Noemi Spinetti, content creator e un’amore incondizionato per la Calabria. Insieme al compagno ha voluto ‘restituire’ alla sua terra un qualcosa che riassumesse le bellezze più nascoste e sconosciute di questa regione. Incalabriamoci è il nome del loro documentario. Ed è qui, a VelvetMAG che Noemi ne parla.
«Cà, u c’è nente!». Non è un’esclamazione detta una a tantum, ma un’intercalare che negli anni si è convertita in tale e che oggi, viene percepita dai Millennials e dalla generazione Z come nota stonata, fastidiosa, proveniente da chi non ha mai fatto nulla per far sì che questo apparente sopire, prendesse un’altra direzione. Non è un caso che ancora oggi, ci si culla sul fatto che lo stivale del Bel Paese non dia quel “tocco di tacco”.
Infatti, come testimonia la Storia, i Greci arrivati in Calabria, ordinarono agli abitanti di questa regione di parlare al presente e mai al futuro. E se ci fosse stato qualche disobbediente, la sua lingua sarebbe stata inchiodata su un ceppo. Un ordine che è diventato pian piano un’abitudine tanto da non investire mai su un futuro per la Calabria. Tengo a precisare quanto possa essere – questa – una possibile motivazione sul «perché?», sottile e quasi rivelatoria.
Ed oggi, che siamo anni luce lontani dal quel periodo storico, c’è chi ha il coraggio di dar spazio alla sua voce tra quelle voci che propagano ancora l’ignoranza. Soltanto chi ha capito che non c’è un’unica direzione sul quale posare lo sguardo, riesce a costruire una nuova realtà che seppur piccola è differente. Ciò non esonera dalle possibili difficoltà che possano rallentare o bloccare il costruire, il fare. Noemi Spinetti è una di queste persone che insieme al compagno ha investito su un progetto per la Calabria.
Lei che voleva diventare una regista, oggi è invece una content creator e una social media manager, e semmai un cineasta dovesse raccontare in un film questa storia, la sua storia, non avrebbe dubbi, sarebbe Matteo Garrone. Incalabriamoci è il nome di quel progetto che ha teso le fila di un documentario e che ci spiegherà lungo la nostra chiacchierata.
Intervista esclusiva a Noemi Spinetti su VelvetMAG
E’ più faticoso o più preoccupante far fronte alle leggi implacabili degli algoritmi e della spunta blu di Instagram?
Potrei dire facile se ami il mondo della comunicazione. Se hai una mente creativa e riesci a prendere il bello dei social e se cerchi di dare qualcosa alla community che sia interessante e che apporti valore. Esiste però un’altra facciata della medaglia, si sa! Il mondo virtuale potrebbe rivelarsi pericoloso anche per i più piccoli. Noi content creator abbiamo un compito importante e fondamentale, ovvero quello di rimanere lucidi per insegnare qualcosa di positivo, perché dall’altra parte – rispetto al tuo telefono – potrebbero esserci (e ci sono) anche dei ragazzini e ragazzine che ti prendono come riferimento.
Abbiamo visto come spesso, purtroppo, lanciano challege folli e succede poi di tutto. Io, non sono tanto legata ai numeri o alle spunte blu. Mi focalizzo piuttosto sul comunicare un territorio, come per esempio il mio, cercando di trasmettere tutto ciò che di bello la nostra regione ha di offrirci. Cerco di essere quanto più spontanea possibile. Non indosso maschere, anche perché le persone a lungo andare, se ne accorgeranno. Io punto su questo, sulla trasparenza.
La tua presentazione su Instagram recita: «Sognavo Hollywood, ma poi mi sono svegliata in Calabria», ho fatto una ricerca su Google e non ho trovato nessun content creator che si presentasse così. Perché?
Ci sono tanti stereotipi sulla nostra regione, ma per fortuna, nell’ultimo anno e mezzo è scoppiato il trend calabrese. Tornando al «Sognavo Hollywood ma…», beh, ho ascoltato le voci dei mie genitori, nonni, zii, che evidenziavano quanto fossero proprio i calabresi a non credere nella propria regione ed è capitato che mi dicessero: «Noemi, hai studiato così tanto, non puoi rimanere qui. Qui, non c’è niente!».
