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Naufragio di Cutro, un anno fa la strage dei migranti. Perché i soccorsi arrivarono così tardi?

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Sulla spiaggia di Steccato di Cutro (Crotone) almeno un centinaio di persone ha voluto ricordare, il 26 febbraio, la tragedia di un anno fa. Ovvero il naufragio dell’imbarcazione turca “Summer Love” carica di migranti che provocò la morte di 94 persone, 35 delle quali minorenni: bambini e ragazzi. Furono 81 i sopravvissuti, ma a tutt’oggi – dopo 12 mesi – ci sono ancora circa 10 dispersi.

I partecipanti alla cerimonia hanno sistemato in cerchio 35 peluche con al centro una maglietta bianca con la scritta “Kr46M0“. Ovvero la dicitura con cui si indicò uno dei bimbi di pochi mesi morto nel naufragio. C’erano anche 94 candele accese a rischiarare il buio della notte. Si tratta di un’iniziativa voluta dalla rete “26 Febbraio” che riunisce circa 400 associazioni. La manifestazione è avvenuta alle 4 del mattino, l’orario in cui avvenne lo scontro del barcone contro una secca ad appena un centinaio di metri dalla riva di Steccato di Cutro.

Nella notte circa 100 persone hanno ricordato le vittime del naufragio di un anno fa a Cutro, alle 4 del 26 gennaio. Foto Ansa/Luigi Salsini

Cutro, cosa chiedono i sopravvissuti

Anche alcuni superstiti e familiari delle vittime hanno voluto essere presenti alla cerimonia in ricordo dei propri cari, anche per chiedere giustizia. Straziante il pianto di una donna afghana che nel naufragio ha perso la sorella e due nipoti. La donna non ha retto all’emozione di trovarsi a pochi metri da quel mare – agitato come lo era quella notte – che le ha portato via i suoi cari ed ha avuto un malore. “Ho rivissuto le stesse emozioni di quel giorno, quando la barca è affondata ed è stato molto difficile“.

Queste le parole, raccolte dall’Ansa, di Samir, ragazzo afghano di 18 anni, che si è salvato aggrappandosi ad un pezzo di legno. “I soccorsi sono arrivati tardi – ricorda – avevamo visto una luce e e pensavamo fossero i soccorsi. Invece era un peschereccio e quando siamo giunti sulla spiaggia non c’era nessuno“. Adesso il giovane vive ad Amburgo, in Germania. Ai Governi italiano e tedesco chiede l’apertura di corridoi umanitari per potersi ricongiungere con i familiari rimasti in patria. Lo stesso chiedono tutti gli altri familiari delle vittime e i superstiti.

Durante la commemorazione silenziosa, lo zio di un ragazzo morto nel naufragio, ha recitato alcuni versetti del Corano. Quindi superstiti e familiari delle vittime hanno pregato in direzione della Mecca. Al termine, due superstiti, insieme ai due pescatori che per primi intervennero sul luogo della strage, hanno gettato una corona di fiori, quindi si sono stretti in un abbraccio sciogliendosi in lacrime al ricordo di quella notte di un anno fa.

Foto Ansa/Luigi Salsini

Cosa è successo quella notte

Cosa è accaduto nella notte fra il 25 e il 26 gennaio 2023? Attorno alle 23 del 25 gennaio un velivolo dell’agenzia europea Frontex, che monitora i flussi migratori nel Mediterraneo, segnala alle autorità italiane la presenza di un’imbarcazione carica di migranti a 40 miglia dalla costa calabrese. Il mare è molto agitato: forza 4, con vento a forza 5. Nessun mezzo esce al largo. Secondo la ricostruzione dei fatti del quotidiano Avvenire, l’evento non viene gestito come Sar (Search and rescue, ricerca e soccorso), cioè col movimento in acqua di mezzi di soccorso attrezzati per il mare grosso. Ma come Law enforcerment (attività di contrasto all’immigrazione clandestina). Partono quindi le motovedette della Guardia di finanza, non sufficientemente attrezzate per soccorsi col mare grosso a molte persone. Alle 3.48 del mattino rientrano in porto. Alle 4.15 avviene il naufragio a 100 metri dalla riva di Cutro. I primi soccorsi da terra arrivano alle 5; quelli della Guardia costiera, dal mare, arrivano alle 7.

Perché i soccorsi sono arrivati tardi?

Perché, se si sapeva dalle 23 che in mezzo al mare c’era un barcone con molte persone a bordo, in situazione di potenziale pericolo, i soccorsi si sono palesati così tardi? È la domanda a cui gli investigatori della procura di Crotone stanno cercando di rispondere, mentre la Direzione distrettuale antimafia (Dda) di Catanzaro indaga sulla rete di trafficanti di uomini che in Turchia e altrove hanno organizzato il viaggio finito col naufragio.

A sentenza è arrivata lo scorso 7 febbraio un’altra inchiesta dei pm di Crotone da cui è scaturito un processo. Ovvero quello sugli scafisti. Gun Ufuk, 29 anni, turco, è stato condannato a 20 anni di carcere e 3 milioni di euro di multa. Il processo resta in corso a carico di altri 3 presunti scafisti. A livello europeo a tutt’oggi non esiste un sistema di salvataggi in mare coordinato a livello continentale: tutto è rimesso alla buona volontà della Guardia costiera del paese di turno.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore. Segui Domenico su Facebook Segui Domenico su Linkedin

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