Raisi: i dubbi sull’incidente e perché la sua morte destabilizza l’Iran
L'elicottero americano, la posizione politica dell'Azerbaijan e il sorprendente timing politico.
La morte del presidente Ebrahim Raisi, ha sconvolto l’Iran. Il giallo, riguardo l’elicottero di fabbricazione americana, partito dall’Azerbaijan, che si è poi schiantato nelle zone montuose del nord-ovest del Paese, non potrebbe essere più fitto. E senza alcun dubbio getta oggi la Repubblica islamica in un caos politico.
Le ipotesi di sabotaggio vengono al momento escluse dai media, ma il dubbio persiste. Ponendo fuori gioco Raisi infatti, ora Teheran sarà costretta a concentrarsi maggiormente sulle dinamiche interne e inevitabilmente porrà meno attenzione su quelle “esterne”. Come la questione palestinese e la gestione delle sue milizie in Medio Oriente. Per non parlare del prevedibile clima di forte tensione che si genererà fino alle elezioni politiche, previste entro 50 giorni. Chiunque avesse architettato un eventuale attentato, è riuscito sicuramente a destabilizzare i già precari equilibri del regime iraniano.
Il mistero della morte di Raisi: l’elicottero americano e la posizione politica dell’Azerbaijan
Il mistero attorno alla morte del presidente Raisi, dato anche il momento politico dell’Iran, non potrebbe essere più fitto. Secondo quanto riportano i media statali iraniani l’elicottero si è schiantato sulla vetta di una montagna al confine con l’Azerbaijan. Tra le principali cause dell’incidente, vi sarebbero le pessime condizioni meteo e lo scarso livello tecnologico dell’elicottero. Un Bell 212, di fabbricazione americana, che Teheran avrebbe acquistato prima della Rivoluzione teocratica del 1979. Il relitto del velivolo è stato individuato, completamente carbonizzato, grazie a un drone turco che ha identificato una fonte di calore e dunque ha condiviso le coordinate del possibile sito dell’incidente con le autorità iraniane. Il settore aereo iraniano è considerato tra i meno sicuri del mondo, perché da quando il Paese è sottoposto a sanzioni occidentali le società che lo gestiscono avrebbero enormi difficoltà a reperire le parti di ricambio. E Teheran ha dunque molto spesso modificato con i propri ingegneri i vecchi velivoli americani.
Apparentemente la causa maltempo appare credibile, le alte montagne e la fitta nebbia dell’area dell’incidente creerebbero infatti una “tempesta perfetta” per un elicottero. Ma i dubbi ed i sospetti permangono, soprattutto se inquadrati nel momento politico di Teheran, e se si analizza l’ambigua posizione politica dell’Azerbaijan. Senza contare la “straordinaria” coincidenza che avrebbe fatto si che a cadere, sia stato soltanto l’elicottero dove volava Raisi e non gli altri due che lo seguivano come scorta. Se le condizioni meteo infatti sono la causa principale, questa coincidenza risulta alquanto strana. Al momento non si dovrebbe escludere alcuna ipotesi. Dove anche la posizione politica di Baku partecipa ad alimentare i dubbi. L’Azerbaijan è infatti il primo fornitore di petrolio di Israele e ospita nel suo territorio una base militare israeliana. Ed importa inoltre importanti flussi di materiale bellico da Tel Aviv.
Le conseguenze dell’incidente: lotte di potere e caos politico interno
Sarebbe necessario dunque condurre una repentina indagine per capire alla partenza le precondizioni del velivolo. Ma ad oggi questa volontà non sussiste. E al di là delle ombre gettate dai rapporti Baku-Tel Aviv è anche il timing politico a stupire. L’impatto della morte di Raisi infatti, rischia di compromettere la già precaria stabilità del regime iraniano. Oggi in “guerra” indiretta con Israele e gli USA. In realtà Raisi, non era determinante nelle politiche della Repubblica islamica. Nel sistema politico duale dell’Iran infatti, diviso tra l’establishment clericale e il governo, è l’Ayatollah Ali Khamenei, 85 anni, leader supremo dal 1989, a detenere il potere decisionale su tutte le principali politiche. Ma la morte di Raisi inevitabilmente crea un maggiore rischio di caos e un grave pericolo interno.
Khamenei non gode infatti di buona salute, e la transizione alla successiva guida suprema richiede una situazione di ordine interno per garantire il passaggio di potere. Con l’incidente, si aprono invece oggi le condizioni per un gioco di potere interno tra la classe dirigente molto caotico. Raisi, era infatti reputato il delfino della guida suprema Ali Khamenei, e quindi suo naturale successore. Il vuoto di Raisi e la precarietà di Ali Khamenei, costringeranno dunque il regime a concentrarsi sulle questioni domestiche. Distogliendo l’attenzione dalla gestione delle proprie milizie alleate in Medio Oriente. Allo stesso tempo il percorso verso le elezioni del nuovo presidente, previste entro 50 giorni, inevitabilmente verranno sfruttate dai dissidenti del regime per lanciare nuove manifestazioni e rivolte antigovernative. Chiunque abbia, nel caso, architettato l’attentato ha posto una serie ipoteca – c’è da scommetterci tutta in salita – sulla vita e le sorti del regime degli Ayatollah.