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PNRR, a che punto è l’Italia?

Siamo il primo Paese Ue ad aver chiesto il pagamento della sesta rata. Ma il problema è la messa a terra degli investimenti, e fra 2 anni il Recovery scade

A 3 anni dalla sua approvazione, per il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) lo Stato italiano continua a ricevere le tranche di pagamento da Bruxelles, in base al Recovery Fund (il piano Next Generation EU dei 27). Il 24 giugno si è svolta a Palazzo Chigi la cabina di regia del Governo Meloni, presente la premier, per fare il punto sulla situazione. Meloni ha annunciato che l’esecutivo presenterà formalmente alla Commissione europea la richiesta di pagamento della sesta rata, pari a 8,5 miliardi di euro. Risorse che si aggiungeranno a quelle della quinta rata, attualmente in fase di verifica e rendicontazione finale.

La cabina di regiasegue il positivo confronto tecnico con la Commissione europea che si è protratto per tutta la scorsa settimana” ha dichiarato la presidente del Consiglio. Ciò “conferma l’eccellente lavoro portato avanti dal Governo, in sinergica collaborazione con le istituzioni preposte e con i soggetti attuatori, sull’attuazione del nuovo PNRR italiano, che ha liberato risorse strategiche per alimentare la crescita economica strutturale dell’Italia. Al primo posto in Europa per obiettivi raggiunti e avanzamento finanziario“.

PNRR progetti finanziati Italia
Foto Ansa

Il PNRR secondo Meloni

I dati di questi giorni sul Pil e sull’incremento dell’occupazioneche vedono il Mezzogiorno crescere di mezzo punto in più rispetto alla media nazionale – ha proseguito Meloni – rappresentano un ulteriore stimolo a intensificare la pianificazione di politiche virtuose. Finalizzate a colmare concretamente i divari territoriali di competitività e produttività della Nazione. Anche per la sesta rata come accaduto per la quinta l’Italia è il primo Paese a livello europeo a presentare la sesta richiesta di pagamento“.

Più di qualcuno, fuori da qui, aveva formulato pronostici negativi” ha poi rincarato la dose la premier, togliendosi i classici sassolini dalla scarpa. “E aveva scommesso che con questo Governo il PNRR sarebbe fallito, e che avremmo perso i soldi dell’Europa. Con il nostro lavoro di questi mesi abbiamo smentito quei pronostici. E abbiamo dimostrato che si sbagliavano e che abbiamo tutte le carte in regola centrare un obiettivo molto ambizioso: portare a compimento l’intero Piano. E utilizzare nel modo meglio le risorse europee“.

Meloni Fitto PNRR
Il ministro affari europei, Raffaele Fitto con la premier Giorgia Meloni. Foto Ansa/Massimo Percossi

Il problema della “messa a terra

Sul tema del PNRR è intervenuto anche il ministro per gli Affari Ue Raffaele Fitto. Il Governo, ha precisato, potrà adesso “avviare la procedura per il pagamento della sesta rata e attivare, già nei prossimi giorni, l’attività di verifica e rendicontazione dei 69 traguardi e obiettivi della settima rata, pari a 18,2 miliardi di euro“.

I dati sul “consistente incremento degli investimenti in opere pubbliche, che al Sud hanno registrato un tasso di crescita superiore al +50% nel corso del 2023” ha detto ancora Fitto, confermano che “siamo pienamente entrati nella Fase 2 del PNRR“. Ovvero “quella della concreta messa a terra degli investimenti per dare forma all’Italia di domani“.

Ed è proprio qui che i nodi del PNRR rischiano di venire tutti al pettine. Ovvero sul fronte della realizzazione concreta, operativa, degli obiettivi per cui la Commissione europea sta continuando a erogare i finanziamenti all’Italia (così come a tutti gli altri Stati della Ue). Perché sotto questo profilo entra in gioco la lentezza della burocrazia nazionale, a fronte della necessità di una rapida esecuzione delle procedure. Anche perché, ha ricordato lo scorso aprile il Commissario Gentiloni, il PNRR ha una scadenza fissa e inderogabile: il 2026.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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