Israele e gli USA: il divorzio politico non c’è mai stato
Lo stop di Biden all'invio di armi e le pressioni alla corte penale internazionale pro-Netanyahu.
Gaza è ormai un lembo di terra completamente isolato. Israele infatti ha preso controllo non solo del valico di Rafah, ma anche di quello di Erez, e Karen Shalom al sud. Impedendo così che ai palestinesi arrivi anche solo l’ombra di un aiuto umanitario.
Dinnanzi all’ennesimo scempio dell’IDF, dove a Rafah in soli 2 giorni circa 11 palazzi civili sono stati presi di mira, causando 26 morti tra donne e bambini. La narrazione mediatica occidentale vedrebbe gli USA e Israele prossimi a un divorzio politico. Biden infatti avrebbe annunciato lo stop all’invio di armi a Tel Aviv. Ma in realtà le cose sono un po’ diverse, e il racconto mediatico non corrisponde fino in fondo alla realtà. Questo divorzio infatti non c’è e forse non accadrà mai.
Israele e gli aiuti USA: armi e pressioni politiche alla Corte penale internazionale
Già dal 25 marzo si parlava di un possibile raffreddamento della Casa Bianca nei confronti di Netanyahu, e di una netta presa di posizione sul conflitto, quando all’ONU gli USA non posero il veto sulla risoluzione che imponeva a Israele un cessate il fuoco. E un Netanyahu infuriato cancellò allora la visita della delegazione israeliana attesa a Washington. Ma in realtà gli USA, nonostante il voto, non hanno mai levato il proprio sostegno a Tel Aviv nelle loro attività belliche. Dato che solo pochi giorni dopo la risoluzione Onu, Biden ha approvato un pacchetto di 95 miliardi di dollari da destinare sia all’Ucraina che Israele. E anche la recente notizia dello stop all’invio di armi a Tel Aviv è in realtà vera solo in parte. La Casa Bianca infatti continuerà a fornire all’esercito israeliano i razzi per il sistema Iron Dome e mezzi difensivi, e lo stop riguarderà soltanto proiettili e armi di artiglieria.
Gli USA tentano nelle proprie dichiarazioni pubbliche di mantenere un equilibrio di potere internazionale. Che mostri Washington come capace di moderazione e garante del diritto internazionale, ma la verità è ben diversa. Come conferma il caso della Corte penale internazionale, che ha oggi posto in giudizio Netanyahu per crimini di guerra. L’indagine prende inizio dal 2014 per gli orrori del governo nei confronti dei palestinesi e tiene conto oggi della violenza a Gaza perpetuata dall’IDF dopo gli attacchi del 7 ottobre. Secondo la testata israeliana Harez, le pressioni dei politici israeliani sugli USA affinché questa condanna non venga emessa, ad oggi sono fortissime. Infatti come confermano molteplici media internazionali, un gruppo di senatori repubblicani avrebbe recentemente mandato una lettera intimidatoria al procuratore capo della Corte, Karim Khan. Minacciandolo di ritorsioni contro l’istituzione.
Netanyahu e la linea rossa di Biden
Un mandato d’arresto per Netanyahu avrebbe una valenza simbolica importante, proprio come accaduto per il presidente russo Putin. Dove allora Biden fu tra i primi leader a congratularsi con la corte per la sentenza emessa. Le pressioni della Casa Bianca dunque oggi sulla questione Netanyahu sono un drammatico segno dell’ipocrisia statunitense nei confronti delle istituzioni e del diritto internazionale, che sembra valere solo a seconda del nemico politico e a uso e consumo degli Stati egemoni. Ma la verità è che il rapporto tra USA e Israele oggi deve rimanere inossidabile, nonostante i crimini commessi dal suo leader. Il divorzio politico in realtà non c’è stato e non è possibile infatti per ragioni geopolitiche ed economiche molto importanti.
Gli USA hanno bisogno di Israele come presidio in Medio Oriente e Israele per resistere nella regione ha necessariamente bisogno delle armi e dell’influenza del cappello USA. Ogni anno gli Stati Uniti infatti forniscono a Israele aiuti economici stimati dall’ISPI di circa 2.5 miliardi di dollari in sovvenzioni e garanzie speciali. Dal punto di vista del materiale bellico, dalla seconda guerra mondiale in poi, Israele è lo Stato che ha ricevuto più aiuti militari di chiunque altro, circa 216 miliardi di dollari. E il 70% dell’arsenale bellico israeliano è fornito dagli USA. C’è una ragione dunque se Netanyahu si spinge ben oltre la linea rossa via via tracciata da Washington. Gli interessi economici e politici in ballo sono ben aldilà della questione palestinese.