La protesta degli agricoltori che sta dilagando in tutta Europa non riguarda solo i rappresentanti di categoria. Ma trascina con sé delle importanti riflessioni, dove la posta in gioco non sarebbe solo il ricavo degli agricoltori di oggi, ma la geografia del sistema economico di domani. La questione espleta chiaramente la sconfitta sociale e politica di un sistema europeo che da tempo manca di visione e lucidità, ed è arroccato lontano dall’esigenze reali del popolo.
La fiducia nelle istituzioni europee, era già stata pesantemente compromessa dallo scandalo Qatar-gate. Dove era venuto alla luce un sistema di lobbying corrotto, che ha coinvolto vari funzionari di alto profilo della Commissione Europea. Le istituzioni europee allora riconobbero quanto l’UE sia fortemente esposta alle attività di lobbying di multinazionali private e Stati terzi. Ma l’avvenimento non rappresentò altro che la punta del iceberg. L’Unione Europea da tempo si dimostra in ambito economico, sociale e geopolitico l’anello debole dello scacchiere internazionale. Deludendo ogni aspettativa dei suoi straordinari padri fondatori.
L’Europa relegata al ruolo di nano politico ed economico su materie prime e catene d’approvvigionamento essenziali
L’Unione Europea avrebbe dovuto interpretare e tutelare gli interessi del Vecchio Continente nel mondo. Ma purtroppo è triste dover riconoscere che ciò è molto lontano dalla realtà che vediamo oggi. L’UE non solo ci appare impotente di agire nelle questioni geopolitiche ed economiche più importanti. Ma è sempre più lontana da quell’Europa dei popoli, che i suoi padri fondatori avevano auspicato. La rivolta degli agricoltori non è che l’ennesimo sintomo di una malattia ben più grave. Di un sistema istituzionale che da decenni non possiede alcuna progettualità nel mantenimento e nello sviluppo di un’autosufficienza strategica in settori chiave come quello alimentare ed energetico ad esempio. Per non parlare di quello tecnologico.
Non è un caso se il progetto europeo difatti, nato nel 1951 con la Comunità del Carbone e dell’Acciaio, si era fondato proprio sulla produzione delle materie prime indispensabili per lo sviluppo. Controllare le catene di approvvigionamento essenziali, è cruciale per l’indipendenza economica di qualsivoglia superpotenza. Peccato che l’Europa ha perso di vista da molto tempo questa verità geopolitica. Tanto che decenni dopo, con la guerra in Ucraina, ci siamo “scoperti” totalmente dipendenti dal gas russo. Possibile che nessuno avesse pensato ad un piano energetico comune europeo, che prevedesse quantomeno una diversificazione delle fonti di approvvigionamento? La risposta è no. Perché manca una visione politica coesa e strategica di lungo raggio.
La protesta degli agricoltori in Europa tra le lobby del cibo sintetico e la concorrenza sleale
La rivolta degli agricoltori, da Berlino a Roma, seppur nelle sue richieste eterogenee, condivide la stessa matrice. Prima di tutto oggi l’agricoltura è fortemente minacciata da potenti lobby che cercano di dirottare il mercato europeo verso la produzione in laboratorio di cibo sintetico. E che quindi non hanno nessun interesse di difendere o tutelare il settore, ma al contrario semmai di screditarlo e impoverirlo. Nonostante già uno studio approfondito della FAO in collaborazione con l’OMS, abbia descritto i cibi sintetici come “molto pericolosi per la salute”. E la loro produzione è tutt’altro che sostenibile, richiedendo attraverso i bioreattori chimici un consumo energetico spropositato. Ma vi sarebbe un altra questione essenziale e strutturale ad azzoppare oggi l’agricoltura: come la competizione sleale all’interno del mercato unico UE.
I prodotti agricoli oggi competono nel mercato unico europeo con prodotti a basso costo, provenienti da Paesi extra UE che possiedono regolamenti e standard sanitari completamente diversi se non agli antipodi. E che non tutelano affatto la salute dei consumatori. Per fare un esempio che ci riguarda da vicino prendiamo il grano. Un tempo la Sardegna e la Sicilia erano i cosiddetti “granai d’Italia”. Oggi nel nostro Paese le importazioni di grano canadese sono aumentate di ben 6 volte, mentre la nostra produzione è precipitata. In Canada però è noto l’uso del glifosato, un erbicida potenzialmente dannoso per la salute, il cui uso non è consentito in UE. Questo è solo un esempio dell’asimmetria degli standard che inevitabilmente produce una concorrenza sleale all’interno del mercato unico. E che va a danno non solo dei produttori che rispettano le numerose normative UE, ma anche dei consumatori che non vedono tutelato il loro diritto alla salute.
Serve una formula economica diversa: i pericoli del neoliberismo
Come se non bastasse la situazione potrebbe ulteriormente complicarsi. L’UE potrebbe difatti firmare a breve un accordo con i Paesi aderenti al Mercosur (Brasile, Argentina, Paraguay, ed Uruguay). In cambio di materie prime, vendute magari a basso costo e della tecnologia europea, progettano di invadere con i loro prodotti agricoli il mercato unico europeo. Il fatto è che al posto del forsennato e cinico dogma neoliberista – che offre il fianco al migliore offerente – l’Europa dovrebbe trovare una formula economica diversa per tutelare le proprie eccellenze e la propria storia. Bisogna trovare delle soluzione politiche ad hoc. L’Europa ha una tradizione agricola millenaria, e proteggere questo bene comune significa proteggere il diritto di tutte le generazioni future a condurre uno stile di vita sano, senza che un giorno esistano consumatori di serie A e di serie B. Le leggi di mercato devono seguire la legge degli uomini e non viceversa. Per questo va regolamentato, specie laddove non tuteli il bene più prezioso di tutti: la salute.