Ristorazione, il 60% delle aziende non trova lavoratori
Per l'ultimo trimestre dell'anno in corso mancano all'appello 150mila addetti
In Italia il settore della ristorazione lamenta grosse difficoltà nel reperimento di personale. E questo “sebbene l’occupazione sia tornata ai livelli del 2019 con 987mila occupati“. Lo afferma un’analisi dell’Ufficio studi di Fipe-Confcommercio, presentata in occasione dell’iniziativa La ristorazione nella comunicazione. Valori, pregiudizi e strumentalizzazioni.
Secondo il rapporto, “il 60% degli imprenditori fa fatica” a trovare personale per la ristorazione. “E nel trimestre in corso servono oltre 150mila addetti, ma ci sono difficoltà a reperirli“. Per Fipe, il problema “affonda le sue radici nella mancanza di candidati, con specifico riferimento al personale di sala“. E “rischia di frenare il percorso positivo intrapreso, sul quale influisce anche il crescente aumento dei consumi fuori casa“. Sarà infatti di “89,6 miliardi di euro correnti la spesa prevista per il 2023, contro gli 83,5 miliardi del 2022. A prezzi costanti siamo, tuttavia, ancora al di sotto dei livelli pre-pandemia“.
Ristorazione, donne e giovani
Fra i dati e gli aspetti postivi, tuttavia, ce n’è uno in crescita da anni che si conferma tale. Ovvero, secondo lo studio della Confcommercio, la ristorazione continua a essere fortemente attrattiva per l’imprenditoria femminile. L’incidenza media delle imprese guidate da donne è infatti del 21,4% sul totale. Anche fra i giovani il settore gode di particolare appeal: una impresa su dieci è amministrata da giovani con meno di 35 anni d’età.
Da un lato, dunque, lo scenario che emerge dalle analisi della Fipe-Confcommercio sottolinea una volta ancora la centralità dei pubblici esercizi. Così come la rilevanza delle sue 334mila imprese per l’economia nazionale. Tuttavia dall’altro – è la riflessione – “il dibattito di oggi ha messo a fuoco il rapporto ambivalente con i mezzi di informazione e comunicazione“.
Come ha sottolineato nella sua relazione il presidente di Fipe, Lino Enrico Stoppani, “la ristorazione sconta un difetto di inquadratura da parte dei media e della stessa opinione pubblica. Si tende cioè a mettere a fuoco solo gli aspetti più sensazionalistici, trascurando le componenti valoriali, sociali ed economiche. Così mentre si fa grande clamore sul cosiddetto ‘toastgate‘, poco si parla di imprese, valore aggiunto e occupazione“.
L’Assemblea di Fipe-Confcommercio ha avuto dunque l’obiettivo di “mettere in luce la necessità di promuovere un nuovo approccio alla comunicazione. Che coinvolga tanto gli operatori, quanto i professionisti della comunicazione, per stimolare un dibattito scevro da stereotipi e pregiudizi“.
Piace l’aumento dei posti all’aperto
Malgrado tutto questo, però, per quanto riguarda la ristorazione c’è anche una nota positiva. Perché posti all’aperto e dehors convincono gli italiani. L’aumento di tavoli e spazi attrezzati all’esterno di ristoranti, bar, pub e altri pubblici esercizi riscuote largo consenso tra i consumatori. Tre italiani su quattro – il 75% – lo ritengono un fatto positivo, a fronte di un 25% circa che ha un giudizio negativo. È quanto emerge da un sondaggio condotto da SWG per Fiepet, l’associazione dei pubblici esercizi Confesercenti, su un panel di mille soggetti maggiorenni residenti in Italia.
La rete italiana dei pubblici esercizi di ristorazione ha sempre previsto spazi fuori dal locale per il consumo. Ma la quantità di posti all’esterno – dai dehors più strutturati ai semplici tavolini all’aperto – è aumentata rapidamente con la pandemia di Covid. Ovvero quando la stessa autorità sanitaria ha consigliato il consumo all’aperto per ridurre i rischi di contagio. Solo nel 2021, secondo le stime Fiepet Confesercenti, le imprese hanno allestito nuovi spazi esterni per un totale complessivo di quasi 750 mila metri quadri, pari a 180mila tavoli.