“Il Punto di Rugiada” con Lucia Rossi: “Inserire i giovani nel mondo sconosciuto degli anziani”
VelvetMAG ha raggiunto l'attrice per approfondire alcuni aspetti del film di prossima uscita nelle sale italiane
Il 18 gennaio 2024 arriva nelle sale cinematografiche italiane un nuovo film di Marco Risi. La pellicola, dal titolo Il Punto di Rugiada, ‘ospita’ nel cast attori quali Massimo De Francovich, Alessandro Fella, Eros Pagni, Luigi Diberti, Elena Cotta, Valerio Binasco e Roberto Gudese. Noi di VelvetMAG abbiamo raggiunto una delle protagoniste del film, l’attrice Lucia Rossi, che ci ha rivelato alcuni aspetti della sua affermata carriera, oltre che del lavoro ne Il Punto di Rugiada.
Il Punto di Rugiada, dal 18 gennaio nei cinema italiani, è un film che affronta un’importante tematica sociale in cui il confronto generazionale è l’asse portante di tutta la narrazione. Giovani che si ‘perdono’ nelle criticità e negli eccessi che, talvolta, accompagnano la loro età e che per ‘ritrovarsi’ hanno bisogno di un confronto reale, attivo e quasi d’impatto con gli anziani. I vecchi, coloro che sono spesso dimenticati, ma altrettanto spesso gli unici in grado di trasmettere conoscenza ed esperienza. Lucia Rossi, che VelvetMAG ha raggiunto per voi, interpreta un ruolo chiave in questa pellicola. Come lei stessa si è definita, Luisa (il suo personaggio) è come Caronte che cerca di guidare le ‘anime’ delle nuove generazioni, verso la saggezza e la grandezza delle vecchie generazioni.
Sinossi de Il Punto di Rugiada
Carlo, un ragazzo viziato e sregolato, una notte provoca da ubriaco un grave incidente d’auto per il quale viene condannato a scontare un anno di lavori socialmente utili in una casa di riposo. Insieme a lui a Villa Bianca arriva anche Manuel, un giovane spacciatore colto in flagrante. Luisa, infermiera che lavora da anni nella struttura, guiderà i due ragazzi in un mondo senza età dove condivisione, conforto e accoglienza cambieranno per sempre il loro sguardo sul mondo e sulla vita.
Intervista esclusiva di Lucia Rossi a VelvetMAG
Lucia, nel corso della sua carriera l’abbiamo vista interpretare diversi ruoli in diversi scenari artistici quali teatro, televisione e cinema. Squadra Mobile, RIS Roma 2 e 3, l’Aquila Grandi Speranze, Tre Tocchi, solo per citare alcuni dei suoi lavori. Le vorrei chiedere: cosa le ha lasciato ognuno di questi mondi artistici?
Io vengo dal teatro, perché nasco come danzatrice, quindi posso dire che per me “le tavole di legno” hanno un particolare fascino. Di conseguenza, il teatro lo amo particolarmente e tutt’ora, quando posso, ci torno volentieri. Diciamo che è la mia grande passione, ma forse proprio perché è la prima arte che ho conosciuto, è la mia prima casa e anche il mio rifugio in qualche modo. Quello che apprezzo particolarmente del teatro è il fatto di poter fare tutto da sola. Nel senso che, a teatro, ogni attore ha i suoi ‘riti‘. Mentre, a differenza, nel cinema o in televisione c’è qualcuno che ti trucca, ti veste o ti pettina. Tuttavia, anche il cinema e la televisione sono estremamente belli, perché proprio nei loro aspetti affrontano una dimensione della realtà diversa.