Difatti sognavo Hollywood e son ‘scappata’ raggiungendo altre mete. Difatti, non è un caso che io sia andata via. Volevo fare la regista e crearmi un futuro fuori la mia regione. L’amore per questa terra è nato proprio quando sono partita per l’Inghilterra. Avevo tutto! L’ambiente scolastico era diverso da quello Italiano, ma mancava qualcosa. Il sole, il mare, il sorriso della gente. Mi mancava salutare per strada. Il nostro cibo. Le nostre abitudini. Ed è stato nel periodo della pandemia che mi sono domandata se volessi sul serio vivere nel luogo che avevo scelto di stare. Lì mi sono interrogata arrivando addirittura a dirmi «perché devo vergognarmi nell’essere calabrese?».
Quando l’accento diventa motivo di opinioni indesiderate.
Ma sai che mi è capitato soprattutto durante le scuole superiori, in Calabria? Ci concentriamo sui punti che consideravamo negativi facendo confronti con chi poteva – per esempio – avere una dizione perfetta. Quando ero in Inghilterra ed è arrivata poi la pandemia, iniziai a pubblicare video dove spiegavo – secondo il mio punto di vista – la differenza tra l’Inghilterra e l’Italia. Qualcuno notò il mio accento e i giudizi non sono stati affatto carini. Non me lo spiego! Abbiamo avuto così tante influenze di così tanti popoli, perché bisogna vergognarsi di un accento, di un dialetto che altro non è che un’altra lingua? E’ stato allora, dal quel giudizio che mi è scattata la ‘scintilla’. Nel 2020 non c’era quasi nessuno che parlasse il dialetto sui social. Ho ricevuto un riscontro sorprendentemente positivo ai miei video nei quali raccontavo aneddoti vissuti con mia madre o mia nonna parlando il calabrese.
Uno dei progetti che ha definito la tua identità social è un documentario sui posti più nascosti e poco conosciuti della Calabria. Parliamo di Incalabriamoci.
Uno dei progetti più importanti! Quando io e Antonio (manager, nonché compagno, n.d.r.) siamo stati chiusi in una stanza perché avevamo contratto il Covid, ci chiedevamo: «Cosa possiamo restituire alla Calabria? Facciamo un qualcosa di grande, un progetto che non ha mai fatto nessuno». E’ nato Incalabriamoci, un tour, un viaggio di 20 giorni all’interno della nostra Calabria. Un documentario nato dalle nostre due menti con l’aiuto di video maker professionisti. Non è stato semplice! Abbiamo chiesto l’aiuto della Regione che non è arrivato, ed è assurdo. Non ci siamo scoraggiati! Abbiamo chiesto aiuto alle realtà private come Guglielmo (https://www.caffeguglielmo.it, n.d.r.) che ci hanno aiutati, abbiamo stretto contratti con oltre settanta imprenditori in tutta la Calabria vivendo tantissime esperienze, avvicinandoci alle tradizioni, quello che volevamo fare d’altronde.
Incalabriamoci è un racconto autentico della nostra storia, dei sapori e della cultura, mettendo in rilievo anche quei piccoli borghi meno conosciuti. L’Alto crotonese con la sua cultura arbëreshe, l’Aspromonte con il greco antico a Gallicianò, Bova, sono realtà che vengono spesso dimenticate ed è per questo che abbiamo deciso di investire in questo progetto dando anima e corpo. Sono molto contenta che la gente abbia apprezzato. Un vero boom di commenti e messaggi. Una risonanza fortissima che forse, non mi aspettavo.
I luoghi che consiglieresti di visitare?
Ogni luogo ti lascia qualcosa. Escludo quelli più intimi con i quali sono legata fin da piccola, come Davoli, Soverato, Vibo Valencia. Mantenendo il filo di Incalabriamoci, ti direi: Roghudi Vecchio in Aspromonte che è qualcosa di inspiegabile. Sarà che è un paese abbandonato, ma vedere ancora delle case intatte con ricordi, mi ha recato emozioni contrastanti. Sentire lo scricchiolio delle finestre, delle porte, è stato bellissimo! Un’altra area è quella dell’Alto crotonese. Pallagorio, San Nicola dell’Alto, i Calanchi del Marchesato. E’ un’area stupenda, meravigliosa. Vivere giornate immersi nella loro tradizione, suscita un intenso moto d’animo.