Tiziano Terzani vent’anni dopo, una luce nel buio della guerra
Il 28 luglio prossimo si ricorderà la morte del grande scrittore e giornalista. Un profeta controcorrente per il nostro tempo apocalittico
Il 2024 è l’anno in cui celebreremo i vent’anni esatti dalla morte di Tiziano Terzani (Firenze, 14 settembre 1938 – Orsigna, 28 luglio 2004). E mai come adesso l’Italia e il mondo hanno bisogno di riscoprire il suo messaggio di pace, contro ogni logica di guerra e di sopraffazione. Un invito a cambiare, a ridiscutere la globalizzazione e lo sviluppo economicistico che l’Occidente ha diffuso in tutto il mondo da trent’anni a questa parte. Da un lato contribuendo al miglioramento delle condizioni di vita di milioni di persone, ma dall’altro soffocando culture e civiltà, omologandole all’ideologia del mercato dove dominano i più forti. E per tutta risposta ricevendo l’attentato alle Torri Gemelle, nel 2001, e oggi l’infinita guerra della Russia in Ucraina. Oltre alla rivolta della Natura, i cui cambiamenti climatici stanno stravolgendo la Terra.
Giornalista, fotografo, grande inviato, scrittore e voce profetica dal carattere unico, Terzani a un certo punto della sua vita si era ritirato sull’Himalaya. Come l’asceta Narciso di Herman Hesse, cercava se stesso e il senso delle cose. Fino a quel momento aveva vissuto come Boccadoro, l’altro protagonista dell’opera del premio Nobel per la Letteratura. Tutto dedito alla scoperta del mondo. E al racconto delle rivoluzioni: da quella vietnamita fino a quella cambogiana. Passando poi per il racconto della Cina, del Giappone e della Thailandia. Insomma dell’Asia, che era la sua casa, e dove si era trasferito a vivere con la moglie Angela Staude e i figli Folco e Saskia.
Un uomo dalla curiosità insaziabile
L’entusiasmo di vedere con i propri occhi, raccontare e sperimentare un continente da sempre amato e in cui ha a lungo vissuto lo avevano travolto. Fino al disincanto. E alla convinzione che occorresse battersi per la pace e la fratellanza fra i popoli, senza più pensare che un modo di vita, una ideologia o una filosofia fossero migliori delle altre. A costo di mettere in discussione non soltanto la civiltà e l’ordine mondiale occidentale da cui proveniva, ma anche le proprie idee e convinzioni giovanili, per provocare un cambiamento globale a beneficio di tutti.
La spiritualità asiatica, dalle radici plurimillenarie, fondata sulla ricerca dell’armonia universale e personale, aveva toccato profondamente Tiziano Terzani. Quando lo scrittore fu colpito da un cancro la ricerca della verità di cui si era reso protagonista per tanti anni si spostò dai fatti all’interiorità. E lo portò a concepire il giornalismo soltanto come una fase della sua esistenza. Negli ultimi tempi lasciò l’Asia e ritornò all’Orsigna, paese dell’Appennino pistoiese dove aveva vissuto da bambino con la sua famiglia, pur essendo nato a Firenze. L’autore di un indovino mi disse, La fine è il mio inizio e L’ultimo giro di giostra, non fu molto conosciuto in Italia nel corso della lunga e brillante carriera giornalistica. La svolse, perlopiù, per giornali e riviste straniere, come il settimanale tedesco Der Spiegel.
Perché siamo infelici?
Il monologo senza tempo di Tiziano Terzani pic.twitter.com/8oudLUlycO— Poesia (@Poesiaitalia) January 22, 2024
Terzani e Fallaci, sfida fra colossi
La sua stella brillò per l’ultima volta in tutto il suo splendore nell’epico incontro-scontro con una sua vecchia conoscenza: la collega Oriana Fallaci. Due fiorentini, due giganti della scrittura. L’11 settembre 2001 i terroristi di Al-Qaeda, l’organizzazione militare ultraislamista che faceva capo allo sceicco Osama bin Laden, compirono gli attentati alle Torri gemelle di New York. Per la prima volta dal crollo del Muro di Berlino l’America e il mondo occidentale si sentirono sotto attacco. Dalle colonne del Corriere della Sera Oriana Fallaci espose le sue tesi nel celebre articolo La rabbia e l’orgoglio (da cui poi fu tratto l’omonimo libro). Tiziano Terzani le rispose a più riprese e ne nacque il suo libro Lettere contro la guerra.
Contro la guerra, per l’armonia
Un esempio magistrale di che cosa significasse opporsi a una logica di risposta armata e di guerra contro i terroristi. Terzani paragonò il dopo 11 settembre a quel lasso di tempo che intercorre tra il bagliore del lampo e il fragore del tuono. Noi stiamo vivendo in questo lasso di tempo, argomentava. C’è stato già il bagliore spaventoso del lampo (l’attentato alle Torri), il botto arriverà e potrebbe travolgerci. Sarebbe meglio che ci attrezzassimo cominciando dal nostro vivere quotidiano che non può più essere come prima.
Dovremmo prendere coscienza – diceva Terzani – che la pace è la sola opzione, che mai la guerra è soluzione ma fonte di altra guerra. E che non si può pensare di sconfiggere il terrorismo senza la conoscenza delle motivazioni da cui scaturisce e senza il ripensamento della globalizzazione occidentale. L’essere umano è l’unica opzione, per Tiziano Terzani. Così come il recupero di un equilibrio con il pianeta che lo ospita. Questi sono ancora giorni in cui è possibile farlo, scriveva il grande cronista. Il viaggio è lungo, l’inizio è in noi. Perché – afferma Terzani nell’ultimo docufilm su lui, di Mario Zanot – Il viaggio della vita (2023) – “l’unico vero maestro non è in nessuna foresta, non è in nessuna capanna, non è in nessuna caverna di ghiaccio dell’Himalaya: è dentro di noi“.