Alla televisione ci sono i tempi più ristretti e ti ritrovi a girare, magari, tante scene in un giorno. Al cinema, invece, c’è quella cura in più nell’affrontare una scena. Sono lavori simili, ma con tempi diversi e che secondo me sono proprio importanti per un attore. Ogni esperienza, infatti, può insegnare nuove cose sul proprio lavoro, inserendo di volta in volta nuove sfaccettature. Sono tutte e tre delle bellissime esperienze e vorresti farle sempre. Ciò che lega tutti e tre questi ‘mondi’ è l’amore per l’arte. L’anima che lega l’arte al mestiere dell’attore. Per me sia il teatro, che il cinema, così come la televisione sono il mio pane quotidiano, quello che mi alimenta, la mia passione.
Dalla danza alla recitazione
Nella sua esperienza professionale le origini sono segnate dalla danza classica, come lei stessa ci ha accennato. Quanto questa disciplina le è stata utile nella carriera d’attrice?
È stata fondamentale secondo me, perché proprio al di fuori della danza, la conoscenza del corpo come mezzo di comunicazione è importantissima anche nella recitazione. Al di là del danzatore che racconta le emozioni con il corpo, anche l’attore infatti utilizza questo strumento: l’azione viene prima della parola. Molte volte si può dichiarare qualcosa anche senza parlare, perché è il corpo che trasmette le informazioni. Secondo me tutti gli attori dovrebbero fare un corso di mimo o di danza, anche per avere maggiore conoscenza del proprio corpo. Quando conosci il tuo corpo conosci anche lo spazio e questo diventa di grande giovamento quando lavori anche con gli altri attori. In questo modo sai meglio come muoverti nello spazio e padroneggiare la scena. E quindi quella scena diventa tua permettendo a tutto di assumere più verità.
Da Marco Risi con Il Punto di Rugiada all’esperienza con gli altri registi
Legandoci ancora alle tantissime esperienze che hanno arricchito la sua carriera, vorrei soffermarmi sul suo rapporto con i tanti registi che l’hanno diretta. Quale aspetto in particolare vorrebbe evidenziare, rispetto a queste molteplici relazioni professionali?
Ho lavorato con tanti registi soprattutto nelle serie, perché lì hai la possibilità di conoscerti per lunghi periodi. Io ho fatto diverse serie da protagonista e lì lavori a stretto contatto anche per diversi anni e quindi quel regista, inevitabilmente, lo conosci più a fondo, così come conosci tutto il cast più a fondo, infatti diventa una famiglia. Mentre nel cinema ho avuto la possibilità di lavorare con dei grandi. E quando hai la possibilità di lavorare con questi grandi, come Marco Risi, ti ritrovi nella posizione di dover proprio ammirare certe cose, quasi in silenzio come se fosse un vero e proprio studio. Secondo me, un bell’atto di umiltà è proprio apprendere tanto, perché loro amano tanto quello che stanno facendo.
I registi non stanno facendo solo il loro film, ma è come se stessero mettendo al mondo un ‘figlio’ e quindi puoi solo rispettare tutto quell’amore che c’è. Proprio come mi è successo sul set de Il Punto di Rugiada. In questo set, infatti, la cosa bella è stata anche che, oltre ad avere un grande regista, avevamo anche dei grandi attori. Grandi a livello professionale, ma anche grandi d’età e davanti al loro potevi solo inchinarti alla loro arte e ammirarli in assoluto silenzio anche nei loro silenzi. Sono persone che hanno fatto tanto teatro e tanto cinema e hanno perso completamente le sovrastrutture e si donano per quello che sono, per la loro arte. E quando c’è questo, puoi solo ammirare in assoluto silenzio e dire: “Sono estremamente fortunata ad essere qui in questo set“.
Il ruolo di Luisa ne Il Punto di Rugiada
Ne Il Punto di Rugiada lei interpreta un ruolo chiave nella narrazione. Le chiedo quale relazione Lucia ha costruito con il personaggio di Luisa?
