Haiti fuori controllo, decine di migliaia di persone in fuga
Mentre il premier Henry è in Kenya a trattare l'invio di una forza d'interposizione, l'alleanza delle gang assalta banche e penitenziari
Ad Haiti – la grande isola caraibica che è anche uno dei paesi più poveri del mondo – la situazione è fuori controllo. Negli ultimi giorni Port-au-Prince, la capitale, sembra essere precipitata nel caos più totale. Il 5 marzo violenti scontri si sono verificati fra poliziotti e bande armate all’aeroporto internazionale Toussaint Louverture. Cancellati i collegamenti aerei in seguito allo stato di emergenza e al coprifuoco adottati in seguito alla maxi evasione di migliaia di detenuti dal più grande carcere della capitale haitiana.
Mentre le bande armate rivendicano di controllare “l’80% di Port au Prince” e di puntare all’assalto della Banca centrale, decine di migliaia di persone hanno lasciato le proprie abitazioni e sono fuggite dalla capitale per il timore della crescente insicurezza. Il Governo di Haiti ha dichiarato lo stato d’emergenza, dopo gli assalti delle gang ai due più grandi penitenziari del paese.
Haiti, assalto alle carceri
Almeno 4mila detenuti sono riusciti a scappare. Tra le prime misure che le autorità hanno preso c’è il coprifuoco, di 72 ore, dalle 18 alle 5 del mattino. Vale sia per la capitale Port-Au-Prince che per tutto il territorio dell’ovest. La speranza, del presidente ad interim Patrick Michel Boivertdi, è di “ripristinare l’ordine pubblico“. Il primo ministro Ariel Henry, che si trova in Kenya, è impegnato a stringere un accordo affinché si acceleri il dispiegamento ad Haiti delle forze di sicurezza multinazionali, guidate dai kenioti.
Il nodo dell’evasione dai penitenziari è legato, appunto, alla decisione del Governo di contrastare la criminalità. Da lunghi anni Haiti è in una sostanziale anarchia, in mano alle bande armate. Secondo la Bbc, la criminalità organizzata controllerebbe l’80% del territorio di Port-au-Prince. Pertanto il braccio di ferro si è trasformato in un’ondata di violenza. Che è cominciata quando il premier Henry si è recato a Nairobi per discutere l’invio ad Haiti di una forza di sicurezza multinazionale guidata dal Kenya. Accordo che, stando alle dichiarazioni del presidente keniano William Ruto, è stato raggiunto e diventerà presto operativo.
Dal fronte opposto, ovvero quello dei ribelli e delle bande armate, c’è l’obiettivo di lanciare un’azione coordinata per cacciare il premier Ariel Henry, che di fatto guida il paese dall’assassinio, nel 2021, del presidente della Repubblica, Jovenel Moïse. Un capo di Stato a cui finora non ne è succeduto alcun altro. Il capo delle gang, Jimmy Chérizier, soprannominato Barbecue, guida la ribellione, a cavallo fra criminalità e progetti politici. Sarebbe appunto lui ad aver organizzato l’evasione dei detenuti, tra i quali ci sono esponenti di bande criminali che la polizia aveva arrestato proprio in relazione all’assassinio di Jovenel Moïse. Tra i pochi a non evadere ci sono, invece, i 18 ex soldati colombiani arrestati nel 2021 con l’accusa di essere mercenari.
L’assassinio del presidente nel 2021
Il 46enne Chérizier, alias Barbeque, era un ex ufficiale della polizia nazionale haitiana. In qualità di agente di polizia, secondo le Nazioni Unite avrebbe avuto un ruolo in numerosi massacri. Fra cui l’uccisione di oltre 70 persone nel 2018, quando furono date alle fiamme oltre 400 case nel quartiere La Saline di Port-au-Prince. Chérizier ha creato nel 2020 di un’alleanza tra bande. Diretta da lui, riunisce 9 gang dell’area della capitale e si chiama G9 Family and Allies. Nel 2021, l’allora presidente Jovenel Moïse fu assassinato e Chérizier sollecitò le proteste, accusando i leader dell’opposizione e la polizia di aver ideato il suo omicidio.
Dagli Stati Uniti, paese che ha un forte interesse a controllare ciò che accade nei Caraibi, alcuni magistrati che si occuparono del caso dissero che c’era stata una cospirazione per sostituire Moïse con un pastore della Florida. Un giudice di Haiti ha invece puntato il dito contro la vedova di Moïse, ovvero la ex first lady Martine Moïse. La donna avrebbe complottato con il primo ministro uscente, Claude Joseph, per far sì che fosse lei stessa a salire alla carica presidenziale dopo la morte del marito. Si tratta di un’ipotesi. Ma di certo in seguito all’omicidio del presidente, la situazione della sicurezza ad Haiti è peggiorata. E l’isola è divenuta un ‘centro di sequestri’ di persona a scopo di estorsione.