Le elezioni amministrative del 12 maggio in Catalogna segnano una svolta nella storia recente della regione spagnola con capitale Barcellona. Per la prima volta da 13 anni i partiti a favore dell’indipendenza hanno perso la maggioranza nel Parlamento catalano. A vincere la competizione elettorale è stato l’ex ministro della Sanità, Salvador Illa, candidato del Partito socialista catalano (Psc). Il problema, però, è che adesso nessuna forza politica ha la maggioranza assoluta per poter governare da sola.

Con il 95% dei voti scrutinati, le 3 forze indipendentiste – Junts per Catalunya, con l’ex presidente Carles Puigdemont, Esquerra Republicana de Catalunya, con il governatore uscente Pere Aragones, e l’anticapitalista Cup ottengono complessivamente 59 seggi dei 135 della camera catalana. La maggioranza assoluta è di 68 seggi. Secondo gli exit poll di Sigma e i primi dati ufficiali parziali, i socialisti si confermano come la forza più votata: con il 29% raggiungerebbero 43 seggi su 135. Ma, come nel 2021, il Psc è distante dalla maggioranza assoluta per governare, sebbene in un contesto sociale molto diverso da quello di 3 anni fa.

Il socialista Salvador Illa, possibile nuovo presidente della Catalogna. Foto Ansa/Epa Quique Garcia

In questa tornata elettorale l’indipendenza non è stata al centro della contesa elettorale per la stanchezza dei catalani. Sono ormai alle spalle le velleità di strappi unilaterali, come il referendum secessionista del 2017. Piuttosto non sono mancate tensioni politiche crescenti a livello nazionale. Il test in Catalogna marca infatti la tenuta del Governo del premier Pedro Sanchez, dipendente dai partiti catalanisti per la sopravvivenza a Madrid.

Ma per Puidgemont è un successo

Il partito indipendentista Junts per Catalunya dell’ex presidente Carles Puigdmont, con il 19% e 32-36 seggi, sorpassa la Sinistra repubblicana catalana (Erc) del governatore uscente Pere Aragones (17%, 24-27 seggi) che paga il prezzo della gestione incerta degli ultimi due anni. Con l’anticapitalista Cup, l’altra forza indipendentista, al 6% con 7-9 seggi, non raggiungono però la maggioranza assoluta di 68 scranni sui 135 del Parlamento catalano.

Il che non toglie il successo personale di Carles Puigdemont, l’ex presidente della Catalogna riparato 6 anni fa in Belgio e tornato ad agitare l’epica indipendentista. “Spero sia l’ultima giornata dell’esilio di molte persone che sono fuori, che hanno passato molti anni all’estero ed è già ora che tornino a casa” ha detto. Puigdemont si fa forte della legge di amnistia che ha negoziato col premier spagnolo Sanchez, in cambio del sostegno all’investitura del capo del Governo.

L’ex presidente indipendentista della Catalogna, Carles Puigdemont. Foto Ansa/Epa David Borrat

Partito popolare: seggi triplicati

Per quanto riguarda le altre forze politiche della Catalogna, il Partito popolare triplica i seggi del 2021 arrivando a quota 14, davanti all’ultradestra Vox, che ne otterrebbe 12. A sinistra, i Comuns dell’ex sindaca di Barcellona, Ada Colau, si fermano 5-6 seggi (rispetto agli 8 del 2021). Mentre all’estrema destra, Aliança Catalana, la forza anti islamista e secessionista guidata dalla sindaca di Ripoll, Silvia Orriols, capitalizza il voto di protesta e al suo esordio incassa il 3,9% e 3 seggi. Restano fuori dalla Camera catalana i liberali di Ciudadanos, che perdono i 6 seggi del 2021. E pensare che nel 2017 erano diventati la prima forza politica della Catalogna: tempi ormai lontanissimi.

Sánchez: “Risultato storico”

Esulta il premier Pedro Sanchez. “Congratulazioni a Salvador Illa per questo storico risultato ottenuto in Catalogna” scrive su X il premier spagnolo. “Noi socialisti siamo di nuovo la prima forza. Da oggi comincia in Catalogna una nuova tappa per migliorare la vita dei cittadini, ampliare diritti e rafforzare la convivenza“. “La Catalogna è pronta per trasformare in realtà un futuro nuovo e aprire un periodo di speranza“, ha aggiunto il leader iberico.