Francesca Valtorta, appassionata e talentuosa attrice romana, dallo scorso 28 dicembre, ha fatto il suo ritorno sul grande schermo con il nuovo film Come può uno scoglio, diretto da Gennaro Nunziante e interpretato insieme al famoso duo comico Pio e Amedeo.
Con una carriera che abbraccia una vasta gamma di ruoli, sin dal suo primo esordio in Baciami ancora di Gabriele Muccino (2010), ha dimostrato di essere una forza poliedrica nel mondo del cinema, televisivo e del teatro. Da commedie romantiche e comiche a intense interpretazioni drammatiche il suo talento ha appassionato il pubblico e le ha permesso di costruire una brillante carriera, l’unica che ha sempre desiderato. In un’intervista esclusiva a VelvetMAG, l’attrice si è aperta riguardo al suo ultimo progetto cinematografico, offrendo un’interessante prospettiva sul dietro le quinte del film e condividendo riflessioni personali sulla sua crescita e successo nel panorama dell’intrattenimento.
Intervista esclusiva di Francesca Valtorta a VelvetMAG
Dal 28 dicembre 2023 sei tornata in sala con il film diretto da Gennaro Nunziante Come uno scoglio, come ti sei trovata sul set e com’è stato lavorare con Pio e Amedeo?
È stato bellissimo. Solitamente all’inizio di un film non tutti gli attori si conoscono. Mentre in questo caso c’era questa coppia molto forte. Io poi non li seguivo tantissimo inizialmente. Era il loro film, costruito su di loro, quindi non era scontato trovare un proprio spazio, trovarsi a proprio agio anche nell’interazione. All’inizio sono arrivata un po’ preoccupata e invece devo dire che mi hanno stupito positivamente fin da subito perché sono esattamente come li vediamo: sinceri, schietti, alla mano. Nonostante, a Treviso fossimo accerchiati. Quando c’erano loro c’erano capannelli di gente, però questa cosa non gli ha dato minimamente alla testa, sono rimasti con i piedi per terra e forse questa è proprio la loro forza. Quindi per me è stato bellissimo, anche dal punto di vista lavorativo sono stati accoglienti, se potevano darmi qualche indicazione, anche sui tempi comici, me la davano. Abbiamo legato moltissimo è stata una bellissima esperienza. Loro li ho veramente rivalutati positivamente.
L’esperienza sul set con il duo comico Pio e Amedeo
Ricordi un momento divertente e uno, invece, in cui hai riscontrato una qualche difficoltà durante le riprese?
Ci sono stati continuamente momenti divertenti. Perché come ho già detto prima loro sono esattamente come li vedi. Quindi non è che, ad esempio, durante i loro spettacoli ridono, scherzano, fanno battute e poi nella vita reale sono seri. Perché molti comici delle volte hanno, come dire, questa seconda faccia, ovvero che nella vita privata poi sono molto taciturni, silenziosi. Invece con loro è una battuta continua. Ci sono state delle scene che non si riuscivano proprio a girare per quanto veniva a tutti da ridere. C’era un clima rilassato, di divertimento sul set.
Momento di difficoltà non ce ne è stato uno in particolare. Sicuramente all’inizio ho peccato di presunzione nel pensare di andare a fare una cosa semplice, essendo una commedia. Invece, non è stato così facile come credevo. Per fortuna Gennaro Nunziante, e lo ringrazierò sempre, è stato un direttore eccezionale, molto rigoroso, molto attento ai tempi comici, al ritmo, alle pause. Quindi, inizialmente mi sono chiesta se fossi stata all’altezza di due comici di professione. Mi ricordo il primo giorno di set quando Gennaro tra le varie cose mi ha detto “secondo potrebbe funzionare se il tuo personaggio parlasse in veneto“. Io lì per lì ci ho provato, per fortuna ho orecchio, poi stando a Treviso mi sono fatta dare delle battute da una ragazza che lavora con noi per capire un po’ l’accento, l’intonazione. Poi dato che ha funzionato bene ha deciso che dovessi parlare in veneto per tutta la durata del film. Dato che ho parenti di Venezia ho mandato le battute a mia zia per farmi rimandare gli audio con il sonoro. Però poi è andato tutto per il meglio.
Cosa ti ha fatto capire di voler fare l’attrice nella vita?
Avevo iniziato a fare dei corsi di teatro il pomeriggio quando ero al liceo, ma come si fa qualsiasi altra attività pomeridiana. Poi piano piano dalla scuola sono passata all’università. E mi rendevo conto che, quando tornavo a casa dopo aver fatto bene una scena durante il corso di teatro, un monologo ad esempio, ero molto più soddisfatta di quando tornavo a casa dopo un buon voto a scuola o un esame andato bene all’università. Il che per me era abbastanza automatico, sono sempre andata bene a scuola. Mi ricordo questa scena, un’immagine di me sull’autobus mentre tornavo a casa dal corso di teatro e mi sono detta “io non ho mai provato una sensazione così, voglio fare questo nella vita“.
Poi è arrivato il momento in cui ho deciso di provare a entrare al Centro Sperimentale di Cinematografia, grazie a un incontro casuale all’università. Dopo un esame mi fermò un ragazzo che mi disse “sono uno studente del Centro Sperimentale di Cinematografia sono qui perché sto frequentando contemporaneamente l’università, ti ho sentito parlare mi piaci moltissimo. Secondo me potresti essere giusta per fare un personaggio in un cortometraggio che sto realizzando insieme a dei miei compagni di classe“. E io gli immediatamente risposto di sì perché nonostante stessi all’università in realtà volevo proprio fare l’attrice.
