La Turchia apre ai BRICS: è il primo Paese NATO
Al vertice in Russia la sfida a Washington che non fa più paura
Mentre l’Occidente ha gli occhi puntati al summit del G7 in Puglia e alla conferenza in Svizzera sulla pace. Russia e Cina aggregano e allargano il proprio campo di influenza, per accelerare un nuovo orientamento globale. E lo fanno al vertice dei ministri degli Esteri dei BRICS a Niznij Novgorod, sulle rive del Volga. Dove per la prima volta tra i Paesi invitati c’è stato anche un Paese NATO: la Turchia.
Tenutosi qualche giorno fa, con il padrone di casa Sergej Lavrov e al suo fianco il cinese Wang Yi. Il vertice non ha che confermato l’irrefrenabile espansionismo che ormai attornia il progetto sino-russo. Dove per la prima volta hanno partecipato anche i cinque nuovi Paesi membri: Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Iran, Egitto ed Etiopia. Ma la grande novità, consisterebbe nell’apertura alla Turchia. Hakan Fidan infatti, ministro degli esteri turco, che si è recato prima del vertice a Pechino per un bilaterale con l’omologo Wang Yi. Durante la visita, a una domanda sull’ingresso nei BRICS+ aveva risposto: “Ci piacerebbe naturalmente, perché non dovremmo?”. Non era mai successo che un Paese NATO fosse presente.
La Turchia si avvicina ai BRICS: la cerchia di Washington sempre più stretta
Mentre al centro del mirino dei media occidentali, l’attenzione è tutta posta sulla conferenza di pace in Svizzera e al G7. Dall’altra parte del globo Russia e Cina non restano fermi a guardare. E se da una parte Washington lavora dietro le quinte per tagliare fuori Pechino e Mosca dal commercio globale, imponendo dazi e sanzioni, obbligando poi anche il Vecchio continente a fare lo stesso. Dall’altra parte sono sempre più numerosi quei Paesi che non sono più rapiti dal fascino dello “zio Sam“. E cercano tavoli alternativi per raggiungere e tutelare i propri interessi. Tra questi ci sarebbe anche la Turchia. Paese NATO e da tempo in attesa di un segnale da parte di Bruxelles per entrare a far parte dell’UE, Ankara sta iniziando a prendere in considerazione un ruolo all’interno dei BRICS.
Il ministro degli esteri turco infatti, Hakan Fidan, ha recentemente partecipato al vertice BRICS+ a Nizhny Novgorod, in Russia. “Noi tutti, ovviamente, accogliamo con favore il crescente interesse per i BRICS da parte dei nostri vicini, compresi partner importanti come la Turchia“, ha affermato il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov. Ovviamente la mossa della Turchia non è definitiva, ma piuttosto strategica. Da tempo il presidente Erdogan, mantiene sapientemente una posizione ambivalente, tra Occidente e Oriente, tra Washington e Mosca, regalando al Paese in campo internazionale un peso politico rilevante.
I piani di Mosca e Pechino: creare nuovi sbocchi commerciali fra l’Asia e l’Europa
Appare chiaro che Ankara sta sfruttando al massimo la sua posizione geografica fra Asia ed Europa. E non vuole rimanere fuori dai tavoli decisionali che contano, soprattutto in un momento dove la distanza politica fra l’Occidente e il cosiddetto Sud globale sta aumentando vertiginosamente. Tuttavia che l’abbraccio con i BRICS possa veramente diventare una realtà non è scontato. Ma il fatto che un Paese NATO dimostri palesemente questo interesse, è un ennesima crepa del potere attrattivo di Washington al livello globale. Dove levando la stretta, ma potentissima, cerchia dei Paesi del G7, gli USA non possiedono più l’influenza di un tempo.
La Cina e la Russia stanno lavorando per uno spostamento del baricentro degli scambi commerciali dall’Atlantico verso l’Indopacifico. Che già sta producendo un rapido sviluppo delle infrastrutture necessarie e l’apertura di nuove rotte commerciali che colleghino l’Asia al continente europeo. E la Turchia in questo contesto gioca ovviamente un’importantissima partita. Gli USA non possono permettere che Ankara volti definitivamente pagina verso Pechino, ma questo avrà un prezzo via via sempre più alto. E il presidente Erdogan ha dato già prova di saper tirare bene la corda al momento giusto, per sfruttare le vicende internazionali a suo favore. Baratterà al momento giusto l’ingresso in UE in cambio del no a Pechino?