La Corte d’appello di Brescia ha ammesso il ricorso di Olindo Romano e Rosa Bazzi, condannati all’ergastolo per la strage di Erba. I due chiedono la revisione del processo perché affermano di essere innocenti. I giudici hanno fissato al 1 marzo prossimo l’udienza al termine della quale decideranno sull’istanza di revisione presentata dalle difese dei due coniugi e dal sostituto pg di Milano. La coppia sconta la massima pena con l’accusa di avere assassinato Raffaella Castagna, il figlio Youssef Marzouk, la madre Paola Galli e la vicina di casa Valeria Cherubini.
Lo scorso mese di ottobre i legali dei due coniugi avevano depositato presso la Corte d’assise di Brescia l’istanza di revisione della sentenza di ergastolo. I difensori sostengono siano emersi nuovi elementi che porterebbero al proscioglimento della coppia. Si tratterebbe di un evento clamoroso che sconfesserebbe completamente tutto l’operato dei pubblici ministeri e delle corti che finora hanno giudicato Olindo e Rosa. E soprattutto consentirebbe ai due coniugi di tornare in libertà dopo 17 anni di ingiusta detenzione (ammesso che ciò venga provato al termine del nuovo processo).
La strage di Erba
Stando alla verità giudiziaria accertata – ma che a questo punto torna in discussione – l’11 dicembre 2006 Olindo e Rosa avrebbero ucciso Raffaella Castagna, il figlio, il piccolo Youssef Marzouk, la madre Paola Galli e la vicina di casa Valeria Cherubini. Rimase ferito il marito di quest’ultima: Mario Frigerio (è deceduto nel 2014). Un’autentica strage, quella di Erba, di una ferocia efferata. Ma la vicenda giudiziaria è stata ricca di colpi di scena, e Olindo e Rosa si erano a un certo punto autoaccusati della mattanza.
Tutto però non è mai stato davvero chiaro e intellegibile. Così la scorsa estate la procura generale di Milano aveva trasmesso alla Corte d’appello di Brescia l’atto con cui, a sorpresa, il sostituto procuratore Cuno Tarfusser aveva proposto la revisione del processo per la strage di Erba. La procuratrice generale del capoluogo lombardo, Francesca Nanni, la superiore di Tarfusser, aveva depositato contestualmente un parere rivolto ai giudici bresciani. In esso spiegava che l’istanza del collega era inammissibile poiché proveniva da un soggetto “non legittimato” e infondata nel merito. Mancavano, per Nanni, nuove prove decisive per una revisione del caso della strage di Erba.
Inizialmente la procura milanese sembrava orientata a non inoltrate l’atto di Tarfusser (il pg è andato sotto procedimento disciplinare per le modalità di presentazione della sua istanza). Invece l’ufficio ha ritenuto che il fatto che Tarfusser abbia depositato quella richiesta alla segreteria della procura a fine marzo 2023 abbia “dato impulso a un procedimento che deve essere concluso nella sede competente”. “Quelli che temevano che questa istanza non fosse valutata avevano torto” aveva spiegato la procuratrice Nanni. “Su entrambe le questioni, ossia l’ammissibilità e il merito, si esprimerà ora la Corte d’Appello di Brescia“.
L’altra possibile verità
Ed è esattamente ciò che in parte è avvenuto (il ricorso è stato ammesso) e che avverrà il 1 marzo (la revisione o meno del processo). Quale potrebbe essere adesso un’ipotesi di lavoro per la magistratura, al fine di arrivare alla verità? Nei mesi scorsi l’avvocatessa Luisa Bordeaux, che difende Olindo Romano e Rosa Bazzi, aveva svelato il contenuto di una telefonata particolare.
Nel corso del terzo episodio del podcast Il grande abbaglio, dei giornalisti Felice Manti ed Edoardo Montolli, autori dell’omonimo libro-inchiesta sulla strage di Erba, Bordeaux aveva detto di aver ricevuto una ‘doppia’ telefonata il 29 dicembre 2008. Prima a casa e successivamente nel suo ufficio. Un uomo con l’accento del sud presentatosi come ‘Morabito’, sosteneva che i due coniugi, appena condannati a Como, fossero innocenti. E che, per contro, il movente della strage di Erba andava individuato nella scomparsa di una partita di droga del valore di 400mila euro.
Ma perché le telefonate del misterioso Morabito non sono state svelate prima? “Non abbiamo mai rivelato prima l’esistenza di questa telefonata – spiegava nel podcast Fabio Schembri, altro storico legale di Olindo e Rosa – perché nel 2008 nulla si sapeva della criminalità organizzata a Erba“. Sarebbe stata invece l’indagine Crimine-Infinito della Procura di Milano a rivelare, ma solo nel 2010, l’esistenza di una rete criminale mafiosa nella città comasca. Fu allora che “emerse l’esistenza di una ‘locale’ di ‘ndrangheta dedita al traffico internazionale degli stupefacenti“. In base a questa ipotesi, dunque, Olindo e Rosa non avrebbero nulla a che fare con il massacro.