Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden col presidente cinese Xi Jinping. Foto Ansa/Epa/Xinhua Li Xueren
L’incontro tra Biden e Xi Jinping a San Francisco del 15 novembre non rappresenta un azzeramento delle tensioni fra Stati Uniti e Cina ma una ripresa del dialogo a tutti i livelli. Anche a livello militare. L’obiettivo, ha detto il presidente americano all’omologo cinese, è di “fare in modo che la competizione non sfoci in conflitto“. E di “gestire responsabilmente la competizione” fra le due superpotenze nucleari più importanti del mondo.
Una stretta di mano, un faccia a faccia che serve ad avviare il disgelo. “La Cina non intende entrare in guerra con nessuno“, ha precisato Xi. “Il mondo è abbastanza grande per il successo sia degli Usa che della Cina“. “Pace e sviluppo globali” sono i due binari del vertice indicati da Pechino già alla vigilia dell’incontro. Meeting che è stato il primo dopo un anno ma il settimo tra i due leader. Xi e Biden si conoscono dal 2011, quando entrambi erano vicepresidenti.
“Il mondo è abbastanza grande per la convivenza e per il successo di Cina e Stati Uniti“ ha detto infatti Xi incontrando Biden. “Le relazioni bilaterali fra i due paesi sono le più importanti e sarebbe irrealistico per una delle parti cercare di rimodellare l’altra“. Per Stati Uniti e Cina “voltarsi le spalle non è un’opzione“, ha aggiunto il presidente cinese. Il quale ha sottolineato come le relazioni fra Cina e Usa non siano mai state facili “negli ultimi 50 anni” e come, pur dovendo affrontare diversi problemi, siano sempre “andate avanti“. “La Cina non ha alcun piano per sostituire gli Stati Uniti e gli Usa non dovrebbero avere piani per sopprimere la Cina. I due paesi dovrebbero promuovere una cooperazione reciprocamente vantaggiosa“, ha quindi spiegato Xi.
Prove di equilibrismo, poi, Xi e Biden le hanno svolto sul tema cruciale dell’indipendenza di Taiwan. Per Xi, la riunificazione della Cina con Taiwan “è un processo inarrestabile” e rappresenta “la questione più importante e delicata nelle relazioni fra Cina e Stati Uniti“. “Gli Stati Uniti – ha aggiunto il presidente cinese – dovrebbero intraprendere azioni concrete per onorare il proprio impegno di non sostenere l’indipendenza di Taiwan“. Ma anche di “smettere di armare Taiwan e sostenere la riunificazione pacifica della Cina“. Biden ha messo in chiaro che la posizione Usa è di mantenere la pace, la stabilità e lo status quo a Taiwan, chiedendo a Xi di rispettare il processo elettorale in corso.
Dal canto suo il presidente degli Stati Uniti ha cercato di chiarire perché in passato ha definito Xi Jinping un dittatore. Lo è, ha detto Biden, “nel senso che è colui che è alla guida di un paese comunista“. Il capo della Casa Bianca ha messo in evidenza con il presidente cinese “l’universalità dei diritti umani. E la responsabilità di tutti i paesi nel rispettare gli impegni internazionali sui diritti umani“. Il presidente Usa, riferisce la Casa Bianca, ha sollevato i suoi timori circa gli abusi sui diritti umani in Cina. Includendo quelli nello Xinjiang contro gli uiguri, in Tibet e a Hong Kong.
La prima intesa è stata trovata sul clima, poche ore prima del vertice, quando Usa e Cina hanno firmato una dichiarazione comune in cui si impegnano a lavorare insieme contro “una delle più grandi sfide del nostro tempo“, intensificando la cooperazione sul metano e sostenendo gli sforzi globali per triplicare l’energia rinnovabile entro il 2030. Il documento tace sull’uso del carbone e sul futuro dell’energia fossile ma in ogni caso si tratta di un segnale positivo, anche in vista dell’imminente Cop28. Tra i risultati dati per acquisiti il ripristino della hotline militare, cancellata da Pechino dopo la controversa visita dell’allora speaker Nancy Pelosi a Taiwan nel 2022. Previsto anche un impegno a limitare l’uso dell’intelligenza artificiale nelle armi nucleari.
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