Rafah, Israele ammassa le truppe al confine: centinaia di migliaia di palestinesi in fuga
Sono già quasi mezzo milione i profughi che hanno lasciato la città del sud della Striscia. Ma per loro posti sicuri non esistono, afferma l'ONU
Cresce di ora in ora la tensione alle porte di Rafah, nel sud della Striscia di Gaza, in Palestina. Secondo la Cnn Israele ha ammassato un numero sufficiente di soldati per lanciare nei prossimi giorni un’invasione su larga scala. L’esercito di Tel Aviv è già di fatto entrato alla periferia dell’area, dopo aver detto agli sfollati palestinesi di spostarsi in un’altra zona. Non è ancora chiaro, tuttavia, se l’operazione militare ci sarà davvero.
Israele non avrebbe ancora fatto i “preparativi adeguati” in vista di una possibile evacuazione di oltre un milione di persone che da tutta la Striscia di Gaza si sono rifugiate a Rafah in 7 mesi di guerra. L’ONU e gli Stati Uniti sono fortemente contrari all’invasione. Ma sarebbero ormai già 450mila gli uomini, le donne e i bambini fuggiti dalla città dall’inizio di maggio. “Le famiglie continuano a scappare in cerca di sicurezza“, si legge in un post su X dell’Unrwa, l’agenzia dell’ONU per i rifugiati palestinesi. “Nessun posto è sicuro. L’unica speranza è un cessate il fuoco immediato“.
Rafah, nessun cessate il fuoco
Sconfortate le parole del il premier del Qatar, Mohammed bin Abdulrahman bin Jassim Al Thani. “Purtroppo le cose non sono andate nella giusta direzione. Al momento siamo sostanzialmente in una fase quasi di stallo. Certamente, quanto è accaduto con Rafah ci ha riportato indietro“. Il premier del Qatar si è espresso così al Qatar Economic Forum che si è aperto a Doha il 14 maggio. In dichiarazioni rilanciate dalla tv satellitare al-Jazeera, Al Thani ha assicurato che il suo paese non ha smesso di fare da mediatore tra Israele e Hamas e che nonostante le difficoltà proseguirà nel suo impegno.
“Vittoria totale su Hamas improbabile“
Da parte sua l’Amministrazione Biden sta cercando di tenersi in equilibrio fra la necessità di proteggere il suo alleato chiave in Medio Oriente – Israele – e l’obiettivo di far cessare la guerra. Il consenso elettorale per il presidente Joe Biden, infatti, sta scendendo e la sua riconferma alla Casa Bianca, alle presidenziali di novembre, appare tutt’altro che scontata. Si moltiplicano le proteste studentesche nei campus universitari contro la guerra di Israele a Gaza, mentre aumenta la repressione della polizia contro i giovani che chiedono il boicottaggio di Israele.
Anche per questo la Casa Bianca fa sapere di non credere che l’attuale strategia di Tel Aviv contro Hamas possa portare a una “vittoria totale“. Un fatto che a Washington non ritengono “probabile o possibile“. Così si è espresso il vice segretario di Stato Usa, Kurt Campbell, intervenuto nelle scorse ore al NATO Youth Summit a Miami. Dall’attacco dei terroristi in Israele del 7 ottobre 2023 il premier Benjamin Netanyahu insiste nel voler arrivare a una “vittoria totale” su Hamas, che nel 2007 prese il controllo della Striscia di Gaza.
Gelo fra Egitto e Israele
L’Egitto dal canto suo starebbe valutando la possibilità di ridurre – ma non di interrompere – le relazioni diplomatiche con Israele. A riferirlo al Wall Street Journal sono stati funzionari del Cairo. Tra le possibili mosse prese in esame, il ritiro dell’ambasciatore egiziano da Tel Aviv.
“Allo stato attuale, non ci sono piani per sospendere le relazioni” o sconfessare Camp David, ha dichiarato al giornale un funzionario egiziano. Il riferimento è agli accordi che hanno portato allo storico trattato di pace del 1979 tra i due Paesi. “Ma finché le forze israeliane rimarranno al valico di Rafah, l’Egitto non invierà un solo camion” di aiuti umanitari ai palestinesi. A determinare l’attuale stallo sarebbero state le poche ore di preavviso che Israele ha concesso all’Egitto prima di lanciare l’operazione militare della scorsa settimana. Durante la quale l’esercito israeliano ha preso il controllo del valico di frontiera di Rafah con l’Egitto dalla parte di Gaza.