una delegazione dei suoi vertici. Il Qatar da anni subisce le accuse da parte di Riyad e Abu Dhabi di finanziare gruppi estremisti in Medio Oriente. Anche se non è l’unico a farlo. L’invito alla cautela dunque sembra regnare nei Paesi chiave dell’area, anche laddove è difficile al livello mediatico, in quanto Paese panarabo, portare avanti una posizione di apertura con Israele.