Sanchez di nuovo premier in Spagna
La penisola iberica è rimasta l'unico grande Paese europeo governato da ministri progressisti
ln Spagna il confuso esito elettorale dello scorso luglio ha dato luogo a un Governo nuovamente presieduto dal leader socialista Pedro Sanchez. In meno di 6 mesi Sanchez è riuscito a compiere una sorta di miracolo politico: dopo il flop di maggio alle ammnistrative, la sua carriera politica sembrava ormai al tramonto.
Ora invece è di nuovo alla Moncloa, confermandosi il punto di riferimento di tutta la sinistra europea in crisi. Le elezioni da lui stesso anticipate a sorpresa a luglio, hanno spiazzato il Centrodestra del Partito popolare e soprattutto l’estrema destra di Vox, per la quale Giorgia Meloni aveva fatto campagna elettorale. E che ha invece subito una netta battuta d’arresto.
Gli indipendentisti catalani
Il Partito popolare ha vinto le elezioni politiche ma la coalizione di Centrodestra non è stata abbastanza forte da riuscire a esprimere un Governo e un premier. Il Centrosinistra di Sanchez, che sembrava destinato a una sonora sconfitta, ha invece tenuto bene, consentendo alla fine al premier uscente di restare in carica. Tuttavia Sanchez guiderà una Spagna profondamente spaccata e scossa da forti proteste di piazza, spesso violente.
Un ampio settore della società spagnola non perdona al primo ministro di aver concesso l’amnistia agli indipendentisti catalani in cambio dei loro voti per sostenere la nuova maggioranza parlamentare. Il timore di molti è che questo sia il primo passo verso la fine dell’unità nazionale. Sanchez, invece, pensa il contrario. Per lui l’accordo rafforza “la convivenza e gli interessi della Spagna“. E soprattutto permette la nascita di Governo progressista, un “muro” all‘avanzata dell’estrema destra.
Proprio le difficoltà della destra, con un Partito popolare (Pp) spesso appiattito sulle tesi radicali di Vox, hanno aiutato il premier a ridurre le distanze con i partiti più piccoli. Se il Pp ha tentato, invano, di dialogare con alcuni di loro, Vox ha già presentato una proposta per metterli tutti fuori legge.
“Sanchez ostaggio dei piccoli partiti”
Ad ogni modo, per il leader del Pp, Alberto Nunez Feijòo, il Governo sarà “ostaggio dei catalanisti“. Quindi annuncia ricorsi a Bruxelles per dimostrare che a Madrid si sta violando il diritto europeo. Come in passato in Polonia e in Ungheria. Impresa difficile, almeno a giudicare dalle congratulazioni che sono arrivate a Sanchez dai vertici europei, da Charles Michel a Ursula von der Leyen. Il capo di Vox, Santiago Abascal, invece va molto oltre. In aula ha definito Sanchez un “golpista“, paragonandolo addirittura a Hitler: “Anche lui è arrivato al potere con i voti e poi ha liquidato la democrazia“.
Frasi che gettano benzina sul fuoco di una protesta, quella dei neofascisti davanti alla sede del Psoe, che va avanti da molti giorni provocando gravi incidenti. Posizioni radicali che fanno indignare Aitor Esteban, il leader del Partito nazionalista basco (Pnv): “Non mi piace chi sovverte in piazza l’esito elettorale. La macchina del Pp è grippata perché usa l’olio di Vox“.
La fiducia per soli 8 voti
In questo contesto, Sanchez incassa la fiducia del Congresso: 179 sì, cioè la somma della sinistra con i partiti indipendentisti e nazionalisti, mentre la destra del Pp e Vox è ferma a 171. Tutti pensavano che il suo ritorno al Governo fosse una “mission impossible“. Ma Sanchez l’ha trasformata in una “missione compiuta“.
Ovviamente i prossimi mesi saranno difficilissimi. Il suo Governo, come denuncia il Pp, rischia di essere fortemente condizionato dai voti dei catalani di Junts. Anche le manifestazioni non si placheranno facilmente. Le giunte regionali in mano alla destra, e persino i giudici, non gli daranno tregua. Però tutto questo riguarda il domani. Quanto a oggi, grazie a Sanchez, la Spagna rimane l’unico grande paese europeo governato esclusivamente da ministri progressisti. Cosa insperata per la sinistra appena lo scorso mese di maggio.