La Corte internazionale di giustizia dell’ONU che ha sede all’Aia (in Olanda) ritiene che vi sia sufficiente urgenza per ordinare misure provvisorie contro Israele. Una presa di posizione, avvenuta nei giorni scorsi, che sta determinando conseguenze politiche in Medio Oriente. Di certo non stempera la tensione nell’area. A Gaza la guerra continua inesorabile e agghiacciante. 

La giudice americana Joan Donoghue ha ordinato il 26 gennaio a Israele di “prendere tutte le misure per prevenire qualunque atto di genocidio a Gaza“. La Corte non ha però affermato che è indispensabile un cessate il fuoco nella Striscia. E questo contrariamente a quanto chiedeva il Sudafrica, il paese che ha portato Tel Aviv davanti ai magistrati aprendo una controversia fra i due Stati, con accuse di crimini di guerra e genocidio verso i palestinesi. Donoghue ha ordinato a Israele di riferire alla Corte entro un mese e ha anche affermato che devono essere adottate misure per migliorare la situazione umanitaria nella Striscia. Israele deve inoltre “prendere tutte le misure in suo potere” per prevenire tutti gli atti che rientrano nell’ambito della convenzione internazionale sul genocidio. I magistrati hanno chiesto poi il rilascio immediato e incondizionato degli ostaggi israeliani nelle mani di Hamas a Gaza.

Al centro la presidente della Corte, Joan Donoghue. Foto Ansa/Epa Remko de Waal

La Corte su Israele

Per la giudice Donoghue “almeno alcuni atti sembrano in grado di rientrare nella convenzione sul genocidio“. “La Corte ritiene di non poter accogliere la richiesta di Israele di archiviare il caso“. Almeno alcune delle denunce di violazione dei diritti umani presentate dal Sudafrica sono giustificate. Joan Donoghue ha citato il coordinatore dei soccorsi d’emergenza delle Nazioni Unite, Martin Griffiths, che ha affermato che “Gaza è diventata un luogo di morte e disperazione“. Il giudice afferma che a Gaza sono state sfollate 1,7 milioni di persone e che l’enclave è diventata “inabitabile“. Ma osserva che i numeri provenienti da Gaza non si possono verificare in modo indipendente.

La reazione di Tel Aviv

Molto netta la reazione del premier israeliano Benjamin Netanyahu. “La stessa affermazione che Israele compia un genocidio del popolo palestinese è non solo menzognera ma anche oltraggiosa. La disponibilità della Corte di prenderla in esame è un marchio di vergogna che non sarà cancellato per generazioni“. Secondo il capo del Governo di Tel Aviv “Israele combatte una guerra giusta contro i mostri di Hamas e la Corte ha respinto giustamente la richiesta di privarci del diritto all’autodifesa“.

Il ministro israeliano della sicurezza, l’ultranazionalista Itamar Ben Gvir, ha definito la Corte dell’Aja “antisemita“. E ha affermato che le sue decisioni “dimostrano ciò che era noto da tempo: il tribunale non cerca la giustizia ma solo di perseguitare il popolo ebraico“. Su X ha scritto: ‘Aja del cavolo‘. Il commento del ministro non ha tenuto conto dell’ordine del premier Benyamin Netanyahu di non commentare le decisioni “in attesa di una posizione ufficiale di Israele“.

La reazione di Sudafrica e Hamas

La giornata di oggi segna una vittoria decisiva per lo Stato di diritto internazionale. E una pietra miliare significativa nella ricerca di giustizia per il popolo palestinese è il commento del ministero degli esteri del Sudafrica.Con una sentenza storica, la Corte internazionale di giustizia ha stabilito che le azioni di Israele a Gaza sono plausibilmente genocidio e ha indicato misure provvisorie su questa base. Per l’attuazione dello Stato di diritto internazionale, la decisione è epocale. Il Sudafrica ringrazia la Corte per la sua rapida decisione“. Quello dell’Aia è un passo importante che contribuisce ad isolare Israele ed “esporre i suoi crimini a Gaza“. Lo ha detto un esponente di Hamas, citato dai media internazionali e ripreso da quelli israeliani, facendo appello che “l’occupante applichi le decisioni” della Corte internazionale di giustizia.