Marina Cicogna, addio alla “contessa di Cinecittà” nata con e per il cinema
Si è spenta all'età di 89 anni la prima e (a lungo unica) produttrice italiana che ha dominato la settima arte
Aristocratica di origine, rivoluzionaria di indole, Marina Cicogna è stata un’antesignana del cinema, di quelle destinate a lasciare il segno. A lungo è stata l’unica produttrice donna italiana, facendosi strada grazie al suo intuito finissimo, in un mondo esclusivamente maschile.
“Protagonista fiera e anticonformista, intellettuale e avventuriera del cinema e dell’arte Marina Cicogna, nata in una famiglia intessuta di passione per la settima arte, ha segnato senza alcun dubbio la storia del nostra cinematografia e del costume.” Nelle parole scelte minuziosamente da Piera Detassis, Presidente e Direttrice Artistica dell’Accademia del Cinema Italiano – Premi David di Donatello, per motivare la decisione di consegnarle il David di Donatello alla Carriera nella 68° edizione, risiede il rispetto, l’ammirazione ma anche il senso del dovere di un intero Paese.
Un Paese reso grande – dal punto di vista cinematografico – all’estero anche grazie alle intuizioni vincenti dimostrate dalla “contessa di Cinecittà“, come nell’ambiente era soprannominata. Perché dietro titoli da storia del cinema come L’uomo del banco dei pegni e Belle de jour, C’era una volta il West, Teorema, Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto, La classe operaia va in Paradiso, Mimì Metallurgico e Metti, una sera a cena, c’è sempre stata lei: Marina Cicogna.
Addio a Marina Cicogna: le origini della “contessa di Cinecittà” che si è spenta a 89 anni
“Spero che il nostro cinema continui a essere uno dei migliori del mondo“. Così si è congedata Marina Cicogna dagli Studi Lumina a Roma, in occasione della cerimonia di premiazione dei David di Donatello 2023. Come si è detto, se ad oggi il cinema nostrano vanta grande fama anche all’estero, gran parte del merito deriva anche da lei, la “Contessa” o, per meglio dire, la “dogaressa” della settima arte italiana.
Nata come Marina Cicogna Mozzoni Volpi di Misurata il 29 maggio 1934 dal conte Cesare Cicogna Mozzoni e dalla contessa Annamaria Volpi di Misurata, la produttrice cinematografica era di nobili origini da entrambi i rami. Da parte paterna, infatti, discendeva dal casato lombardo dei Cicogna Mozzoni, mentre da parte materna, dai veneti Volpi di Misurata. Proprio suo nonno, il conte Giuseppe Volpi, è stato Presidente della Biennale di Venezia e ha dato il nome al premio chiamato a riconoscere le migliori interpretazioni maschili e femminili della Mostra del Cinema, la Coppa Volpi per l’appunto.
I primi successi
Nel DNA di Marina Cicogna, che per uno scherzo del destino era nata a Roma, in via del Quirinale a Palazzo Volpi, era già iscritto il suo destino: il cinema. Divisa tra la Capitale e Venezia, tra il luogo di nascita e le sue origini, ovvero le due città più rappresentative all’estero della settima arte nostrana, la produttrice nostrana è cresciuta nel jet set cosmopolita. Appena adolescente intratteneva conversazioni con David O’Selznick (il produttore di Via col Vento) mentre il padre, il conte Cesare Cicogna Mozzoni, ha contribuito a finanziare Ladri di biciclette di Vittorio De Sica.
Conseguita la maturità classica, è partita alla volta di New York, dove ha frequentato il Sarah Lawrence College. Qui si è diplomata in fotografia e ha trovato accoglienza ad Hollywood, distinguendosi fin da subito per il suo carattere deciso. Ma è stato quando la madre, la contessa Annamaria Volpi di Misurata, ha acquisito la proprietà della casa cinematografica Euro International, che Marina Cicogna è passata definitivamente all’azione. Insieme al fratello minore Ascanio detto “Bino”, la produttrice ha iniziato a immettere nel mercato italiano diversi titoli, anche audaci, come Helga – primo lungometraggio di educazione sessuale rivolto al grande schermo – e Bella di giorno di Luis Buñuel, su cui nessuno avrebbe mai scommesso, per poi rivelarsi Leone d’Oro a Venezia.
Una carriera irripetibile
Ma è stato con, Metti, una sera a cena (1969) di Giuseppe Patroni Griffi, che è avvenuta per Marina Cicogna la svolta come produttrice. Il film ha visto inoltre coinvolta una giovane Florinda Bolkan, scoperta proprio dalla Cicogna, con cui ha avuto una lunga relazione, durata vent’anni. Grazie al suo temperamento, alla sua indole irrefrenabile da battagliera, è riuscita a portare sul grande schermo progetti sui cui nessuno avrebbe puntato. A lei si deve la realizzazione di molti titoli diretti da Pier Paolo Pasolini (Teorema e Medea), Francesco Rosi (Uomini contro), Lina Wertmueller, Enrico Maria Salerno, Sergio Leone e Franco Zeffirelli.
L’apice è però stato toccato nel 1970, quando Marina Cicogna ha scelto di produrre Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto di Elio Petri. La pellicola ha vinto il Premio Oscar come Miglior Film Straniero nel 1971, spianando la strada della produttrice, da sempre distintasi per le sue scelte in controtendenza con i canoni della distribuzione. Ha iniziato poi a collaborare con la Paramount, dopo la crisi economica della Euro International, troncando i rapporti con gli Studios, che non hanno voluto appoggiarla nelle sue scelte dell’epoca, indirizzate verso Portiere di notte di Liliana Cavani e Ultimo tango a Parigi di Bernardo Bertolucci, ad oggi cult indiscussi.
Gli ultimi anni
Icona di stile e di costume, è stata rivoluzionaria anche nel suo modo di vivere e di presentarsi al pubblico, sempre schietto e manifesto. Pur non essendosi mai definita, ha avuto flirt e relazioni sia con donne e uomini, tra cui quella con Florinda Bolkan, durata vent’anni. È stata legata negli ultimi trent’anni a Benedetta Gardona, che ha deciso di adottare per questioni legali di tutela. Insomma, una vita anticonformista, giunta al termine il 4 novembre 2023, a seguito delle complicazioni dovute a un cancro, da cui era affetta da tempo.