“A trent’anni dall’agguato mortale che spezzò le vite di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, il loro ricordo è presente come nei giorni drammatici in cui la terribile notizia da Mogadiscio piombò sul nostro Paese. Erano giornalisti di valore alla ricerca in Somalia di verifiche e riscontri su una pista che avrebbe potuto portare a svelare traffici ignobili”. Lo ha detto il 20 marzo il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.
Le Medaglie d’oro al Merito Civile, di cui Alpi e Hrovatin sono stati insigniti – ricorda il Capo dello Stato – “testimoniano il valore che la Repubblica riconosce alla loro opera. Un prezzo pagato nell’esercizio di un diritto, quello all’informazione, che – sottolinea Mattarella – è un presidio essenziale alla libertà di tutti e un pilastro su cui si regge la vita democratica.
“Gli assassini e i mandanti sono ancora senza nome e senza volto” ha sottolineato Mattarella. “Dopo indagini, depistaggi, ritrattazioni, processi finiti nel nulla. È una ferita che riguarda l’intera società. Le istituzioni sanno che non ci si può mai arrendere nella ricerca della verità. Il valore dell’autonomia della stampa libera è sotto attacco in tante parti del mondo. Molti giornalisti pagano con la vita la loro indipendenza dai poteri, la loro ricerca di verità. Il ricordo di Alpi e Hrovatin – conclude Mattarella – suona anche come impegno, a rimuovere gli ostacoli alla libertà di informazione, ovunque si manifestino“.
Il 20 marzo del 1994, Ilaria Alpi e Miran Hrovatin furono uccisi in Somalia mentre indagavano su traffici di armi e rifiuti tossici. Valerio Cataldi è tornato a Bosaso, dove i protagonisti sono cambiati ma l’atmosfera è sempre ostile e minacciosa https://t.co/zHbcHbGQ2Q
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Chi era Ilaria Alpi
Ilaria Alpi, giornalista della Rai, muore assassinata a 33 anni non ancora compiuti il 20 marzo 1994 in Somalia, a Mogadiscio, assieme al suo operatore Miran Hrovatin. Nel 2017 la procura di Roma chiede di archiviare ogni indagine ancora aperta, per la ritenuta impossibilità di arrivare alla verità. E questo dopo che nel 2016 una clamorosa svolta processuale porta i giudici ad assolvere Hashi Omar Hassan. Si tratta dell’uomo, somalo, che era stato condannato quale autore materiale del duplice omicidio fino al terzo grado di giudizio.
E poi assolto a seguito della revisione del processo, nel 2016. Liberato dopo aver scontato da innocente 17 anni di carcere sui 26 comminati. Risulta impossibile, affermano i magistrati, accertare l’identità dei killer e il movente del duplice delitto di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin. A oggi, dunque, resta il mistero, il buio fitto su chi abbia voluto la morte dei due giornalisti e sul perché. Ma se appare impossibile giungere a una verità giudiziaria, una verità storica, e in un certo senso ‘politica’, l’abbiamo.
Cosa avevano scoperto Alpi e Hrovatin
In Somalia, infatti, Ilaria Alpi sviluppa inchieste giornalistiche molto coraggiose e approfondite. In particolare su un possibile traffico di armi e di rifiuti tossici. Una trama torbida di affari sporchi, altamente pericolosi. In cui sarebbero immersi anche uomini dei servizi segreti italiani e di alte istituzioni del nostro Paese. La scoperta della cronista romana – stando alle ricostruzioni in sede processuale e a inchieste giornalistiche sulla sua morte – era, come si dice in gergo, una ‘bomba’.
Ovvero un traffico internazionale di rifiuti tossici prodotti nei paesi industrializzati, Italia compresa, e dislocati in alcuni paesi africani come la Somalia, usati come pattumiera del mondo ricco, in cambio di tangenti e armi, scambiate con gruppi politici locali. Si tratta di un’ipotesi che la giornalista era probabilmente in grado di provare in maniera inequivocabile, per un servizio mai andato in onda a causa della sua morte. Nel novembre precedente all’assassinio di Alpi e Hrovatin, il sottufficiale del Sismi (l’allora servizio segreto militare), Vincenzo Li Causi, era morto in circostanze oscure. Li Causi era un informatore della stessa Alpi sul traffico illecito di scorie tossiche in Somalia. Oggi, 30 anni dopo, si moltiplicano i servizi televisivi e giornalistici per ricordare Ilaria Alpi e Miran Hrovatin. L’auspicio è che anche la magistratura non abbandoni per sempre le indagini, sotto la spinta dell’opinione pubblica e del messaggio del capo dello Stato.
“Ilaria Alpi non era una giornalista istituzionale, amava i problemi delle donne e i problemi sociali”. La ricordiamo così, a 30 anni dalla sua morte e del suo operatore Miran Hrovatin, uccisi in un agguato a Mogadiscio il #20marzo 1994. Il doc “L’ultimo viaggio” è su #RaiPlay. pic.twitter.com/STgORkDHNF
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