La guerra di Israele per sradicare una volta per tutte i miliziani di Hamas da Gaza si sta ritorcendo contro il Governo di Benjamin Netanyahu che sta rischiando seriamente di entrare in crisi. Sabato 18 maggio, nel corso di una conferenza stampa, l’esponente del Gabinetto di guerra di unità nazionale, Benny Gantz, membro dell’opposizione, ha lanciato un pesante ultimatum. Ha chiesto a Netanyahu “un piano d’azione per Gaza entro l’8 giugno”. Altrimenti, avverte, “usciremo dal Governo”. “Mentre i nostri eroici combattenti distruggono i battaglioni fondamentalisti a Rafah, Gantz sceglie di lanciare un ultimatum a me” ha seccamente replicato il premier israeliano.   

Ma la guerra non si ferma neppure per un minuto. I palestinesi continuano a soffrire e a morire sotto l’avanzata di Israele (ora anche a Rafah). Così come soffrono i familiari degli ostaggi israeliani ancora in mano ad Hamas (sono circa 130). Da mesi alcuni di loro protestano insieme ad altre decine di migliaia di cittadini con cortei e manifestazioni chiedendo le dimissioni di Netanyahu. Lo accusano di avere scatenato una guerra spaventosa per tenersi in sella al potere, allontanando le vicende giudiziarie che pendono sul suo capo. Di non essere neppure riuscito a riportare a casa tutti gli ostaggi rapiti il 7 ottobre 2023 così come non è riuscito a eradicare Hamas da Gaza.

Benny Gantz. Foto Ansa/Epa Michael Reynolds

Israele, stragi nei campi profughi

In mezzo a tutto questo almeno 20 civili palestinesi, tra cui un giornalista, sarebbero rimasti uccisi e diversi altri feriti in una serie di raid dell’esercito israeliano nella Striscia di Gaza. Secondo il giornale Filastin, vicino ad Hamas, 19 persone sono morte in seguito a un attacco a nord del campo profughi di Nuseirat. Sarebbero tutti membri della stessa famiglia. Al Jazeera riferisce che solo una bambina di 10 anni sarebbe sopravvissuta all’attacco: è ricoverata nell’ospedale al Aqsa.

Nei raid sul campo profughi di Jabalia è morto inoltre, come informa l’agenzia Wafa, un giornalista, Abdullah al Najjar, due giorni dopo l’uccisione di quattro suoi colleghi in altri attacchi israeliani. Dal 7 ottobre sono 148 i reporter rimasti uccisi. Secondo l’Unrwa (l’agenzia dell’ONU per i rifugiati palestinesi) almeno 800mila persone sono fuggite da Rafah da quando Israele ha dato il suo ultimatum in vista dell’invasione di quest’ultimo lembo meridionale della Striscia.

Il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman Al Saud. Foto Ansa/Epa Sergei Savostyanov

Gli Usa e l’Arabia Saudita

A Riad, intanto, si è svolto un incontro tra il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman e il consigliere della Sicurezza nazionale della Casa Bianca, Jake Sullivan. Secondo quanto riferito dall’agenzia di stampa saudita Spa, è stata esaminata “la versione semi-finale degli accordi strategici” tra Arabia Saudita e Stati Uniti, che comprendono anche la normalizzazione dei rapporti tra Riad e Israele.

Bin Salman e Sullivan hanno anche discusso di come “trovare un modo credibile di procedere sulla questione palestinese. E per una soluzione basata due Stati che soddisfi le aspirazioni e i diritti legittimi del popolo palestinese”. Il Consigliere per la sicurezza americana e il principe ereditario sauditahanno anche discusso degli sviluppi regionali, tra cui la situazione nella Striscia di Gaza e la necessità di fermare la guerra, facilitando al contempo l’ingresso degli aiuti umanitari“, ha reso noto ancora l’agenzia saudita. Gli aiuti umanitari per i palestinesi della Striscia, che stanno morendo di fame, sono fermi o quasi. Lasciata Riad, Sullivan è atteso in Israele, dove vedrà il premier Benjamin Netanyahu.