Spinelli ammette i finanziamenti a Toti e parla anche di Burlando
La posizione del presidente di Centrodestra della Liguria nella tangentopoli genovese si complica. Ma il anche il PD non dorme sonni tranquilli
Il re degli imprenditori portuali di Genova, Aldo Spinelli, vuota il sacco davanti ai magistrati della procura di Genova, dopo la deflagrazione dello scandalo che ha portato ai domiciliari sia lui che il governatore ligure, Giovanni Toti. Per quest’ultimo non si parla di interrogatorio prima di 2 settimane. Toti, afferma Spinelli, “si è interessato: gli ho dato 40 mila euro”.
Così l’imprenditore della logistica ha risposto al giudice per le indagini preliminari (gip) Paola Faggioni durante l’interrogatorio di garanzia, che si è svolto il 13 maggio. Ne danno notizia alcuni giornali. “I 40 mila euro li abbiamo dati perché si era interessato. Ma era tutto regolare, li abbiamo divisi tra tutte le società” dice Aldo Spinelli. E così sostiene di non aver commesso il reato di finanziamento illecito. Lui si rivolgeva al presidente della Liguria “così come mi rivolgevo a Burlando (ex governatore ed ex ministro del PD) quando avevo problemi“.
La difesa di Toti
Giovanni Toti è ai domiciliari per corruzione e falso da martedì 7 maggio. Sta preparando la sua difesa e meditando sulla possibilità – una volta attenuata la misura cautelare dei domiciliari e quindi in condizione di parlare con i suoi alleati politici – di dimettersi. Sale infatti la richiesta, velata ma chiara, di dimissioni da parte del Centrodestra stesso, cui Toti appartiene.
Il suo avvocato fa pressing sui magistrati perché lo interroghino prima possibile e intanto trapela la linea difensiva su alcuni quotidiani. “Il voto di scambio? semplici cene elettorali” si legge su la Repubblica. Ma Toti dovrà chiarire anche se e quali legami avesse lui o il suo entourage con il voto dei ‘riesini’ – alcuni membri della comunità nissena di Riesi, a Genova, in odor di mafia. E infine dovrà difendersi dalle accuse di avere effettuato pressioni sui membri del comitato portuale della città della Lanterna per agevolare l’imprenditore Spinelli. Un’attività, questa, che, secondo la linea difensiva del presidente della Liguria portata avanti dal suo legale, l’avvocato Stefano Savi, era stata messa in campo solo per evitare “la guerra nel porto“ fra imprenditori e lobby varie.
L’interrogatorio di Spinelli
“Le cose elettorali le ho sempre date a lui, abbiamo fatto il Festival della Scienza, abbiamo fatto il Festival dei Fiori, abbiamo dato contributi alle chiese, ho fatto il Palazzo di San Lorenzo… la chiesa di San Lorenzo“. Questo un passaggio dell’interrogatorio di garanzia di Spinelli. Indiscrezioni di stampa riportano anche un passaggio delle parole del re della logistica portuale su Paolo Emilio Signorini. Si tratta dell’ad di Iren ed ex capo del Porto di Genova, unico a essere finito in carcere nell’operazione delle forze dell’ordine dello scorso 7 maggio.
“Signorini era disperato perché gli finiva il lavoro” ha sostenuto Spinelli. “Gli ho detto: ‘smettila di piangere, te lo troviamo un posto di lavoro’.” Fra le accuse ai due, infatti, la magistratura genovese imputa anche quella di un accordo per cui Signorini, terminato il suo ruolo alla testa dell’autorità portuale, avrebbe avuto un posto a 300mila euro all’anno di retribuzione nelle aziende dell’imprenditore. Un’ulteriore prova – secondo gli inquirenti – del fatto che egli fosse a libro paga di Spinelli, a casa del quale la Finanza ha trovato 220mila euro in contanti. Spinelli lo avrebbe ‘oliato’ costantemente – per ‘comprarne’ a compiacenza – con soldi, viaggi pagati in hotel di lusso e al casinò di Montecarlo anche con l”accompagnamento’ di prostitute d’alto bordo (escort). Tutto questo sempre secondo le accuse dei pm.