Il canto lirico italiano è diventato Patrimonio dell’Umanità Unesco. Lo ha deciso l’agenzia delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura. La deliberazione dell’Unesco è avvenuta il 6 dicembre per acclamazione in occasione della riunione dei paesi membri del Comitato in Botswana (Africa australe).
Il riconoscimento è arrivato dopo un percorso avviato nel 2011, quando i cantanti lirici solisti si costituirono in un’associazione denominata Cantori professionisti d’Italia. L’obiettivo è stato quello di riunire gli artisti della categoria con lo scopo di diffondere il valore della musica e del teatro d’opera come eccellenza della cultura italiana.
L’Unesco e la lirica italiana
“Dopo un lungo e articolato lavoro, una grande eccellenza della nostra nazione ottiene un altro riconoscimento dall’Unesco che entra a far parte del patrimonio immateriale” è il commento del ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano. “Si tratta di una consacrazione ufficiale di quello che già sapevamo. Ovvero che il canto lirico è un’eccellenza mondiale, tra quelle che meglio ci rappresentano in tutto il pianeta“. La pratica del canto lirico in Italia è dunque iscritta nella Lista del patrimonio culturale immateriale dell’umanità dell’Unesco. Lo ha annunciato l’agenzia ONU sul proprio account X, riferendo dei lavori in corso in Botswana nell’ambito della 18ª sessione del Comitato intergovernativo per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale.
“Ringrazio il sottosegretario Gianmarco Mazzi per l’impegno che ha profuso nel concludere positivamente la candidatura” ha detto ancora il ministro Sangiuliano. “Questa bella notizia del canto lirico italiano Patrimonio dell’Umanità si associa alla firma dell’ipotesi dello schema di rinnovo del contratto delle Fondazioni lirico sinfoniche, che da 20 anni non veniva rinnovato“. “Una soddisfazione immensa, una conquista che ci riempie di orgoglio. Ho seguito con grande attenzione la nascita del dossier di candidatura dell’Arte del Canto Lirico Italiano per l’inserimento nella Lista Rappresentativa Unesco del Patrimonio Culturale Immateriale, avendo a quel tempo la delega“. Queste invece la parole della sottosegretaria di Stato alla Cultura Lucia Borgonzoni.
Le grotte carsiche
Nello scorso mese di settembre l’Unesco aveva riconosciuto patrimonio dell’umanità le grotte carsiche. In Italia queste zone occupano circa il 28% del territorio nazionale e sono circa 40mila il numero di grotte scoperte ed esplorate dagli speleologi. Inoltre più del 50% delle acque potabili nazionali è di origine carsica. Le aree carsiche si caratterizzano per la presenza di roccia calcarea solubile e per la presenza di stalattiti: forme rocciose appuntite che pendono dall’alto verso il basso.
In generale si tratta di un complesso di forme esterne e sotterranee assunte dall’ambiente per l’azione delle acque circolanti in superficie e in profondità sulle rocce idrosolubili. Vale a dire: calcari, gessi, dolomie, depositi salini. In Italia le grotte si trovano principalmente nella regione del Carso: l’area geografica calcarea alle spalle di Trieste. Lì sono molto diffuse. Non mancano però nel resto del nostro Paese, come nella Grotta del Vento, in provincia di Lucca, in Toscana. Ci sono poi le Grotte di Frasassi, in provincia di Ancona, nelle Marche; le Grotte di Pastena, in provincia di Frosinone, nel Lazio; le Grotte di Castellana, in Puglia.