Tu cosa vedi quando chiudi gli occhi è il nuovo disco di Michele Bravi, un album diviso in tre capitoli musicali: lo sguardo, l’immagine, l’iride. Con la cover affidata all’occhio di Mauro Balletti, uno degli artisti italiani tra i più innovativi e sofisticati, il nuovo concept album di Michele Bravi uscirà il prossimo 12 aprile.
Dopo la partecipazione nel cast del film di Saverio Costanzo, Finalmente l’alba, Michele Bravi torna a distanza di tre anni dal suo precedente lavoro discografico con Tu cosa vedi quando chiudi gli occhi.
Il suo nuovo concept album uscirà venerdì 12 aprile e non sarà soltanto un atteso ritorno dell’artista nel mondo della discografia italiana, ma segnerà – anche – una rivoluzione personale e artistica per l’autore. Nel corso dell’incontro con la stampa, Michele Bravi ha presentato il suo nuovo lavoro, un disco che celebra la natura melodica e scenica della vita interiore.
Michele Bravi in Tu cosa vedi quando chiudi gli occhi: l’esperienza si mescola all’astrazione
Dopo il successo del precedente disco, La geografia del buio pubblicato nel 2021, Michele Bravi ha trascorso tre anni immerso in esperienze di crescita artistica, partecipando a film e viaggiando tra diverse città europee. Ora arriva il suo nuovo disco, che è stato definito dall’artista come un’esperienza che mescola l’immediatezza della vita con l’astrazione dell’arte.
Bravi, oltre a dare vita al proprio mondo artistico attraverso la musica, ha anche contribuito dal punto di vista visivo, curando personalmente le creazioni sartoriali presenti nell’artwork dell’album. La copertina dell’album è stata realizzata da Mauro Balletti, noto per il suo lavoro nell’ambito della pittura e della fotografia, che ha collaborato con artisti del calibro di Mina. Ma torniamo all’incontro con la stampa e alla presentazione del suo disco che, come anticipato, si divide in tre capitoli musicali. Lo sguardo – spiega l’artista – è cosa vorremmo vedere con gli altri.
L’immagine è cosa vediamo degli altri “la parte più epidermica” aggiunge il cantante nel conso della conferenza stampa. Per poi passare all’iride che è cosa cerchiamo di non far vedere agli altri. Tredici brani raccolti in questi tre capitoli che esprimono le volontà di un’individuo e quanto, tutto, il tutto di una persona possa risiedere tra le grane degli occhi.
Se i brani del primo capitolo esprimono una riflessione su quello che noi vediamo accanto agli altri, come d’altronde lo esprime il primo testo di apertura del disco Viaggio nel tempo – una riflessione su come siamo abituati a vivere il tempo in maniera continuativa – nel secondo Bravi, declina la tematica amorosa in una maniera o più ironica, o più scanzonata, o più di sottomissione dando largo spazio all’accento erotico. Concludere il cerchio con il concept definitivo del disco, l’iride, che si apre con un intro lunghissimo e tutto è sfacciatamente cinematografico.
Bravi in esclusiva per VelvetMAG
Ad oggi non sono molte le sue collaborazioni. Ma se dovesse scegliere tra le sue, per dare un primo posto ad una di queste, beh, Michele Bravi non potrebbe che citare quella di recente avuta con Carla Bruni. Un incontro a Milano, in una stanza d’albergo dove nasce Malumore francese, altro brano presente nel suo ultimo disco. “Mi piaceva l’idea che le nostre voci si potessero incontrare in quel tipo di frequenza lì, in quel tipo di nebbiosità lì. Lei è senz’altro al primo posto di generosità perché – continua a spiegare Bravi – essendo autrice delle sue canzoni, lei ha un grande peso della scrittura. Vedere una Carla Bruni nel voler essere indirizzata nella tua scrittura e chiedere di essere diretta, da autore lo apprezzo tantissimo.
Nel nuovo album Tu cosa vedi quando chiudi gli occhi, ci si ritrova ad ascoltare due brani dal titolo Odio e Mal d’amore ed è come se si ascoltasse la melodia di un’unione. Noi di VelvetMAG abbiamo chiesto a Michele Bravi se attraverso questi due brani avesse dato voce ad una relazione in particolare. “Diverse! Ho avuto tante esperienze di situazioni più o meno disfunzionali. Ma di base subisco il fascino dei rapporti contorti dove non si capisce mai chi è la preda e chi il cacciatore. Nonostante mi abbia sempre affascinato, per fortuna poi, ho capito che fosse meglio allontanare dalla mia vita. Artisticamente, invece, è una cosa che mi piace ancora approfondire”.