India, come sono andate le elezioni nella più grande democrazia del mondo
Il subcontinente asiatico, abitato da 1,4 miliardi di persone, ha portato alle urne - aperte per 6 settimane - 970 milioni di elettori
Durate per un mese e mezzo, in 7 fasi diverse, le elezioni legislative in India si sono formalmente concluse all’inizio di giugno e adesso sono arrivati i risultati. Il primo ministro uscente, il nazionalista e induista Narendra Modi, 73 anni, è di nuovo vincitore, come da pronostici, ma raccoglie attorno a sé una ridotta maggioranza dei consensi. Secondo i principali analisti politici, come peraltro sembrava emergere dagli exit poll, avrebbe potuto esserci una vittoria più ampia per Modi e per il suo partito: il Bharatiya janata party (Bjp, di destra).
Ma per la prima volta da un decennio il Bjp non ha i numeri per governare da solo. Adesso Narendra Modi dovrà tirar fuori tutte le doti di mediazione politica per chiedere e ottenere il sostegno delle formazioni alleate. Lo storico Partito del Congresso – la principale formazione d’opposizione, per decenni appannaggio della più importante dinastia politica indiana, i Gandhi – ha invece quasi raddoppiato i suoi seggi in Parlamento. A drenare consensi è stato l’ultimo rampollo dei Nehru-Gandhi: Rahul Gandhi, 54 anni.
India, come sono andate le elezioni
“Gli elettori hanno punito Modi e il Bjp“, ha affermato Rahul Gandhi, leader del partito del Congresso. Da canto suo Narendra Modi, ancora molto popolare in India, ha invece rivendicato la sua terza vittoria elettorale consecutiva. “Il popolo ha rinnovato la sua fiducia all’Alleanza nazionale democratica (Nda)” ha affermato sul social network X, riferendosi al nome della coalizione di Governo. “È un giorno storico per l’India“.
Secondo i risultati parziali annunciati dalla commissione elettorale, il Bjp e i suoi alleati hanno ottenuto almeno 292 seggi. Per avere la maggioranza alla Camera bassa del Parlamento – la Lok sabha – ne bastano 272. La coalizione di Governo ha dunque una maggioranza di parlamentari a supportarla, ma per soli 20 voti. E il Bjp, il partito nazionalista di Modi, ha ottenuto il 36,8% dei voti e 240 seggi, contro i 303 seggi del 2019, scrive l’Afp. Ha perso 63 seggi. Il partito del Congresso di Rahul Gandhi è invece passato da 52 a 98 seggi rispetto alle elezioni di 5 anni fa.
Una dura campagna elettorale
La campagna elettorale indiana non è stata semplice. L’opposizione aveva accusato il Governo Modi di usare il sistema giudiziario per scopi politici. Soprattutto per ciò che riguarda gli arresti di alcuni politici di primo piano. La fondazione statunitense Freedom house ha affermato che “sempre più spesso il Bjp (il partito del prim ministro Modi, ndr.) usa le istituzioni per colpire gli oppositori politici“. L’opposizione e le organizzazioni per i diritti umani hanno anche accusato Modi di favorire gli indù a scapito delle minoranze, tra cui 210 milioni di musulmani.
Il messaggio di Rahul Gandhi
Gli elettori “hanno punito la protervia del Bjp“, ha detto Gandhi. Che ha aggiunto: “Non avevamo dubbi sul fatto che gli indiani avrebbero dato la risposta giusta: ha vinto la Costituzione e sono state sconfitte le bugie“. “Il mandato degli elettori è contro il Bjp e il premier Modi dovrebbe dimettersi per ragioni morali“, è la tesi di altri leader delle opposizioni.
Come quello dell’Aam Aadmi Party Sanjay Singh, o della governatrice del West Bengal Mamata Banerjee. Come hanno sottolineato moltissimi commentatori nei talk show fiume su tutti i media, gli elettori hanno dimostrato di essere preoccupati per l’inflazione e la disoccupazione.
E non hanno apprezzato la campagna di Modi, tutta imperniata su toni trionfalistici e sull’obiettivo di 400 seggi; esasperata e divisiva, con ripetuti attacchi alla comunità musulmana. Modi ha chiesto un plebiscito a un’India dove però sotto il suo Governo le disuguaglianze fra ricchi e poveri sono aumentate. L’ondata zafferano (dai colori del Bjp) si è riconfermata ma quella di Narendra Modi appare a molti una vittoria di Pirro. L’India, la più popolata nazione del mondo, in piena ascesa economica e politica, comincia a guardare altrove.