Navalny è un prodotto mediatico dell’Occidente?
Le idee ultra-nazionaliste e xenofobe di Navalny. E l'ipocrisia dell'Occidente sul caso Assange
Tutta l’opinione pubblica occidentale è oggi unita nel cordoglio attorno alla figura del noto dissidente russo Alexei Navalny. A seguito della notizia della sua morte avvenuta nel carcere siberiano di Kharp, nella Siberia del Nord.
Eppure, fermo restando lo straordinario coraggio dimostrato da Navalny, che ha messo a repentaglio la sua vita per perseguire le sue azioni, vi sono parecchie luci e ombre attorno alla sua ascesa mediatica e alle sue reali idee politiche, che i governi occidentali oggi fanno finta di non sapere. Senza contare che esistono altri Alexei Navalny nel mondo, che oggi vengono altrettanto perseguitati e segregati proprio da democrazie occidentali, come Julian Assange. E che non ricevono la medesima attenzione mediatica.
Navalny e Assange: che fine fa chi attacca il potere
Senza alcun dubbio Alexei Navalny ha dato dimostrazione di un coraggio straordinario, portando avanti in questi anni una battaglia mediatica molto incisiva contro il sistema di potere putiniano. Ma l’ascesa del dissidente russo nell’arena e le sue idee politiche non combaciano affatto con l’immagine dell’eroe che i media occidentali oggi stanno cucendo ad hoc. Sventolandolo come il simbolo dell’eroe democratico e liberale contro il potere putiniano corrotto e dittatoriale. Creando un immagine mediatica suggestiva che serve a ribadire oggi al mondo, secondo il racconto filo-atlantista, chi sia dalla parte dei buoni e chi invece rappresenta il male, come Putin. Eppure molto spesso il mondo non è diviso in bianco e nero. E chiunque nella storia moderna abbia mai attaccato un sistema di potere, sia democratico che autoritario, non ha mai avuto e mai avrà vita facile. Oggi è infatti Alexei Navalny, ma domani la stessa sorte potrebbe toccare a Julian Assange. Per mano di un Paese democratico come gli USA.
Perseguitato da Washington, Assange dal 2019 è rinchiuso nel carcere di massima sicurezza di Belmarsh, il più duro del Regno Unito, in attesa della decisione sull’estradizione richiesta dagli Stati Uniti. Il fondatore della piattaforma Wikileaks, alla pari di Navalny è braccato perché ha osato sfidare un sistema di potere. Pubblicando a partire dal 2010 documenti top secret, intercettati in particolare al Pentagono, contenenti evidenze di crimini di guerra commessi nei conflitti internazionali – in particolare in Afghanistan e in Iraq – dagli Stati Uniti e da altri Paesi. Solo che il caso Assange, non riceve oggi la medesima attenzione mediatica da parte delle cancellerie occidentali come il caso Navalny. Osannato e difeso a spada tratta negli ultimi anni come baluardo democratico in un regime autoritario. Mentre in realtà l’estrazione politica di Navalny è tutt’altro che democratica.
Le idee ultra-nazionaliste e xenofobe del dissidente russo
Il “Julian Assange russo” in realtà ha sempre rivendicato e difeso le proprie simpatie ultranazionaliste. Partecipando all’annuale Marcia Russa dell’ultra-destra ad esempio. E contemplando in passato anch’esso l’idea di una riunificazione di Ucraina e Bielorussia sotto Mosca. Iniziative che nel 2007 gli costarono l’espulsione dal partito liberale Jabloko, dove militava dal ’99. E che nel 2007 lo spinsero a fondare un movimento politico chiamato Narod (Popolo, n. d. r.), che aveva come priorità la tematica dell’immigrazione. Il movimento venne criticato allora per le sue posizioni xenofobe, come quando, in un video dell’organizzazione, Navalny paragonava i militanti jihadisti del Caucaso, scuri di pelle, a degli scarafaggi, che vanno eliminati con un colpo di pistola. E quando l’anno dopo, nel 2008, scoppiò il conflitto in Ossezia del Sud, Navalny sostenne l’intervento russo a Tbilisi invocando l’espulsione dei georgiani chiamandoli “grizuni”: “roditori”.
Ciò non bastasse ha affermato più di una volta che se fosse mai diventato presidente, non avrebbe restituito la Crimea all’Ucraina. Non è un caso infatti se nel Febbraio 2021 Amnesty International aveva ritirato a Navalny il premio “prigioniero di coscienza”. Proprio a causa di questi video pro-nazionalisti che giravano sul web e che non facevano di certo comodo per le vicende della guerra in Ucraina. Navalny dunque potrebbe essere un prodotto mediatico sfruttato in chiave anti-Putin dall’Occidente. Curiosa è infatti la tempistica della sua ascesa e del suo cambio di rotta politico, avvenuto intorno al 2011-2012. Gli anni in cui la cancelliera Angela Merkel progettava di intensificare l’abbraccio economico con la Russia, con la costruzione di Nord Stream 2. Un progetto che spaventava a morte gli americani.