“Dieci Minuti” al cinema: una storia, un dramma borghese
Maria Sole Tognazzi ritorna con il film liberamente ispirato al libro di Chiara Gamberale
Dal 25 gennaio nei cinema Dieci Minuti, film diretto da Maria Sole Tognazzi, liberamente ispirato al libro della scrittrice Chiara Gamberale. E’ un film che va letto seguendo diverse prospettive, differenti punti di vista tutti legati ad una storia completamente contemporanea.
Dieci minuti al giorno possono cambiare il corso della giornata. Dieci minuti facendo qualcosa di completamente nuovo, possono cambiare il corso di una vita. Questo è quello che scoprirà Bianca (Barbara Ronchi) nel pieno di una crisi esistenziale. Nuovi incontri, la scoperta di legami speciali e l’ascolto di chi ci ha sempre voluto bene. Ma ci chiediamo: a volte basta poco per ricominciare?
Torna Maria Sole Tognazzi al cinema con Dieci Minuti, un film liberamente ispirato al libro Per dieci minuti scritto da Chiara Gamberale. L’opera dell’autrice – nel 2023 – ha compiuto ben dieci anni dal sua uscita, tornando in libreria con una nuova edizione arricchita dalla prefazione della Gamberale e dalle storie dei lettori cui ha cambiato l’esistenza. Ma oggi, concentriamoci sul viaggio di Maria Sole Tognazzi che con l’aiuto del libro di Chiara Gamberale e della sceneggiatrice Francesca Archibuigi ci conduce nella vita di Bianca e nei meandri della sua psiche e in quei luoghi oscuri che l’hanno condotta a compiere un gesto estremo come il tentato suicidio.
Dieci Minuti: quando il focus è il punto di vista della protagonista
Fin dai primi minuti del film percepiamo quanto la narrazione ci porti a guardare solo il punto di vista di Bianca. Quel punto soggettivo che ci limita a guardare solo (e lo ripetiamo) verso un’unica direzione. Poi, pian piano allarghiamo lo sguardo a contemplare la complessità della sua realtà e soprattutto dei suoi rapporti famigliari: con Niccolò (Alessandro Tedeschi), ma anche con i genitori, con l’amico di sempre e con la sorellastra.
Se ripetutamente, e in più modi, il film ci ha riportati sul punto dove era la protagonista a “non capire” e a “non vedere l’altro”, un’idea quasi rappresentativa del concetto è – per esempio – la valigia del marito di Bianca all’ingresso, messa di proposito e pronta per andarsene di casa, per raggiungere l’amante dopo 18 anni di matrimonio. Forse Bianca ha sempre capito e visto l’altro, ma lo potrebbe aver fatto portando lei stessa al centro di ogni cosa, sentendo lei sempre più dolore. Un dolore così profondo da non considerare il malessere dell’altro per poi negare alla fine che cosa? La realtà. Ma fino a che punto? Fino alla caduta.
Quando Niccolò, nel viaggio di ritorno dal teatro, le ricorda di quando gli era stata trovata una massa all’intestino, Bianca risponde di aver pianto tanto per poi sentirsi esclamare: “Ma hai pianto anche le mie lacrime!”. Il silenzio di Bianca accompagna il nostro e qui troviamo un nuovo punto di vista, quello che apre gli occhi e che fa riflettere! Ed è, forse, quello che ci fa sentire più vivi, sentendo anche l’altro.
Dal libro al film e una Margherita Buy strepitosa
Esattamente come racconta il libro, dopo la caduta Bianca intraprende un percorso di rinascita grazie alla psicoterapeuta Giovanna Brabanti interpretata da Margherita Buy che propone alla paziente di dedicare dieci minuti a qualcosa che non ha mai fatto nella vita. Bianca comincerà ad aprire lo sguardo verso il mondo e a conoscere gli altri, tra cui la sorella più piccola Jasmine (Fotonì Peluso), che il padre ha avuto da una relazione con un’altra donna. Rendere Per dieci minuti un film, non è stata un’impresa facile, come spesso accade nelle trasposizioni: con la consapevolezza che non si troveranno nella pellicola tutte le profondità e le sfaccettature che presenta invece il libro di Chiara Gamberale. Ma possiamo aspettarci invece di ritrovare sul grande schermo una Margherita Buy che porta in auge il profilo della specialista raccontato dall’autrice, ma anche perfettamente reale.
Non è essere burberi, ma far capire al paziente che non troverà un professionista che riuscirà a risolvergli i problemi sostituendosi a lui, o a dispiacersi per le sue sofferenze. Ma al contrario, qualcuno che gli farà vedere gli schemi disfunzionali che potrebbe aver portato avanti per tanto tempo. E torniamo nuovamente qui, nella realtà. Un’altra costante presente nel film è un’immagine ricorrente, anzi uno scricchiolio: sedie difettose che ha la dottoressa nel suo studio. La parafrasi è semplice: la psicoterapeuta mette alla prova chi le sta difronte. Ed ogni vota che ci accorgiamo che qualcosa sta portando la storia fuori dai binari, ecco che lo scricchiolio della sedia ci riporta al fattore ‘motivazionale’ pilastro del film.