L’esordio con il film di Gabriele Muccino Baciami ancora: “un onore per me iniziare così”
Esordisci così sul grande schermo, subito catapultata nel ruolo di co-protagonista (Anna). Com’è stata questa esperienza?
Io ancora stavo frequentando il Centro Sperimentale di Cinematografia, quindi ero ancora a scuola, frequentavo l’accademia. Fui contattata da questo agente, che poi fu il mio agente per tanti anni, e mi mandò subito a fare un provino per un ruolo molto piccolo. Era il mio primo provino in assoluto, non sapevo nemmeno cosa stessi andando a fare. Faccio questo provino e ad un certo punto il casting director Francesco Vedovati, che tra l’altro ha appena vinto un Emmy per la serie The white lotus, mi chiede di farne un altro per Gabriele Muccino. Imparo velocemente le scene a memoria e nonostante io sia sempre stata molto ansiosa in quel momento non ho neanche fatto in tempo ad agitarmi.
Pensavo si trattasse comunque di un ruolo minore come per il provino precedente. Non mi ero resa conto. Così, senza neanche accorgermene ho fatto questo provino, anche un po’ improvvisando. Una settimana dopo poi, mi hanno telefonato e mi hanno detto che ero stata presa, quindi mi sono ritrovata catapultata su un set così importante con degli attori così importanti senza aver fatto il minimo di esperienza. È stato un evento ‘traumatico‘ in senso positivo, super emozionante, istruttivo. È stato un onore per me poter dire di aver iniziato così.
Francesca Valtorta: “fare questo mestiere è una vocazione”
La tua è una professione molto competitiva che talvolta porta anche ad una certa discontinuità nel proprio lavoro, c’è mai stato un momento in cui hai pensato di lasciar perdere?
Pensato di lasciar perdere no, perché credo che chi ha la vocazione per questo lavoro difficilmente riesca a metterlo da parte. Però ci sono state situazioni in cui ho sofferto molto. Momenti in cui mi sono chiesta se sarei stata più serena nell’aver fatto un’altra scelta un po’ più equilibrata, di un lavoro un po’ più stabile. Periodi di ansia e angoscia in cui a lungo non ho lavorato, senza sapere se poi sarebbero cambiate le cose. Un grande senso di impotenza perché ci sono momenti che dipendono dalle mode, è frustrante. È un lavoro in cui ci sono up and down pazzeschi che bisogna imparare a gestire.
Francesca Valtorta è stata Rachele Ragno in Squadra antimafia
Hai preso parte a numerose serie tv di successo, ma il successo è arrivato come Rachele Ragno
Sì, questo è uno dei ruoli che mi ha portato più successo. Poi in conseguenza a quello ho fatto anche Braccialetti rossi, Il paradiso delle signore, Sacrificio d’amore. E tutt’ora nonostante siano passati tanti anni se la gente mi ferma per strada la maggior parte delle volte è per Rachele Ragno. Era un personaggio molto difficile perché subentrava a Giulia Michelini, a Rosy Abate che aveva avuto un successo clamoroso. Quindi era molto difficile tra virgolette sostituirla, anche se chiaramene nessuno si sognava mai di sostituire quel personaggio che, come dire, è immortale. Però il pubblico poteva reagire in maniera respingente e, invece, piano piano lo ha accolto e amato. Sicuramente è il ruolo che mi ha dato più successo in termini di popolarità e anche soddisfazione in questo senso.
I progetti tra cinema, televisione e teatro
Qual è il diverso approccio nel recitare in un film, serie tv e a teatro? Cosa preferisci?
Film e serie tv si lavora sempre con la macchina da presa quindi l’approccio è lo stesso. Poi è chiaro che, se c’è un film in cui ci sono più soldi, c’è anche più tempo per fare delle letture, delle prove sul set col regista e gli attori, tanto meglio. Ci sono, invece, certi lavori dove i ritmi sono serrati e devi imparare anche a improvvisare. Io lavoro abbastanza d’istinto. Ovviamente prima faccio uno studio sul personaggio però, poi, una volta che arrivo sul set sono abbastanza istintiva nel fare la scena. Cerco di basare il mio lavoro sull’ascolto di chi dall’altra parte mi dà le battute.
Invece, il lavoro a teatro è tutto il contrario. Si fa un gradissimo lavoro di costruzione prima. Poi, sì, rimane anche un po’ una parte d’improvvisazione in scena, ma il lavoro principale si fa prima. In scena ci si può abbandonare a quello che è il calore e l’energia del pubblico. Sono due lavori diversi, due emozioni diverse: una più intima davanti alla macchina da presa, mentre a teatro c’è questa esplosione emotiva di condivisione con il pubblico. Dietro le quinte devi fare quel passo per cui entri in scena, c’è una scarica di adrenalina che è fortissima in entrambi i casi. Io adesso che sto iniziando piano piano a scoprire il teatro, comincio tra poco una tournee con lo spettacolo Caravaggio il maledetto, spero che sia l’inizio di un percorso parallelo anche sul quel fronte.