È piuttosto probabile, a meno di clamorose sorprese, che Ursula von der Leyen si assicuri quest’anno un secondo mandato da presidente della Commissione europea. Il Partito popolare europeo (Ppe), che raduna le forze centriste democristiane, ha formalmente candidato l’ex ministra della Difesa tedesca per un altro quinquennio.

Von der Leyen ha dato il via alla sua campagna elettorale in queste ore da Berlino. Meno Green Deal – il patto per un’economia ecologica che ha fatto scoppiare la durissima protesta degli agricoltori di tutta Europa – e più attenzione alla competitività. Questi i primi punti in gioco. Ma non solo. Dopo un primo mandato travagliato dalla variabile emergenze – la pandemia di Covid e poi la guerra in Ucraina – ora la presidente uscente della Commissione punta sulla difesa europea comune. E, parafrasando quanto negli Usa Joe Biden va dicendo del suo sfidante Donald Trump, attacca: “L’ultradestra vuole distruggere l’Europa“. Sarà lei la ‘Giovanna d’Arco’ che proverà a fermare la montante ‘marea nera’.

La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. Foto Ansa/Epa Filip Singer

Nuove sfide per von der Leyen

Ma è davvero così? Di certo i partiti conservatori e anche quelli di estrema destra sono in ascesa, o già al potere, in vari paesi dell’Unione europea: dalla Spagna alla Francia e all’Italia, fino alla Germania, all’Olanda e alla Svezia. E questa volta Von der Leyen si trova nella delicata gestione del suo duplice ruolo: presidente della Commissione che rappresenta l’interesse generale e candidata del Ppe. Molto dipenderà dai risultati delle elezioni in tutti gli Stati dell’Unione per il rinnovo del Parlamento europeo del 6-9 giugno prossimi. Tuttavia, al momento, von der Leyen non sembra avere avversari. L’unico altro Spitzenkandidaten – il “candidato di punta” – è quello dei socialisti: il lussemburghese Nicolas Schmit, attuale commissario al Lavoro.

“No agli amici di Putin nella Ue”

La battaglia politica, però, non sarà tanto tra Ppe e socialisti ma in primo luogo tra europeisti e partiti euroscettici e addirittura contrari all’Unione europea. L’ascesa delle destre e dei sovranisti è una costante degli ultimi sondaggi e potrebbe squassare gli equilibri del potere comunitario, basato sulla triade popolari-socialisti-liberali. Non a caso, von der Leyen ha messo subito in chiaro un punto: “La cosa più importante è la democrazia, lo Stato di diritto e la pace che abbiamo costruito insieme“. E “il compito di questa campagna elettorale” è “chiarirlo ai nostri avversari, cioè Putin e i suoi amici. Sia che si tratti di AfD, di Marine Le Pen, di Wilders o di altre forze estreme. Loro vogliono distruggere l’Europa“, ha scandito in conferenza stampa da Berlino.

Ursula von Der Leyen con Giorgia Meloni. Foto Ansa/Max Cavallari

Il dialogo con le destre

I nomi citati da von der Leyen non sono causali. Nel Ppe si vuole dialogare con una parte delle destre escludendo quelle più estreme. Sulla base di tre condizioni: essere filo-Ue, filo-Ucraina e a favore dello Stato di diritto. Cose che in paesi come l’Ungheria, la Polonia, o la Repubblica Ceca, non sono scontate. L’obiettivo quindi è ottenere l’appoggio delle destre considerati moderate, a cominciare da FdI di Giorgia Meloni. Su di lei von der Leyen ha puntato da tempo per blindare la sua conferma, con risultati finora positivi.

Tra i 27 l’attuale presidente parte in grande vantaggio. Berlino, sebbene sia guidata da un cancelliere socialista, ha già assicurato il suo appoggio. La Spagna di Pedro Sanchez non sarà da meno mentre in Francia Emmanuel Macron, incassando l’accelerazione dell’Ue sulla difesa europea, ha avuto il suo tornaconto. A von der Leyen serve la maggioranza qualificata dei Governi e probabilmente la otterrà.

Diverso è il discorso all’Eurocamera, dove la maggioranza Ppe-S&D-Renew Europe rischia di essere troppo risicata. Servirà l’appoggio di una parte delle destre, appunto, o, in alternativa, dei Verdi. Ma è alle prime che il Ppe guarda da tempo, in particolare al gruppo dei Conservatori e Riformisti, dove siede Fratelli d’Italia. E l’ipotesi di un ingresso fra i Conservatori di Fidesz, il partito del premier-padrone dell’Ungheria, Viktor Orban, alleato di Fratelli d’Italia, complicherebbe di molto il dialogo di Meloni con il Centrodestra moderato.