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Intelligenza Artificiale, OpenAI paga i giornali per addestrare le chat bot

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Sempre più persone, nel mondo, interrogano i software di Intelligenza Artificiale per conoscere le notizie e approfondire i fatti che accadono quotidianamente. Negli Stati Uniti il fenomeno è così avanzato che OpenAI, l’azienda che ha prodotto ChatGpt, una delle chat bot di Artificial Intelligence più diffuse, sta stringendo accordi economici con le grandi testate giornalistiche per ricevere accesso esclusivo ai contenuti di reporter, cronisti, analisti e commentatori.    

Nei giorni scorsi si è allungata la lista di case editrici e di gruppi media statunitensi che hanno firmato intese con OpenAI per consentirle l’accesso ai propri contenuti. Gli ultimi in ordine di tempo, scrive il Washington Post, sono il recentissimo Vox Media (digitale, nato nel 2005, che, fra le altre, possiede la testata di tecnologia e cultura The Verge). E The Atlantic: la gloriosa rivista rivista di cultura, letteratura e politica fondata nel 1857, su cui scrisse anche Hermann Melville, l’autore di Moby Dick.

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Foto X @newscientist

Intelligenza Artificiale e fake news

La settimana passata OpenAI ha annunciato un accordo simile con News Corp, erede della News Corporation di Rupert Murdoch, che possiede, fra gli altri, il Wall Street Journal. In totale le intese che l’azienda co-fondata da Elon Musk e Sam Altman nel 2015 ha sinora raggiunto coinvolgerebbero circa 70 fra giornali, siti web di notizie e riviste. C’è chi si domanda, intanto che fine faranno i giornalisti. A medio-lungo termine, infatti, il rischio è quello di snaturare la plurisecolare professione giornalistica, con i robot che andranno a sostituire fisicamente molti redattori, licenziati in massa per far spazio alla produzione in serie 24 ore su 24 di news bot a buon mercato.

Dal canto loro le aziende produttrici di chat bot di Intelligenza artificiale stanno cercando di trovare strade sempre nuove per ‘addestrare‘ le chat. Ovvero per usufruire delle informazioni più aggiornate, utili e precise e così allenare i software. Tutto ciò affinché, quando le persone interrogano i motori di ricerca dotati di Intelligenza Artificiale, essi siano in grado di rispondere con la maggiore accuratezza e completezza possibile.

Oggi, infatti, spesso la tecnologia di Intelligenza Artificiale inventa ancora informazioni false, in risposta alle domande degli utenti. Dunque per OpenAI, così come per tutte le altre società tecnologiche, poter fare affidamento su contenuti di notizie di terze parti autorevoli o molto autorevoli è un modo per aumentarne l’affidabilità delle risposte.

Nicholas Thompson, Ceo di The Atlantic. Foto X @Provoke_News

Ma non tutti sono d’accordo

Da parte sua Nicholas Thompson, amministratore delegato di The Atlantic, in un annuncio sul sito web della rivista ha affermato: “Crediamo che le persone che effettuano ricerche con modelli di Intelligenza Artificiale saranno sempre di più“. Interrogare l’Intelligenza Artificiale sarà “uno dei modi fondamentali con cui le persone navigheranno sul web nel futuro“.

Ma non tutti nel mondo dell’editoria statunitense sono d’accordo, sottolinea il Washington Post. In America si sta approfondendo una spaccatura all’interno del mondo del giornalismo e dell’editoria. Alcune organizzazioni stanno trascinando OpenAI in giudizio con l’accusa di aver utilizzato i propri contenuti giornalistici esclusivi per addestrare algoritmi di Intelligenza Artificiale senza pagare i diritti d’autore. In pratica rubando contenuti professionali di alto livello.

Alcune testate giornalistiche celeberrime, fra cui il New York Times e diversi giornali di proprietà del fondo di investimento Alden Global Capital, hanno citato in giudizio OpenAI per aver utilizzato il loro lavoro protetto da copyright. Il tutto allo scopo di addestrare i propri algoritmi di Intelligenza Artificiale a rispondere con le migliori informazioni in circolazione alle interrogazioni degli utenti sul web. Non mancano autori, artisti e musicisti che combattono contro ciò che vedono come un massiccia ondata di furti da parte delle aziende tecnologiche. Uno degli ultimi casi, per la verità controverso, è quello dell’attrice hollywoodiana Scarlett Johansson, che si dice pronta a citare in giudizio OpenAI accusando l’azienda di Sam Altman di aver dato la sua voce alla robot di IA denominata Sky, contro la sua volontà.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore. Segui Domenico su Facebook Segui Domenico su Linkedin

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