Nel fiore degli anni, 32 appena, Toomaj Salehi dovrà affrontare il patibolo. Fatti salvi i miracoli, che qualche volta accadono, non sembra esserci scampo per il rapper più famoso dell’Iran, divenuto con le sue canzoni uno dei simboli della rivolta delle donne e dei giovani. Una rivoluzione, più che una rivolta, esplosa dopo la morte della 22enne Mahsa Amini nel settembre 2022 e tutt’altro che terminata, sebbene adesso sia in parte sopita.
Il 24 aprile la notizia della condanna del cantante e musicista ha fatto il giro dei media in un batter di ciglia. L’avvocato di Toomaj Salehi ha fatto sapere che un tribunale di Isfahan ha annullato la decisione sul caso della Corte Suprema – tribunale di grado superiore – e ha confermato il verdetto originale che prevedeva la pena di morte per il giovane rapper. “È stato emesso un ordine per l’esecuzione di Toomaj Salehi“, ha twittato il legale del rapper, Amir Raesian.
Toomaj Salehi, Jin, Jîyan, Azadî
In un’intervista al giornale online Shabake Sharq, Amir Raisian ha dichiarato: “Il primo ramo del tribunale rivoluzionario di Isfahan, in un’azione che non ha precedenti nel suo genere, ha emesso un verdetto“. Una sentenza opposta a quella della Corte Suprema che non aveva dato seguito alle accuse più dure nei confronti dei rapper. Ma la corte di Isfahan “ha sottolineato l’indipendenza del tribunale di grado inferiore, e ha condannato Toomaj Salehi alla punizione più dura, cioè alla morte, con l’accusa di ‘corruzione nel mondo‘“.
Ma cosa avrebbe fatto di così grave e irrimediabile un musicista per aver “corrotto il mondo“, a parte il fatto che corrompere il mondo non si capisce cosa debba significare? Toomaj è divenuto un simbolo della rivolta al grido di Jin, Jîyan, Azadî, in curdo, cioè Donna Vita Libertà (Woman, Life, Freedom in inglese), con le sue canzoni piene di passione e amore per l’Iran, per i giovani e per una società più giusta.
“Io sono l’ira di Dio”
“Io sono Ahwaz, sono povero/Baloch Kolbar curdo, la mia lingua madre è l’arabo/sono turco, sono figlio dell’Iran, sono Bakhtiari/sono un simbolo di coraggio, sono l’ira di Dio” canta Toomaj. In una delle ultime canzoni, Shin, disponibile sul suo canale ufficiale di YouTube (e che riproduciamo) canta ancora: “L’Iran è il mio cielo e voi tutti le sue stelle“.
La condanna del rapper 32enne ha suscitato reazioni sdegnate in Occidente e non solo. Dall’Italia è arrivata un messaggio su X del ministro degli Esteri e vicepremier, Antono Tajani. “Esprimo ferma condanna per la sentenza delle autorità iraniane che commina la pena di morte al musicista Toomaj Salehi. Il Governo italiano si oppone alla pena di morte, in ogni luogo e circostanza. Continueremo a impegnarci per difendere libertà e diritti umani nel mondo“.
Un’ultima possibilità
Consapevoli che la pena di morte per Toomaj Salehi – derivata dal clamoroso annullamento di una sentenza della Corte Suprema da parte di un tribunale inferiore – rischia soltanto di riaccendere i riflettori sull’orrore che si perpetra ogni giorno in Iran, i media statali hanno fatto alcune precisazioni. Ovvero che che la condanna a morte di Toomaj Salehi potrebbe tramutarsi in un’altra pena. Un comitato di grazia potrebbe intervenire se il rapper facesse appello. Toomaj Salehi era stato rilasciato brevemente dal carcere l’anno scorso. Ma poi la polizia lo ha nuovamente arrestato perché aveva prodotto un video in cui ha rivelato di aver subito torture. E che le autorità carcerarie lo avevano messo in cella di isolamento per 252 giorni dopo il suo arresto nell’ottobre 2022.
La reazione dei dissidenti iraniani
“Questo verdetto non solo sottolinea evidenti difetti giuridici. Ma costituisce anche una flagrante presa in giro del sistema giudiziario. Ancora una volta utilizzato come arma dalle forze di sicurezza statali per reprimere il dissenso e perpetuare la repressione politica” ha affermato in un comunicato il Centro per i Diritti Umani in Iran, una ong con sede a New York.
“Fino a che Toomaj non sarà libero grideremo il suo nome con una sola voce“, ha scritto su X il noto attivista per i diritti umani iraniano Hossein Ronaghi. E ancora, “dobbiamo agire prima che sia troppo tardi” ha affermato sui social media, definendo la sentenza “barbara“, Masih Alinejad, nota attivista iraniana per i diritti delle donne che vive negli Stati Uniti.
Fa sentire la sua voce via social anche la Premio Nobel per la Pace 2023, Narges Mohammadi, in carcere in Iran. “Toomaj Salehi è la voce del movimento Woman Life Freedom e la sua colonna sonora – è scritto sull’account X della sua Fondazione – L’esecuzione di Toomaj è l’esecuzione del nostro movimento. Dobbiamo rialzarci insieme! Insorgere contro l’esecuzione di Toomaj. Alzati per le donne, Alzati per la vita, Alzati per la libertà“.