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Caso Salis: Meloni telefona a Orban, possibile una svolta

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Sono ormai un caso politico internazionale le condizioni di detenzione di Ilaria Salis, la cittadina italiana di 39 anni in carcere a Budapest da 11 mesi. La donna, in attesa di giudizio, è accusata di aver aggredito due estremisti di destra ma si proclama innocente. All’udienza del 29 gennaio le guardie l’hanno trasportata in tribunale in catene, legata mani e piedi con i ceppi. Mentre una poliziotta la teneva tramite una catena-guinzaglio, come un animale.

Non si ricorda una scena del genere in Europa in tempi recenti, perlomeno nelle aule di tribunale dei 27 Stati membri dell’Unione europea. L’Ungheria è uno dei 27. Aver portato a processo una cittadina straniera, che oltretutto ha rifiutato di dichiararsi colpevole per ottenere uno sconto di pena – ora rischia 11 anni di carcere – è uno scandalo e un’ingiustizia che ha destato l’attenzione della stessa Commissione europea. Da tempo Bruxelles considera l’Ungheria del premier-padrone Orban come una “democratura“, ossia un paese d’Europa in cui non vige pienamente lo Stato di diritto. E dove i diritti civili delle persone sono compressi. Insomma, un paese autoritario, al limite della dittatura.

Merloni Orban caso Ilaria Salis Merloni Orban caso Ilaria Salis
Giorgia Meloni con Viktor Orban a Bruxelles il 14 dicembre 2023. Foto Ansa/Chigi

L’imbarazzo con l”amico’ Orban

La nostra legge vieta che si esibisca il detenuto con le manette e in condizioni di umiliazione mentre questo non è avvenuto in Ungheria. Su questo credo sia giusto intervenire“. Così il presidente del Senato, Ignazio La Russa, ha commentato la vicenda di Ilaria Salis alla trasmissione Avanti popolo su Rai Tre, il 30 gennaio. E ha ribadito la necessità di “non umiliare il detenuto, avere rispetto della dignità della persona anche quando è detenuta per reati gravi“.

Giovedì 1 febbraio si svolgerà il Consiglio europeo straordinario e in vista di questo appuntamento la premier Giorgia Meloni ha avuto un colloquio telefonico con il suo omologo ungherese Victor Orban. Meloni ha portato all’attenzione di Orban il caso Salis, dopo che il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha convocato l’ambasciatore ungherese in Italia chiedendo chiarimenti sulla vicenda.

La Farnesina chiede all’Ungheria misure alternative alla detenzione in carcere per Ilaria Salis. Il servizio penitenziario di Budapest parla di “falsità” sulle condizioni di detenzione. Ma le immagini della nostra connazionale in ceppi e catene sono inequivocabili. Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha affermato di aver saputo soltanto il 29 gennaio delle manette a mani e piedi. E ha precisato: “Orban non c’entra niente. Non è che il Governo decide il processo. La magistratura è indipendente“. Le opposizioni, per una volta unite, hanno chiesto che la premier Meloni riferisca in Parlamento.

Ilaria Salis con i ceppi ai piedi nell’aula di tribunale a Budapest il 29 gennaio 2024. Foto Ansa/RaiNews

Il padre di Salis: “L’Italia sapeva”

La famiglia di Ilaria Salis sta cercando di difendere la propria congiunta detenuta in Ungheria. Roberto Salis, padre di Ilaria, ha parlato così al podcast Metropolis di Repubblica. “Sta crescendo un’onda per cercare di screditare le azioni di mia figlia. Stanno girando foto di un reato commesso in Ungheria per cui mia figlia non è accusata“. Adesso “la cosa più importante è individuare quello che è il piano per arrivare ai domiciliari in Italia e per toglierla da una situazione insostenibile per poi fare il processo in condizioni umane“.

Credo che l‘Ambasciata italiana abbia partecipato ad almeno 4 udienze in cui mia figlia è stata portata in queste condizioni davanti al giudice. Noi fino al 12 ottobre, quando mia figlia ha scritto una lettera, non avevamo evidenza del trattamento che stava subendo. Gli unici che lo sapevano e non hanno detto nulla sono le persone dell’Ambasciata italiana in Ungheria” ha concluso Roberto Salis.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore. Segui Domenico su Facebook Segui Domenico su Linkedin

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