Ore decisive per la vita di Julian Assange, australiano di 53 anni, in carcere a Londra da 5 anni. Si svolge fino al 21 febbraio un’udienza speciale presso l’Alta Corte britannica per decidere una volta definitivamente sull’estradizione dell’imputato negli Usa, dove lo si accusa di spionaggio e dove rischia una pena massima di 175 anni di galera. Il giornalista e attivista, fondatore della piattaforma online WikiLeaks, ha svelato al mondo crimini di guerra americani in Iraq e Afghanistan negli Anni Duemila tramite la divulgazione di migliaia di documenti segreti dell’amministrazione degli Stati Uniti.
I giornalisti di WikiLeaks, nata nel 2006 con l’obiettivo di raccogliere e divulgare carte e notizie su “comportamenti non etici” di Governi e aziende di tutto il mondo, avevano ricevuto e pubblicato nel 2010 file top secret da alcuni informatori come il soldato Chelsea Manning, poi arrestato, processato e condannato. L’Amministrazione Obama aveva rinunciato a perseguire Assange e aveva ridotto la pena a Manning a ‘soli’ 7 anni di carcere. Con la presidenza di Trump la determinazione politica americana si era capovolta. Facendo ricorso all’Espionage Act del 1917, si era di nuovo data la caccia al fondatore di WikiLeaks. E a tutt’oggi l’Amministrazione di Joe Biden – che fu vice di Obama – ne chiede l’estradizione dall’Inghilterra che lo aveva nel frattempo incarcerato nel penitenziario di massima sicurezza di Belmarsh nel 2019.

L’America e Assange
Se il 21 febbraio, a conclusione dell’udienza, l’Alta Corte britannica dovesse respingere l’appello che i legali di Assange hanno presentato è possibile una rapida estradizione negli Usa del cronista più ricercato del mondo. In America lo aspetta un processo che lo vede imputato per la pubblicazione di 700mila documenti secretati relativi ad attività militari e diplomatiche statunitensi, a partire dal 2010. Accuse che potrebbero costargli una condanna fino a 175 anni di carcere. Nel caso in cui Londra rigettasse il suo appello, l’unica possibilità che gli rimarrebbe per evitare l’estradizione sarebbe la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU).
BREAKING IN LONDON: Huge crowd of protesters gathers in front of the Supreme Court in London, UK, to demand freedom for WikiLeaks founder Julian Assange. WATCH pic.twitter.com/XY1OZ7Ngs8
— Simon Ateba (@simonateba) February 20, 2024
In queste ore, la moglie Stella Morris non ha mai smesso di fare pressione affinché i giudici decidano di rigettare le richieste americane. Morris ha sottolineato come la decisione dei magistrati “stabilirà in sostanza se lui vivrà o morrà”, dato che il fondatore di WikiLeaks risulta già fortemente indebolito fisicamente e psicologicamente per la sua detenzione, e che potrebbe suicidarsi. Assange, del resto, non è comparso in aula a Londra, il 20 febbraio, perché “non si sente bene” ha detto l’avvocato Edward Fitzgerald senza fornire ulteriori dettagli. Fuori dal tribunale si è tenuta una manifestazione con decine di sostenitori. Diversi attivisti hanno parlato da una postazione improvvisata chiedendo la liberazione del giornalista e invocando la libertà di stampa e la difesa dei diritti umani.
Russia e Bielorussia
Per una macabra coincidenza la vicenda Assange-WikiLeaks sta raggiungendo il culmine nei giorni in cui il mondo è rimasto attonito per l’oscura morte in Russia di Alexei Navalny, 47 anni. Del maggior oppositore di Putin, detenuto in una colonia penale in Siberia, è stato annunciato il decesso il 16 febbraio. Il 20 febbraio la madre, Ludmila Ivanovna Navalnaya, a cui le autorità hanno negato anche solo di vedere il corpo, ha rivolto un appello in video a Putin: “Restituiscimi la salma di mio figlio perché possa seppellirlo“. Nelle stesse ore si è appreso che in Spagna è stato assassinato da ignoti il pilota elicotterista russo Maxim Kuzminov, 33 anni, che si era consegnato alle autorità ucraine nell’agosto 2023.
Heartbroken by the death of political prisoner Ihar Lednik, one of the leaders of Belarusian Social Democrats & a tireless fighter for freedom. This death is a tragic symbol of the brutality of Lukashenka’s regime. It must be held responsible for every death, for every hero lost. pic.twitter.com/tkj4JIQz6j
— Sviatlana Tsikhanouskaya (@Tsihanouskaya) February 20, 2024
Sempre il 20 febbraio si è avuta notizia dalla Bielorussia della morte in galera di Ihar Lednik, 64 anni, storico oppositore di Aleksandr Lukashenko. Lednik era finito agli arresti nel 2022 e condannato a 3 anni per “diffamazione” contro il dittatore. Viasna (Primavera), organizzazione non governativa per i diritti umani, ha reso noto che durante la detenzione le sue condizioni di salute erano molto peggiorate. Nel 2022 il Premio Nobel per la Pace era andato fra gli altri ad Ales Bialiatski, avvocato e attivista bielorusso incarcerato a causa della sua lotta per i diritti umani e tra i fondatori di Viasna. Lo scorso anno Bialiatski ha ricevuto un’ulteriore condanna a 10 anni di carcere.