Le conseguenze della crisi nel Mar Rosso iniziano a pesare fortemente sull’economia del vecchio continente. Affossando anche le prestazioni economiche del nostro Paese. In soli 3 mesi difatti, secondo dati forniti da Confindustria, la situazione nel canale di Suez ha già fatto perdere 8 miliardi di euro al commercio estero italiano. L’Occidente intero e in primis l’Europa ora temono l’incubo dell’inflazione.
Il costo di spedizione delle merci infatti dal Sudest asiatico verso l’Europa nell’ultimo mese è già triplicato. Alcune multinazionali, come Tesla, sono state costrette a sospendere la produzione per mancanza di componenti, a causa di difficoltà nell’approvvigionamento delle risorse. Dopo aver assistito alle banche centrali alzare i tassi d’interesse vertiginosamente, per tenere a bada l’inflazione, questo stravolgimento economico rischia di far precipitare tutto. E riesumare lo spettro di una forte recessione alle porte. Secondo fonti iraniane, gli USA si sarebbero rivolti perfino alla Cina affinché intervenga con l’Iran. Ma la situazione è molto più complessa del previsto.
L’Europa e i timori dell’inflazione: rischio di interruzioni nella catena di approvvigionamento
La guerra nel Mar Rosso fra il blocco occidentale e le milizie Houthi non sembra destinata a terminare. La situazione è al contrario più tesa che mai, con i governi occidentali, tra cui l’Italia, che pattugliano l’area con navi militari per rispondere agli attacchi delle milizie yemenite. Il danno economico però è già sotto gli occhi di tutti, e rischia di diventare una catastrofe. Alla pari della pandemia, il caos nel canale di Suez ha già fatto schizzare i costi di spedizioni delle merci dal sud est asiatico verso l’Europa. E dilatandone anche i tempi, vi è il concreto rischio di interruzioni nella catena di approvvigionamento del Vecchio Continente, nonché di costi dei prezzi al consumo alle stelle. Come detto Tesla ha recentemente annunciato che sospenderà la produzione di auto nella sua sede a Berlino, in quanto sprovvista di alcuni componenti.
Tempi di consegna più lunghi e costi di spedizione più alti stanno trasportando “lentamente” l’Europa verso una fiammata inflazionistica certa. Che rinvierebbe così a data ignota il taglio dei tassi di interesse, tanto atteso dai mercati, da parte della Banca Centrale Europea, ma anche della FED. Creando delle condizioni favorevoli per una possibile recessione. Per evitare il peggio, gli USA avrebbero coinvolto anche la Cina. Spingendola a mediare con l’Iran affinché fermino gli attacchi Houthi per il ripristino della normalità sulle rotte commerciali del Mar Rosso. Dopotutto anche Pechino possiede un suo interesse economico nella stabilizzazione dei flussi commerciali fra Asia ed Europa. E difatti recentemente fonti iraniane avrebbero confermato che pressioni diplomatiche da parte del governo di Pechino su Teheran ci sarebbero effettivamente state. Ma purtroppo non è oro tutto quello che luccica.
Gli USA chiedono aiuto a Cina: ma le navi cinesi stanno facendo affari nel Mar Rosso
Le discussioni sugli attacchi e sul commercio tra Cina e Iran avrebbero avuto luogo in diversi recenti incontri a Pechino e Teheran. La Cina dopotutto possiede una notevole influenza economica sull’Iran, basti pensare ai loro rapporti commerciali sul greggio. Dove la domanda cinese pesa per circa il 90% dell’export del petrolio iraniano, mentre per la Cina rappresenta solo il 10% dell’import. Tuttavia secondo fonti del Financial Times, il pressing di Pechino avrebbe ottenuto scarsi risultati, perché in realtà le navi cinesi starebbero traendo a loro vantaggio la crisi del Mar Rosso. Alcune compagnie stanno sfruttando difatti la loro “immunità” dagli attacchi Houthi, che si stanno concentrando principalmente contro le compagnie occidentali, ritenute le più vicine a Israele. Mentre diverse compagnie di navigazione cinesi, hanno ridistribuito le loro navi per servire il Mar Rosso e il Canale di Suez. L’Europa ha “scelto” la soluzione militare, accodandosi all’iniziativa USA nel Mar Rosso. C’è da chiedersi se sia davvero la scelta giusta, visto che le bombe non stanno facendo altro che innalzare sempre di più la tensione nell’area. E isolarla dal commercio internazionale.