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Impero Ferragni, il problema della reputazione

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Si allargano a macchia d’olio le indagini della magistratura sul business di Chiara Ferragni legato alla beneficenza. Anche Fabio D’Amato, stretto collaboratore dell’influencer, è indagato per truffa aggravata sui casi del pandoro Balocco e delle uova di Pasqua Dolci Preziosi nell’inchiesta della procura di Milano. Il fatto risulta dal provvedimento del procuratore generale della Cassazione, il quale ha stabilito che, tra Cuneo e Milano, dovranno essere proprio i pm del capoluogo lombardo a indagare sul caso del pandoro griffato. Perché i contratti tra le società dell’influencer e la Balocco sono stati siglati a Milano.

Le inchieste aperte su Ferragni sono in realtà ben 5: tre presso la procura lombarda e due presso quella piemontese. Queste ultime procedono autonomamente rispetto a quella sul pandoro. La posizione giudiziaria di Chiara Ferragni sembra dunque complicarsi. Come si legge nel provvedimento del pg della Cassazione in merito alla competenza territoriale, la procura di Milano sostiene che il profitto delle presunte truffe contestate a Chiara Ferragni per i casi del pandoro Balocco, delle uova pasquali Dolci Preziosi e della bambola Trudi, sia “consistito anche nel rafforzamento mediatico dell’immagine della influencer“.

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Chiara Ferragni col suo braccio destro Fabio D’Amato. Foto X @stexano

Il presunto “disegno criminoso” di Ferragni

E ciò perché l’imprenditrice ha guadagnato “dal crescente consenso ottenuto veicolando una rappresentazione di sé strettamente associata all’impegno personale nella charity“, ossia nella beneficenza. Per la procura lombarda ci sarebbero “indici esteriori, di tenore non equivoco” su “un’unitaria programmazione, nell’ambito di un medesimo disegno criminoso” legato alle presunte truffe.

Sostanzialmente identiche, fatta eccezione per i partner di volta in volta scelti. In tutti e tre i casi (del pandoro Balocco, delle uova di Dolci Preziosi e della bambola Trudi), l’influencer ha pubblicato sui suoi account social post e stories ad hoc. Ovvero che lasciavano chiaramente intendere che l’acquisto dei prodotti avrebbe contribuito a cause benefiche. Si tratterebbe di “video fuorvianti” per i consumatori, specifica la procura di Milano.

Del resto già a dicembre 2023, quando è esploso il caso delle presunte truffe a seguito di una maxi multa dell’Antitrust a Ferragni e Balocco, le accuse contro l’influencer apparivano circostanziate. Secondo l’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm), “le società hanno fatto intendere ai consumatori che, acquistando il pandoro ‘griffato’ Ferragni avrebbero contribuito a una donazione all’Ospedale Regina Margherita di Torino. La donazione, di 50mila euro, era stata invece già effettuata dalla sola Balocco mesi prima. Le società riconducibili a Chiara Ferragni hanno incassato dall’iniziativa oltre un milione di euro“. Insomma, ci sarebbe pubblicità ingannevole. E ci sarebbe, a seguito dell’avvio dell’inchiesta giudiziaria, anche vera e propria truffa aggravata, in base a un “disegno criminoso” costruito ad arte.

Il pandoro Balocco griffato Chiara Ferragni. Foto Ansa/Gabriele De Renzis

La fuga dei brand

A poco è servito, sul piano dell’immagine e della reputazione di Chiara Ferragni, il video di scuse dell’imprenditrice digitale che ha parlato di un “errore di comunicazione” e ha effettuato una donazione di 1,5 milioni all’Ospedale Regina Margherita di Torino. “Sono serena, ho piena fiducia nella magistratura” aveva dichiarato Ferragni in un comunicato. “Ho sempre agito in buona fede e sono certa che ciò emergerà dalle indagini in corso. Con i miei legali mi sono messa subito a disposizione per collaborare e chiarire ogni dettaglio di quanto accaduto nel più breve tempo possibile“.

Di più. L’influencer ha plaudito al cosiddetto ddl Ferragni con cui il Governo ha inasprito la repressione delle truffe legate alla beneficenza. Ma tutto ciò, se può aver contribuito ad arginare la fuga dei follower dai social  – su Instagram da 30 milioni è scesa a 29,3 milioninon ha fermato la fuga dei marchi. Sono ormai diverse le aziende ‘brandizzate’ da Ferragni che hanno interrotto la collaborazione. O che comunque considerano un ritorno d’immagine negativo per il loro business l’essere associate a Chiara Ferragni. Così, secondo l’opinionista-influencer Selvaggia Lucarelli, la Pantene “ha chiesto a profumerie e supermercati di eliminare i pannelli brandizzati Ferragni e di sostituirli con dei nuovi pannelli”.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore. Segui Domenico su Facebook Segui Domenico su Linkedin

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