Nonostante le dure tensioni geopolitiche e le guerre in Ucraina e in Medio Oriente, i dati macroeconomici di Europa e USA suggeriscono che presto la corsa al rialzo dei tassi in Occidente finirà.
BCE e FED dunque con i loro interventi sono finalmente riusciti a produrre l’effetto sperato, provocando un raffreddamento dell’economia e un progressivo rallentamento dell’inflazione. Ma se il risultato per l’economia statunitense è un vero successo, l’Europa ci arriva raccogliendone i cocci. Assieme alla Cina, oggi l’economia europea difatti arranca. E il motore franco-tedesco sembra essersi inceppato.
I mercati finanziari USA reggono mentre l’Europa si trascina
Secondo gli ultimi dati macroeconomici l’economia in UE e USA mostra chiari segnali di rallentamento, e dunque la drammatica corsa al rialzo dei tassi potrebbe dirsi terminata. O almeno in una situazione di stallo. Ma se alla fine di questa maratona gli Stati Uniti possono dirsi soddisfatti della propria prestazione, con i mercati azionari che fanno bene. Il Nasdaq ad esempio in queste ultime settimane ha chiuso sempre in positivo, una striscia vincente che non si verificava dal 2021. In Europa le piazze finanziarie arrancano. Tanto che gli esperti non parlano più di rallentamento economico, quindi di un’eurozona senza crescita. Ma di una possibile recessione, ovvero un PIL con segno negativo a fine 2023.
Le differenze strutturarli con il gigante USA rispetto all’Europa sono innumerevoli. Gli USA hanno immesso in questi anni di shock esogeni per l’economa mondiale, come la guerra in Ucraina e la pandemia, gigantesche quantità di debito pubblico. Tanto che il tasso del titolo americano a lungo termine aveva toccato il 5%, essendone aumentata la percezione del rischio sul mercato. Ma nel frattempo questa liquidità ha partecipato al sostentamento massiccio dell’economia a stelle e strisce, data per spacciata da parecchi guru della finanza globale. E ora, con la crescita dei salari inferiore alle attese e i tassi di disoccupazione in crescita, gli analisti si aspettano di vedere una FED più morbida. Prevedendo un possibile taglio dei tassi di interesse forse già a giugno 2024. Una prospettiva che ha rilanciato i titoli di Stato USA, che ora sono sotto la soglia del 5%.
La debolezza in Europa dell’asse franco-tedesco: Scholz perde leadership; Macron isolato
Se la FED taglierà i tassi nel 2024, è una buona notizia anche per gli europei. Perché a quel punto la BCE quasi certamente ne seguirà le orme. Ma è una buona notizia solo a metà. Perché aldilà della depressione degli investimenti che hanno causato il rialzo dei tassi e l’inflazione, a colpire economicamente l’Europa oggi sono soprattutto una serie di fattori politici prima ancora che economici. Come il motore franco-tedesco, che ha sempre “ispirato” le scelte principali di Bruxelles e Strasburgo, e che sembra oggi essersi inceppato. Il cancelliere tedesco Scholz è alle prese oggi con un rallentamento economico, dopo molti anni di espansione. Ma il successore della Merkel non sembrerebbe esser percepito dai più come in grado di riuscire a rassicurare il sistema produttivo tedesco. E il calo di autorevolezza della leadership tedesca indebolisce tutta l’UE.
L’Europa ha registrato quest’ultimo anno un incremento record di fallimenti. Senza contare l’ennesimo niente di fatto, anche con il governo tunisino, di un accordo europeo di ampio respiro sulla gestione dei flussi migratori. Bruxelles continua drammaticamente ad essere un attore non protagonista delle dinamiche di politica internazionale. Ripiegata nel cono d’ombra della NATO e sulle posizioni di politica estera degli USA. Il presidente francese Emmanuel Macron è stato l’unico tra gli attuali leader a esporsi pubblicamente con posizioni che avessero in mente una più ampia cornice europea. Dalla ricerca di un contatto con la Cina, all’appello anti-IRA (Inflaction Reduction Act) europeo, alle sue dichiarazioni riguardo la necessità dell’UE di trovare un’indipendenza strategica dagli USA.
Il vuoto politico: i Paesi membri UE riluttanti all’idea di compiere gli sforzi necessari
Ma ogniqualvolta che il presidente dell’Eliseo stimola il rilancio del progetto europeo e indica un percorso, vi è un vuoto politico. I suoi interlocutori, i capi di governo degli altri 26 stati membri, sono tutti concentrati esclusivamente nelle proprie problematiche interne. E si dimostrano nei fatti riluttanti all’idea di compiere gli sforzi necessari per rendere l’UE in grado di giocare alla pari con gli altri colossi mondiali, senza ricorrere ogni volta all’aiuto USA. Ma se l’Europa non usa tutte le proprie armi a disposizione, e non si preoccupa della propria sopravvivenza economica e politica a lungo termine. Non bisogna poi sorprendersi delle sue prestazioni mediocri e dei drammatici segnali di lento declino. Dobbiamo abbracciare la consapevolezza che non potremmo campare a lungo di rendita. Né politica, né economica.