Quando reciti è un po’ una forma terapeutica, perché hai la possibilità di affrontare personaggi che sono lontani ma, allo stesso tempo, anche vicini a te. Recitando vai a lavorare su dei lati del tuo carattere e del carattere del personaggio. Io Luisa la amo particolarmente, innanzitutto perché ho fatto una bella preparazione. Mi sono chiusa per un mese e mezzo in una casa di cura per anziani ed ho cercato di capire il lavoro di un’infermiera all’interno di strutture come queste, quindi come si muovono, come si relazionano con gli anziani, come li toccano. E poi ho cercato di comprendere anche delle similitudini come me, con Lucia.
Ed ovviamente ho trovato delle cose in comune tra Luisa e Lucia, però è anche vero che ci sono delle rigidità che io non ho e questo mi ha portata ad andare più a fondo rispetto a caratteristiche che non avevo. Ho cercato di lavorare su due registri diversi rispetto alla relazione con gli anziani e i due giovani. Il mio compito è quello di fare un po’ da Caronte, ovvero andare ad inserire i giovani in un mondo a loro sconosciuto, che è quello degli anziani.
Le tematiche sociali al cinema
Possiamo dire che il confronto generazionale è il fil rouge di questo film. Quanto al giorno d’oggi era necessario affrontare un argomento in cui giovani e anziani potessero essere protagonisti insieme?
Oggi il cinema sta provando ad affrontare sempre di più tematiche che riguardano il sociale. Per fare un esempio, il tema della violenza sulle donne affrontato da Paola Cortellesi. Ed oggi c’è bisogno di educare anche attraverso questi messaggi che possono essere lanciati dal mondo dell’arte e nello specifico del cinema. Senza generalizzare, penso che attualmente i giovani non abbiamo, spesso, più le guide e penso a quanto oggi sarebbe invece fondamentale avere delle guide, mettere dei limiti e dire dei “no“.
Ci sono giovani che sono meravigliosi, ma c’è purtroppo anche quella fetta che ha bisogno di un’educazione e questo film, in qualche modo, si sposa con questa esigenza. Un po’ il film è anche questo: vedere quanto i giovani riescono ad entrare nel mondo degli anziani e quanto gli anziani riescono ad entrare nel mondo dei giovani e farli cambiare. Quanto abbiamo ancora bisogno di quelle memorie e di non abbandonarle, perché possono essere indispensabili per una crescita educativa e sentimentale.
Giovani: tra criticità e sogni nel cassetto
Oggi i giovani si trovano spesso al centro di criticità. Secondo lei, in che modo la relazione con le persone anziane può trasformarsi in uno stimolo per le nuove generazioni?
Noi i vecchi non li guardiamo nemmeno a volte, però non ci rendiamo conto che quelle persone possono ancora insegnarci tanto, proprio perché hanno delle memorie più importanti delle nostre. Io mi sento fortunata ad avere ancora la nonna e a me le persone anziane piacciono, perché in loro vedo qualcosa di vero così come nei bambini. Lavorare in questo set mi ha aiutata ancora di più a comprendere ed apprezzare questo aspetto: loro hanno abbandonato le sovrastrutture ed escono per la loro verità, perché hanno passato quell’età in cui devono dimostrare. Gli anziani sono in pace, come i bambini inconsapevoli, quindi portatori di cose belle.
Parlare di giovani, tuttavia, mi spinge in qualche modo anche a parlare di sogni nel cassetto e progetti. Prima di salutarla, mi piacerebbe chiederle: qual è il suo sogno nel cassetto?
Ho tanti sogni ma, ad oggi, mi piacerebbe tanto, e ci sto anche pensando, di fare uno spettacolo mio in cui vorrei occuparmi di teatro-danza e quindi di curare la parte coreografica e la regia. Mi piacerebbe mettere insieme il teatro e la danza, probabilmente perché io vengo un po’ dal mondo di Pina Bausch e mi piacerebbe molto provare a fare questa esperienza. Sarebbe una cosa ‘mia’, una mia creatura e per me sarebbe proprio un sogno massimo che spero di realizzare.