Covid, uno studio rivela: “Lo smog aiuta il virus”
In Italia ricoveri a +25% in una settimana, ma solo il 3% in terapia intensiva
Ricoveri Covid ancora in crescita negli ospedali di tutta Italia. Nell’ultima settimana il numero dei pazienti ospedalizzati è salito del +25,3%. Il dato emerge dalla rilevazione degli ospedali sentinella aderenti alla Fiaso, la Federazione delle aziende sanitarie e ospedaliere. Si tratta per la stragrande maggioranza di ricoverati nei reparti Covid ordinari. Solo il 3% del totale degli ospedalizzati è in terapia intensiva.
Contestualmente emergono i dati di uno studio dell’Enea e Università di Roma Tor Vergata sulla relazione fra lo smog e il Sars-CoV-2. L’analisi dei ricercatori ha evidenziato una forte affinità tra il particolato atmosferico (Pm2.5) e la proteina Spike del virus, responsabile del Covid. I risultati sono apparsi sulla rivista online Science of The Total Environment e rientrano nell’ambito del progetto Pulvirus.
Covid, l’aria inquinata un vettore?
“Durante la fase iniziale della pandemia in Italia, la Lombardia e, in generale, tutta l’area della Pianura Padana sono state colpite più duramente dall’infezione virale rispetto al resto del Paese” sottolinea Caterina Arcangeli, ricercatrice dell’Enea. “Parliamo di una parte d’Italia tra le più inquinate e questo ha portato la comunità scientifica a ipotizzare un possibile ruolo del particolato atmosferico nella diffusione del virus“. Lo studio ha verificato e dimostrato la presenza del genoma del Sars-CoV-2 responsabile del Covid-19 su almeno il 50% dei campioni di filtri per il Pm2.5 raccolti nella città di Bologna nell’inverno del 2021.
“A seguire – aggiunge Arcangeli – abbiamo realizzato al computer modelli molecolari semplificati di Pm2.5 e di Sars-Cov-2. E abbiamo valutato la loro interazione mediante simulazioni ad alte prestazioni eseguite con il supercalcolatore Cresco6″. Le simulazioni – spiega una nota – hanno mostrato chiaramente che i glicani (zuccheri) presenti sulla superficie della proteina Spike giocano un ruolo importante nell’interazione tra virus e particolato. In sostanza mediano il contatto diretto con la corrispondente superficie del nucleo di carbonio del Pm2.5.
Una correlazione complessa
Inoltre, dallo studio emerge anche una stretta correlazione tra Pm2.5 e virus anche rispetto alle caratteristiche chimiche del particolato fine. Il cui contenuto in carbonio elementare sembra avere una funzione guida nell’interazione con il Sars-Cov-2. “Sebbene l’affinità tra Pm2.5 e Sars-Cov-2 appaia plausibile, la simulazione non permette di valutare se queste interazioni siano sufficientemente stabili per trasportare il virus nell’atmosfera. O se il virione mantenga la sua infettività dopo il trasporto. La possibilità che il virus possa essere ‘sequestrato’ dal Pm, con conseguente riduzione di infettività e diffusione, o inattivato da questa forte interazione con il particolato non si può quindi escludere” prosegue la ricercatrice dell’Enea.
La forza delle simulazioni al computer che questo studio contiene risiede nella capacità di modellare diversi tipi di particolato. I ricercatori hanno così potuto variare sia la concentrazione che la composizione chimica degli inquinanti atmosferici. Queste simulazioni possono, dunque, rappresentare uno strumento utile per valutare rapidamente l’eventuale interazione delle polveri sottili con virus, batteri o altri bersagli cellulari rilevanti. “Questa possibilità potrebbe dimostrarsi utile per contrastare o controllare la diffusione di future malattie trasmesse per via aerea in regioni altamente inquinate e fornire informazioni utili per elaborare piani di controllo dell’inquinamento dell’aria“, conclude Arcangeli. Per il 5 dicembre, intanto, è convocata una cabina di regia sul Covid, perché la variante Eris rischia di essere pericolosa per fragili e anziani.