L’Italia ed il suo coinvolgimento nel conflitto ucraino e palestinese
L'invio dei missili Storm Shadow all'Ucraina e le munizioni a Israele. Le responsabilità del governo
Nonostante l’Italia, assuma storicamente una postura decisamente meno interventistica e bellicista in Europa, rispetto a Francia e Inghilterra. Il nostro Paese oggi non è esente da responsabilità nel conflitto palestinese e ucraino. Dove ha un ruolo di primo piano.
Come confermano le parole del Ministro della difesa britannico, Shapps, l’Italia in questo momento è infatti tra i Paesi che sta fornendo all’Ucraina i potentissimi missili a lunga gittata Storm Shadow, che sono in grado di colpire in profondità il territorio russo. E anche nel conflitto israeliano il materiale bellico inviato a Tel Aviv è piuttosto consistente e prezioso per le violente azioni dell’IDF. Quali sono dunque i rischi che corre oggi il nostro Paese, per la sua posizione strategica nel Mediterraneo, e per le decisioni prese dal governo?
Il ruolo dell’Italia nella guerra in Ucraina: armi e basi strategiche NATO
Recentemente alcune dichiarazioni del Ministro della difesa britannico, Shapps, hanno lasciato trapelare qualche informazione in più, su che tipo di armi i governi europei stanno inviando a Kiev. Il nostro Paese infatti, insieme a Parigi e Londra, starebbe inviando al fronte ucraino i missili Storm Shadow. Che sono in grado di colpire il territorio russo in profondità. Dunque, anche se il nostro governo si è dimostrato abbastanza cauto in questi mesi nel rilasciare pubblicamente dichiarazioni belliciste nei confronti Mosca, possiede effettivamente una responsabilità nel conflitto ucraino che non è da sottovalutare. Come il nostro ruolo strategico all’interno della NATO. In caso di uno scontro frontale con la Russia infatti, l’Italia è uno dei Paesi che rischia maggiormente. Essendo dopo la Germania, il Paese NATO che ospita più basi strategiche in assoluto, vista la sua posizione strategica nel Mediterraneo.
Sigonella è infatti una base essenziale oggi nel conflitto ucraino. Questa base è il secondo aeroporto militare più trafficato d’Europa, ed è il principale snodo per le operazioni americane nel Mediterraneo. Nonchè il luogo da dove oggi partono i droni spia Usa Global Hawk, essenziali per le operazioni di sorveglianza e di intelligence che danno informazioni ai soldati ucraini in combattimento, riguardo le mosse dell’esercito russo. Un’altra base molto importante, che è quella di stoccaggio che fa arrivare il materiale bellico US Army, è quella di Camp Darby, situata tra la provincia di Livorno e Pisa. Senza contare la base di Ghedi, un aeroporto militare teoricamente italiano dove gli americani hanno situato bombe atomiche che in caso di guerra possono essere lanciate anche da caccia italiani.
Il rischio di un conflitto globale
Il nostro Paese è dunque uno dei più esposti nel conflitto ucraino e per questo senza alcun dubbio nelle mire del Cremlino. E anche le nostre responsabilità nel conflitto palestinese non sono da sottovalutare. Dove anche se con cifre infinitamente più piccole rispetto a USA e Germania, l’Italia è il terzo Paese esportatore di armi verso Israele, rappresentando lo 0,9% delle importazioni israeliane tra il 2019 e il 2023. Secondo quanto riferito dai dati ISTAT, le vendite avrebbero incluso elicotteri e artiglieria navale. Ma da dicembre 2023, l’export di armi e munizioni è cresciuto rispetto ai due mesi precedenti a 1,3 milioni di euro, più del triplo del dicembre 2022. Segno lampante della partecipazione attiva oggi del governo italiano nel conflitto israelo-palestinese. Dove non è semplice verificare l’entità degli aiuti inviati fino ad oggi a Tel Aviv.
La responsabilità dunque del governo Draghi, e quello attuale, sul prosieguo della guerra in Ucraina e nei confronti delle migliaia di civili palestinesi trucidati è evidente. Ed espone inevitabilmente l’Italia ad un rischio maggiore rispetto agli anni passati. Ma soprattutto rinnega la naturale postura geopolitica del nostro Paese, che non solo come sancito dalla Costituzione, “ripudia la guerra come strumento di risoluzione delle controversie internazionali“. Ma che storicamente, nei confronti della Russia e del conflitto israelo-palestinese, era sempre riuscito a ritagliarsi un importantissimo ruolo di mediatore e di equidistanza. L’eccessivo filo-atlantismo oggi di cui stanno soffrendo i principali governi europei, tra cui l’Italia, è un grave problema politico che rischia di generare le condizioni di un conflitto mondiale fra il blocco sino-russo e la NATO. Mancando, evidentemente, un essenziale contrappeso politico.