Animali ibridi: quali esistono realmente
Si dice di creature nate da genitori di specie diverse
Nonostante possa sembrare frutto delle speculazioni umani, in natura esistono gli animali ibridi, alcuni dalle origini secolari. Si tratta, nello specifico, di creature i cui genitori appartengono a specie diverse. Sebbene si tratti di eventi rari, non si possono definire impossibili.
Gli animali ibridi nascono da genitori che appartengono a specie diverse e, pertanto, assumo delle caratteristiche specifiche prendendo alcuni aspetti dal padre e altri dalla madre. Tuttavia, è bene precisare che dal punto di vista biologico, in genere, tra le specie in natura si creano delle barriere riproduttive che ostacolano la nascita di ibridi. Alcune si manifestano prima dell’accoppiamento, altre durante e altre dopo. Queste riguardano le differenze genetiche, le differenze fisiche, le incompatibilità di fertilità, i rituali di corteggiamento o il rigetto fisiologico di embrioni o spermatozoi. Di conseguenza, è chiaro che l’ibridazione si può verificare solo tra specie molto simili tra loro (appartenenti allo stesso genere o alla stessa famiglia).
L’influenza dell’uomo sugli animali ibridi
Prima di citare alcuni degli animali ibridi più noti, è bene ancora precisare che l’accoppiamento tra specie simili avviene raramente allo stato selvatico. Risulta più probabile, invece, in situazioni di coabitazione. Ovviamente la presenza dell’uomo ha le sue conseguenze anche in questo caso. Infatti in natura la frammentazione degli habitat, l’introduzione di specie aliene e il declino delle popolazioni favorisce l’ibridazione. Fattore che aumenta in cattività quando, sia volontariamente che non, si costringono animali diversi ad accoppiarsi mettendoli negli stessi ambienti. Gli animali ibridi si possono trovare in qualsiasi habitat e tra di essi, infatti, vi è il narluga che nasce dall’incrocio tra un beluga maschio (Delphinapterus leucas) e un narvalo femmina (Monodon monoceros). Entrambe queste specie vivono nell’Artico e spesso vivono in gruppi misti.
Tra gli esempi più conosciuti anche il ligre che nasce da un leone maschio (Panthera leo) e una tigre femmina (Panthera tigris). Si tratta del felino più grande al mondo (sia tra gli ibridi che non) e può raggiungere anche i 350 cm di lunghezza e i 400 kg di peso. Si trova in cattività e può riprodursi sia con le specie parentali che con altri incroci. Dall’ibridazione inversa, invece (mamma leone e papà tigre), nasce il tigone. Di dimensioni più ridotte rispetto al ligre, il tigone può presentare sia le macchie tipiche delle leonesse che le strisce della tigre. Anche questa specie si trova solo in cattività e anche in questo caso gli allevamenti sono criticati perché questi ibridi possono soffrire di malattie genetiche.
Non sono solo in cattività
Uno degli animali ibridi più conosciuti è, senza dubbio, il mulo. Considerato una delle ibridazioni più antiche, nasce dall’incrocio tra asino maschio (Equus africanus asinus) e una cavalla (Equus ferus caballus). Adoperato, sin dall’antichità come animale da lavoro, possiede difatti caratteristiche che lo rendono molto forte e robusto, ma allo stesso tempo anche molto docile e mansueto tanto da essere impiegato anche nella Pet Therapy per via della sua intelligenza. A differenza dei precedenti animali ibridi citati, il mulo è sterile per via di un’incompatibilità nel numero di cromosomi.
Meno conosciuto del mulo, dall’incrocio inverso (papà cavallo e mamma asino) nasce il bardotto. Le sue caratteristiche lo rendono più simile al cavallo, pertanto presenta orecchie più piccole e criniera più folta. Benché le sue doti da animale da lavoro siano state in antichità paragonabili a quelle del mulo, si tratta di un animale difficile da far nascere e quindi per questo meno diffuso. Infine, un ultimo interessante esempio arriva dall’orso grolare. Animale ibrido che nasce dall’incrocio tra un grizzly (Ursus arctos horribilis) e un orso polare (Ursus maritimus). Di questa specie esistono animali sia in cattività che in natura. Infatti, a causa del riscaldamento globale gli orsi bruni si spostano sempre più a Nord e questo crea incontri in natura sempre più frequenti. Ancora una volta, dunque, la ‘colpa’ è dell’uomo.