Quella del 17 giugno è stata una cena informale, ma di fatto un primo vertice Ue con al centro Ursula von der Leyen e la Commissione europea. I capi di Stato e di Governo dei 27 Paesi membri dell’Unione si sono riuniti per cominciare a decidere le nomine dell’esecutivo europeo dopo le elezioni del 9 giugno che hanno rinnovato il Parlamento.
Di certo Ursula von der Leyen resta in pole position per un bis alla guida della Commissione. Ma sono i nomi degli altri ruoli apicali che potrebbero destinare sorprese. La premier italiana Giorgia Meloni avanza le proprie richieste, forte del fatto che il suo è uno dei pochi governi dei 27 usciti rafforzati da una tornata elettorale in cui i conservatori europei si sono dimostrati in crescita.
Vicepresidenza Ue per l’Italia?
Meloni chiede ai partner un maggior peso politico per l’Italia a Bruxelles. “Di nomi ancora non si è parlato“, assicurano nella maggioranza, ma il candidato naturale per un posto da commissario o vicepresidente sarebbe Raffale Fitto, il ministro che sta gestendo i fondi del PNRR. Spostare un ministro significherebbe, però, aprire al rimpasto di Governo. Un’ipotesi che Meloni ha escluso pubblicamente. Dunque né Fitto, né Giorgetti o Tajani potrebbero alla fine andare a Bruxelles. Il tam tam delle ultime settimane vede anche, per l’Italia, l’ipotesi sia dell’ex premier e segretario dem, Enrico Letta, che di Elisabetta Belloni. Ovvero della direttrice del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza, la coordinatrice del servizi segreti italiani.
Per le nomine chiave della nuova Ue si delinea un quadro di aspettative contrastanti. Da una parte, si osserva un supporto verso un secondo mandato di Ursula von der Leyen come presidente della Commissione. Il che porterebbe con sé la nomina di Antonio Costa, ex primo ministro socialista del Portogallo, a presidente del Consiglio Europeo. E di Kaja Kallas, attuale primo ministro dell’Estonia, a Alto rappresentante per la politica estera dell’Unione.
Cosa faranno Macron e Scholz
Dall’altra, emergono, come detto, le ambizioni di Giorgia Meloni, che mira a rafforzare l’influenza italiana nella Ue. A ciò si aggiungono le aspettative dei paesi dell’Est Europa, con la Polonia in testa, che aspirano a un maggiore riconoscimento del loro ruolo nell’Ue.
Ci sono poi variabili di non facile definizione. Il capo di Stato francese, Emmanuel Macron, e il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, sono impegnati a concludere rapidamente le trattative in corso. Ma non si può ignorare la possibilità che ostacoli imprevisti emergano, potenzialmente ritardando l’accordo fino a dopo il 30 giugno. In quella data, infatti, si svolgeranno le elezioni legislative in Francia, che Macron ha convocato a sorpresa la sera stessa della grave sconfitta elettorale del suo partito alle Europee del 9 giugno.
La “maggioranza Ursula“
Di sicuro il focus al momento è sul prossimo presidente della Commissione e la distribuzione degli incarichi all’interno del futuro esecutivo europeo. La cosiddetta maggioranza Ursula (dal nome della von der Leyen) si compone di popolari, socialisti e liberali. Nel nuovo Parlamento possono contare su 406 seggi contro i 361 necessari a dare luce verde alla nomina di von der Leyen. Ma i franchi tiratori ci saranno. Il margine di sicurezza è basso.
E quindi Macron e Scholz puntano ad allargare la coalizione per contare almeno su una parte dei 52 eurodeputati eletti nei gruppo dei Verdi. E forse anche sull’appoggio esterno della delegazione di Fratelli d’Italia. Che potrebbe arrivare in maniera più o meno esplicita se il nostro Paese avrà una vicepresidenza di peso all’interno della Commissione.