Non ci resta che il crimine – La serie: Giallini, Tognazzi e Morelli tornano in una nuova avventura tra presente e passato
La trilogia cinematografica di Massimiliano Bruno diventa un serie tv prodotta da Sky Studios e Italian International Film
Non ci resta che il crimine, fortunata trilogia cinematografica, fa il suo ritorno in una nuova ed inedita versione: Non ci resta che il crimine – La serie. A partire da venerdì 1° dicembre 2023 su Sky Serie e in streaming su Now la sgangherata banda di amici, che avevamo lasciato nel capitolo conclusivo dei tre film, torna con un una nuova avventura che si snoda tra il presente e gli Anni ’70.
Marco Giallini, Gian Marco Tognazzi e Gianpaolo Morelli tornano a vestire i panni dei tre protagonisti della saga Non ci resta che il crimine. Questa volta, però, le esilaranti e avvincenti peripezie del gruppo di amici saranno narrate attraverso una sequenza di 6 episodi, trasportando il pubblico direttamente sul piccolo schermo. Accanto ai tre attori ritroviamo anche Massimiliano Bruno, che, oltre a interpretare il ruolo di Gianfranco, è nuovamente impegnato nella supervisione del set come co-sceneggiatore e co-regista insieme ad Alessio Maria Federici. New entry, invece, per Maurizio Lastrico, che si unisce al vecchio cast con il personaggio di Duccio Casati, facoltoso borghese animato da idee progressiste.
Un nuovo viaggio nel tempo nei caotici Anni ’70
Gli avvincenti viaggi nel tempo della saga cinematografica di Massimiliano Bruno continuano con la nuova serie tv targata Sky Original. Dopo aver visto i tre protagonisti catapultati negli Anni ’80, durante il dominio della Banda della Magliana a Roma, e nell’Italia fascista degli Anni ’40, la trama della nuova avventura televisiva, che si snoda subito dopo gli eventi dell’ultimo film, trasporta la banda di amici nei caotici Anni ’70. Dall’effervescente contesto della sinistra giovanile alle accese proteste studentesche fino ad arrivare ai meandri della destra eversiva del Golpe Borghese, la serie esplora le intricanti dinamiche di quel tempo. E gli spettatori potranno immergersi nei fermenti sociali e politici di quegli anni tumultuosi. Nonostante ciò, la narrazione non trascura le vicende personali dei protagonisti. Il tutto presentato con il consueto tocco di umorismo leggero e divertente che contraddistingue il precedente lavoro di Bruno.
Sinossi Non ci resta che il crimine – La serie
Nel cuore degli Anni ’70, Moreno (Giallini), Giuseppe (Tognazzi) e Claudio (Morelli) si ritrovano nuovamente uniti da un movimentato viaggio nel tempo. L’incredibile scoperta di Giuseppe di essere stato adottato diventa il punto di partenza per un’avventura sensazionale. Ignorando gli avvertimenti del loro amico e scienziato, Gianfranco (Bruno), Giuseppe decide di intraprendere la ricerca della sua vera madre, incurante delle pericolose conseguenze che ciò potrebbe scatenare.
Seguendo l’indizio di una foto trovata casualmente a casa dei genitori adottivi e che lo ritrae a soli 4 mesi in braccio presumibilmente a sua madre biologica, Giuseppe si imbatte in un happening presso la sontuosa dimora di Duccio Casati (interpretato da Lastrico), un facoltoso borghese dalle idee progressiste, impegnato nella causa dei giovani del movimento studentesco. Ed è proprio lì che la trova: Linda.
In un momento di puro slancio emotivo, Giuseppe decide di intervenire durante un attentato, insieme ai suoi amici, per salvare sua madre. Tuttavia, l’impensabile accade: il gesto eroico di Giuseppe modifica irrimediabilmente il corso degli eventi, trasformando l’Italia contemporanea in una dittatura fascista. In un presente distorto e contorto, i tre amici si ritrovano costretti a una missione. Percorreranno, infatti, il tunnel del tempo infiltrandosi nelle intricatissime maglie del Golpe Borghese, l’organizzazione che ha plasmato il destino del loro paese.
Perché la scelta degli Anni ’70: “curiosità e nostalgia”
Oggi 27 novembre si è tenuta in anteprima la proiezione del primo episodio della serie al The Space Cinema in Piazza della Repubblica a Roma. A seguire, pio, la conferenza stampa di presentazione della serie. Un incontro, quello con i giornalisti, che si è svolto in un clima di totale leggerezza, riflettendo lo stesso umorismo che ha accompagnato anche i quattro mesi di riprese, come racconta il cast.
Perché la scelta di Massimiliano Bruno di ambientare questa nuova storia negli Anni ’70? “ho scelto gli Anni ’70 perché è il mio anno di nascita. Sono nato nel giugno del ’70 e quindi la prima idea che ho raccontato a Federici e Paola Lucisano era relativa a quei giorni in cui ero appena nato e si giocava nei campionati mondiali di calcio in Messico Italia Germania 4-3. Da lì siamo partiti. Se io dovessi esprimere un desiderio mi piacerebbe tornare al giorno in cui sono nato per vedere com’erano mamma e papà, per farmi una passeggiata nel quartiere e vedere com’era Roma in quel periodo. Per una questione di curiosità e per una questione di nostalgia. Per vedere com’era quella donna che mi ha messo al mondo e com’era teso quel papà che mi ha sempre detto di aver portato un mazzo di rose color thè a mia madre. Io da allora ho sempre cercato un mazzo di rose color thè, ma non esistono!”
Massimiliano Bruno: “abbiamo preso in esame il fallito golpe di Valerio Julio Borghese”
Un periodo storico, quello degli Anni ’70, scelto anche, come continua a spiegare il regista: “per prendere in esame il fallito golpe di Valerio Julio Borghese del 1970, quello che svilupperà dalla terza puntata in poi, nel cuore della serie è proprio questo. La storia ci consegna un Golpe che è stato un po’ una farsa, grottesco quasi. Noi siccome a nostra volta facciamo comicità ci siamo chiesti, il nostro ‘what if’ è stato ‘e se invece fosse andato bene?’. Perché poi quel Golpe è stato una farsa in Italia, ma ispirato dei metodi in Sudamerica. Quindi abbiamo pensato con gli autori che potesse essere una bellissima metafora per raccontare uno spauracchio, una paura che qualcuno di noi nel cuore ha. Ovvero che un passo troppo a destra possa portare a una mancanza di libertà. Cosa che in questo momento fortunatamente non è nel nostro Paese, però ogni tanto ci sono delle avvisaglie che, secondo me, dobbiamo stigmatizzare e puntualizzare. Bisogna sempre stare attenti su questo”.